Matrigna #3. Qual è la giusta distanza?

da | 22 Dic, 2022 | Lifestyle, Persone

Una nuova storia per la rubrica “Matrigna”: per riconoscere il proprio ruolo e non confonderlo con altri –  l’altra mamma, la migliore amica, la compagna del papà – quanto è importante mantenere una giusta distanza?

La storia di questo mese della nostra rubrica “La Matrigna” è quella di una donna per cui le parole, i suoni, – i pieni e i vuoti – hanno una certa importanza. Silvia lavora nell’editoria assieme al suo compagno Francesco, e convive con le sue due figlie.

“Sono anni ormai che mi interrogo – e so di non essere sola – sul non essere madre ma avere una famiglia con bambinə. E sul fatto che non esista una parola diversa da ‘matrigna’ per definirmi. E su quello che significa, per me, per loro, per chi mi sta intorno. E tantissime altre domande che mi pongo, e cui credo che la risposta possa venire solo da una riflessione comune”.

Questo è un post che Silvia ha scritto qualche tempo fa, rilanciando alla sua community un tema che sta molto a cuore in questa rubrica. 

Chi è Silvia? Che ruolo ha all’interno della sua famiglia? Come si dovrebbe definire quando si confronta con gli altri? E con se stessa? 

E per riconoscere il proprio ruolo e non confonderlo con altri –  l’altra mamma, la migliore amica, la compagna del papà – quanto è importante mantenere una giusta distanza?

La storia di Silvia

Sono ormai quattro anni che Silvia convive con Francesco e con le sue figlie, di 8 e 16 anni. Per lei incontrarle e conviverci ha aperto un ventaglio di possibilità e nuove esperienza, l’occasione di ragionare su nuovi temi che la coinvolgono direttamente e soprattutto ha innescato dentro di lei una riflessione profonda sui nomi da dare alle cose.

Silvia prova ad affrontare queste sfide con equilibrio, tentando di dare il giusto peso a ciò che succede e cercando la giusta distanza, con sé stessa, con Francesco, con le ragazze, con il lavoro. Non sempre lo trova.

“Ogni derivazione di madre, matrigna, stepmother, belle-mère (ho scoperto, in francese) ha in sé la questione della maternità, come se non esistesse un modo che non sia quello per parlare di famiglie in senso esteso…”.

Come se, per voler prendersi cura di qualcuno, per tenerlo vicino e viverci assieme, bisognasse essere legati da un vincolo di sangue o, al massimo, lavorativo.

Non ci sono ricette per trovare la giusta distanza. Non solo non c’è un modo singolo che funzioni con tutti e tutte, ma va anche dosata a seconda dei momenti, degli anni, delle maree, dei mesi scolastici, della legislatura corrente, dell’allineamento dei pianeti. 

Nel caso di Silvia e Francesco la distanza è stata, nei primi tempi, anche fisica, geografica. “Vivevamo in un’altra città rispetto alla madre e alle ragazze, ed era complicato gestire una frequentazione serena facendo avanti e indietro per 300 chilometri ogni settimana. Non è stata l’unica ragione per cui abbiamo deciso di trasferirci, ma senz’altro è stata determinante.”

Un rapporto alla giusta distanza

Caratterialmente Silvia è una persona calda, coinvolgente, e ha scoperto di non potersi comportare nello stesso modo con entrambe le ragazze, che hanno età molto diverse. Con la più grande, che ora ha sedici anni, il rapporto si è evoluto da un’iniziale fiducia tra adulta e adolescente in qualcos’altro, eppure è quasi impossibile trovare un nome. “Ancora una volta mi trovo a non avere la definizione adatta – in una famiglia tradizionale sono vicina alla zia giovane, alla cugina più grande, però con elementi di autorevolezza più vicini a una sfera di cura, ehm, materna”.

Silvia e la ragazza hanno molte cose in comune, l’amore per i libri, sopra ogni cosa. “Rivedo la mia adolescenza in lei – la pigrizia, la distrazione: è una cosa che mi manda fuori di testa vedere tutto il disordine che può produrre, ma che riconosco, perché era anche il mio”. 

Ci è voluto un po’ di tempo con la più piccola, che ora ha otto anni ma al tempo dei primi incontri ne aveva cinque, prima che il contatto fisico tra loro diventasse naturale, prima che fosse semplice abbracciarsi. Silvia non voleva invadere i suoi spazi. Non era freddezza, ma cautela. A poco a poco, questa cautela si è sciolta. Anche qui, qual era la giusta distanza? “Anche se con la madre delle bimbe non abbiamo un rapporto, il tentativo è stato quello di dimostrare alla bambina che non c’era nessun tentativo di sostituzione”. 

Silvia non voleva sostituirsi alla madre, era solo la loro, ehm, la loro…(matrigna? Si pronuncia sempre con difficoltà)

“Un amico mi ha raccontato che usa Quamma o Quiglio (Quasi Mamma, Quasi Figlio), però sono definizioni che continuano a non convincermi”.

È una definizione suggestiva, sicuramente dolce, ma ancora non perfettamente centrata: ha sempre a che fare con un legame biologico, generativo, archetipico.

Ora fra Silvia e la bambina c’è un rapporto profondo, che non si può non definire “famigliare”, e che ormai esiste a prescindere dalla relazione col padre. Tanto che, a una festa di compleanno recente, un’amica della bambina le ha chiesto se fosse sua figlia e, alla risposta “Quasi!” nessuna delle due ha battuto ciglio.

Hai anche tu una storia da raccontare? Scrivi a: silvia.cannarsa@gmail.com

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