L’aborto spontaneo nelle prime settimane di gravidanza è piuttosto frequente, ma non per questo si può sminuire il dolore che si prova per quello che è un lutto a tutti gli effetti.
L’aborto spontaneo colpisce molte donne, soprattutto nelle prime settimane di gravidanza e con più frequenza nelle donne con più di 40 anni di età. Si parla di una donna su cinque, per circa 70mila casi di aborti spontanei l’anno. Fisicamente non ci sono ripercussioni importanti e l’aborto non esclude la possibilità di una nuova gravidanza, ma le conseguenze psicologiche di questo lutto sono spesso sminuite e non riconosciute.
La ridicolizzazione dell’aborto spontaneo
Considerato da molti un non-lutto, o per lo meno un evento trascurabile visti i tempi precoci dell’interruzione della gravidanza, l’aborto spontaneo non sempre viene seguito con la giusta cura. Anzi, è banalizzato, sia in ambito ospedaliero che tra gli affetti. Molte donne hanno denunciato il completo abbandono dopo la diagnosi di un aborto spontaneo, senza alcun tipo di sostegno. “Cose che succedono; è fisiologico”, dicono e non bisogna esagerare, perché “non c’è motivo di soffrire”. Eppure, a quanto dicono le donne che un aborto lo hanno vissuto, si soffre eccome.
Gli studi lo dimostrano: l’aborto spontaneo è un trauma
Diverse ricerche, soprattutto americane e inglesi, hanno messo in luce la vera natura dell’aborto spontaneo, come realmente percepito da chi lo vive. Secondo recenti studi l’interruzione precoce di gravidanza può provocare ansia, stress e depressione. L’American Journal of Obstetrics and Gynecology (AJOG) nel dicembre 2019 ha pubblicato i risultati di uno studio condotto su 537 donne colpite da aborto spontaneo, intervistate subito dopo la diagnosi e a nove mesi di distanza. Un terzo delle intervistate ha manifestato sintomi tipici del post-trauma, e il 20% di loro riconosceva gli stessi disagi anche a nove mesi dalla perdita. Il 25% delle donne ha sofferto di ansia, che nel 15% dei casi tornava ancora a nove mesi dall’aborto. Una donna su dieci a un mese dalla perdita ha dichiarato di essere depressa; a distanza di tempo le donne in depressione risultavano essere una su cinque. Insomma, i risultati sono chiari: l’aborto spontaneo è un trauma e si porta dietro, anche a distanza di tempo, i sintomi caratteristici di un evento traumatico.
Dopo un aborto serve sostegno
Gli autori della ricerca hanno concluso evidenziando l’importanza di un sostegno adeguato e immediato per le donne che hanno vissuto un aborto spontaneo. L’accento è stato messo anche sugli atteggiamenti e sulla comunicazione degli operatori sanitari, spesso insensibili e disumani, poco rispettosi di una donna che sta vivendo un lutto da elaborare e comprendere. Un bisogno che già era stato evidenziato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, che ha prodotto diversi documenti e inviti sul tema della perdita in gravidanza.
La community in Italia
L’Associazione CiaoLapo in Italia è la realtà di riferimento per chi ha vissuto un aborto. Si occupa di sensibilizzare sul tema e offrire sostegno e orientamento per le famiglie che hanno dovuto affrontare un lutto in gravidanza. Oltre a informare sull’aborto e accogliere le esperienze e emozioni vissute, l’associazione, che grazie a volontari professionisti o genitori copre gran parte del territorio nazionale, ha deciso di fare una fotografia italiana del fenomeno. Così, proprio in queste settimane ha lanciato l’invito a partecipare alla ricerca INSTANT. Si tratta del primo studio italiano che vuole fare il punto sulla modalità di assistenza che segue la diagnosi di aborto spontaneo, sugli aspetti psicologici e psicosociali legati all’evento. L’inchiesta si domanda inoltre cosa è utile o inutile per affrontare nel modo migliore possibile una perdita nel primo trimestre di gravidanza. CiaoLapo chiede alle donne che hanno affrontato uno o più aborti spontanei di rispondere in modo anonimo ad alcune domende sull’esperienza.