Ma che fine hanno fatto le scarpe correttive? Mi ricordo quando ero bambino: i miei genitori imponevano a me e mio fratello delle dolorosissime “scarpe con il plantare” che servivano per raddrizzare le gambe (a me perché avevo le ginocchia storte, a mio fratello perché aveva il piede piatto). Ma servivano a qualcosa? Fulvio
Qui occorre una riflessione sulla moda e sulla disinformazione, due cose che si trovano ovunque e, ovviamente anche in medicina.
Camminare è una tappa fondamentale nella vita e tutti i bambini prediligono farlo a piedi nudi: è più naturale, semplice e istruttivo, perché è solo a diretto contatto con la terra che il piede riceve e invia al cervello il massimo delle informazioni utili a guidare i movimenti. Per questo i bambini hanno bisogno di piedi nudi e le scarpe sono un ostacolo al processo di apprendimento. Con il tempo l’abilità aumenta, per cui camminare con le scarpe diventa più facile e anche più sensato, visto che si va incontro a terreni più accidentati e complessi. Cosa va cercato nelle scarpe per bambini? Comodità, leggerezza e flessibilità, soprattutto nella suola. Niente altro. Le scarpe provviste di strani dispositivi “educativi” o “correttivi”, come rialzi, spessori o plantari, andavano di moda negli anni ‘70 e si basavano sul principio che, intervenendo sull’appoggio, si sarebbe ottenuto un riequilibrio muscolare. A detta degli esperti, oggi, con queste tecniche l’unico risultato ottenibile è una scarpa più rigida e scomoda, che mortifica globalmente l’azione dei muscoli del piede e spesso è perfino dannosa.