Essere matrigna significa anche interrogarsi su un tema importante, emerso altre volte nella rubrica: la legittimità del rapporto d’affetto con i figli dei compagni
La protagonista della rubrica di oggi è una tipa tosta, e anche la storia che l’accompagna lo è. Gloria ha trentaquattro anni, lavora come impresaria teatrale e da quattro anni convive con Filippo, il suo compagno, e Leo, suo figlio. Gloria è a tutti gli effetti la nostra prima matrigna.
In che senso, dite? È la prima delle nostre storie che incarna per davvero la figura letteraria della “sostituta” della mamma. La madre di Leo è morta qualche anno fa, infatti, e la sua mancanza è venuta a coincidere proprio con gli inizi della convivenza. Gloria e Filippo non ci hanno pensato un minuto, Leo doveva vivere con loro.
La storia di Gloria
Leo è cresciuto in India fino alla morte della madre. Quando è arrivato in Italia aveva tre anni e mezzo ed era ferito, quasi selvatico: non parlava, a volte per esprimere il suo disagio mordeva, e picchiava il gatto, la notte aveva gli incubi, urlava.
Tra la morte della mamma di Leo e il trasferimento nella casa di Gloria e Filippo sono passati otto mesi: in quel periodo di tempo Filippo è tornato in India due volte, si è occupato delle questioni burocratiche, dei documenti, mentre Gloria preparava la stanza che sarebbe diventata di Leo.
“Stavamo facendo un salto nel vuoto, senza neanche pensarci. Io e Filippo non ci siamo nemmeno chiesti se avremmo dovuto farlo: lo abbiamo fatto e basta. Un atto di fiducia”.
L’attesa è stata pesante, piena di agitazione: Gloria era molto spaventata, i dubbi si accumulavano, mentre sistemava la camera che sarebbe stata del bambino. “Avevo paura che Leo mi odiasse, che desse la colpa a me di tutto quello che gli era successo”.
Gloria è figlia di genitori divorziati e non è mai andata d’accordo con il compagno di sua madre. Temeva succedesse la stessa cosa anche a loro. “A un certo punto ho dovuto accettare che eravamo persone diverse, Leo e io. Non doveva per forza succedere quello che era capitato a me”.
Un ruolo in famiglia
Quando Leo è arrivato, però, non ha confermato nessuna delle paure di Gloria. Non è mai stato oppositivo, le ha sempre riconosciuto un ruolo in quella nuova famiglia che stavano costruendo.
“Io e Leo ci siamo voluti bene fin da subito. Mi ha conquistata immediatamente. Quando cresci un bambino fin dai tre anni è difficile non amarlo”.
Non è scontato, in realtà, che un sentimento così profondo nasca di colpo — non è scontato nemmeno che nasca — ma Gloria si è sentita da subito responsabile del piccolo. “Quando ho deciso di stare con Filippo, sapevo del pacchetto e me lo sono preso”. Non era solo una questione di responsabilità del pacchetto, certo. Tra Gloria e Leo è scattato subito qualcosa, un rapporto privilegiato.
Gloria è molto presente nella vita di Leo. Lo va a prendere a scuola, prepara da mangiare per lui, passano insieme i pomeriggi, e le sere se Filippo non c’è. Ci sono tanti momenti che il padre e Leo condividono, certo, ma il sabato mattina no, il sabato mattina è solo di Gloria e Leo.
Ora il bambino è più tranquillo, si è ambientato, si sente stabile, ha tanti amici, tante attività. “Forse troppe”.
“Siamo sempre stati molto aperti a spiegare le cose a Leo. Come mai la sua mamma non c’era più, cosa ci facevamo qui. Lui mi chiama Gloria, e mi riconosce un ruolo materno. Almeno all’inizio, era indispensabile per lui spiegare tutta la storia a tutti. Chi ero io, dov’era sua mamma. Ora è diverso. Per lui c’è una grande differenza tra mamma e madre. Io e suo padre siamo i suoi genitori, ma la mamma, per lui, è ancora solo quella che ti mette al mondo”.
La legittimità di un rapporto d’affetto
Può succedere che, anche se si conosce bene il pacchetto, anche se ci si è preparati mentalmente a quali potrebbero essere gli inghippi e le difficoltà, gestire tutto quanto possa essere più complicato di quello che ci si aspettava.
“A volte vado in crisi, metto tutto in dubbio. Non è mio figlio naturale, e non lo può essere. È tutto così poco definito”.
Il rapporto tra loro è sempre così genuino che l’indeterminatezza si è presentata sotto forma di scelte legali e burocratiche. Gloria non è la sua mamma e non può prendere alcune decisioni senza che sia presente Filippo. Per adottare Leo, Gloria dovrebbe sposarsi, ma è davvero questo che vuole? Tutte le volte che si fa domande sul futuro, ritorna sempre sullo stesso punto: e se succedesse qualcosa a Filippo, dove finirebbe Leo? Lei potrebbe continuare a vederlo? E se succedesse qualcosa a lei? E se loro due si separassero, cosa ne sarebbe del rapporto tra Gloria e Leo?
Anche in questa storia è presente un tema importante, emerso altre volte nella rubrica: la legittimità del rapporto d’affetto con i figli dei compagni.
Quanto possono sentirsi legittimate dal proprio ruolo, le nostre protagoniste matrigne, se nessuno glielo riconosce pienamente?
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