I bambini sono mostri di domande, e domandano per crescere: diamo la giusta attenzione al loro fondamentale bisogno di sapere
“Vi fu un tempo in cui facevi domande perché cercavi risposte, ed eri felice quando le ottenevi. Torna bambino: chiedi ancora”. C. S. Lewis
Curiosi per natura, spesso insistenti e impazienti, desiderosi di risposte precise, i bambini non fanno altro che il loro mestiere: domandare per crescere.
Li si potrebbe definire “maestri di domande” perché riescono a formularne serie infinite e senza alcuna considerazione per il momento, il luogo e la persona a cui si rivolgono. Con il tempo, piano piano, perdono questo potere. O meglio, il dialogo si fa meno diretto, ma rimane sempre mirato a soddisfare il loro fondamentale bisogno di sapere. Perché siamo tutti curiosi, per fortuna, e nessuno si sottrae al desiderio di conoscere. Il valore del genitore è immenso in questo tratto di crescita perché può tracciare una strada che apre il figlio alla scoperta.
Le tappe dei perché
Non servono manuali di psicologia per capire quando i nostri figli entrano nella “fase dei perché”: è come se avessero una carica energetica molto alta, ci avviluppano nelle loro domande, a volte sono sfinenti. Ma prestare loro attenzione è importante perché, quando chiedono, i bambini portano con sé un forte bisogno di essere ascoltati, tanto che a volte le risposte sono meno importanti del modo in cui vengono veicolate. Uno sguardo attento e qualche minuto davvero dedicato interamente a loro è la riposta che meritano.
Le domande portano ossigeno al cervello come il cibo porta nutrimento al corpo che cresce. Cosa ci chiedono in fondo? Di essere riconosciuti, di essere valorizzati e presi in considerazione dal mondo adulto. È una fase che richiede cura, perché possano diventare esploratori dell’universo in cui vivono con la giusta dose di fiducia.
Dallo sguardo alle parole
Come esplorano il mondo i bambini? All’inizio con lo sguardo: i neonati spostano gli occhi sulle persone amate e sugli oggetti. Usano spesso espressioni intense e si fanno capire, pur senza parole.
Appena sono in grado di afferrare, la conoscenza passa attraverso la bocca e le mani: scoprono gli oggetti che li circondano succhiandoli, soppesandoli, stringendoli, lasciandoli cadere. Tutti questi gesti sono modi di esplorazione non verbali che contengono lo stesso punto interrogativo sul mondo di noi adulti.
Crescendo le domande si trasformano in parole. Come? Quando? Perché? E infine si arriva alle prime domande espresse con frasi complete.
Se ci appaiono ingenue è perché non hanno ancora maturato una convinzione solida per orientarsi nel mondo. Possono essere domande strampalate, e non stupiamoci, un bambino ha bisogno di ridere!
A volte le domande sono ai limiti dell’imbarazzo, perché non sanno ancora dove stanno i confini.
Il gioco delle domande
Attraverso le domande i bambini si trasformano in investigatori, osservano, esplorano: la famiglia è l’ambiente sicuro in cui conoscere il mondo. Se nel rispondere li aiutiamo a formulare ipotesi che contengono punti di vista divergenti, stimoliamo la loro capacità di riflessione.
Le domande sono anche strumenti preziosi per imparare a mettersi nei panni degli altri, a non dare nulla per scontato.
A volte noi genitori non siamo in grado di dare le risposte: in questo caso non improvvisiamo, non è la velocità che conta, ma l’attenzione che ci mettiamo.
Sospendiamo la domanda, cerchiamo la risposta insieme o chiediamo chiarimenti ad altri: questo atteggiamento insegna ai bambini che condividiamo tutti un cammino di ricerca. Essere adulti non comporta per forza la conoscenza di ogni risposta.
STRILLO Se non siamo in grado di dare le risposte, non improvvisiamo. Non è la velocità che conta, ma l’attenzione che ci mettiamo
Le domande poetiche
Il dialogo con i bambini è un esercizio prezioso che ci dà la consapevolezza che conoscere non significa sapere tutto, quanto piuttosto essere capaci di fermarsi e riflettere.
Certo i bambini possono fare domande a raffica, senza tregua. A volte sembrano metterci alla prova come in un quiz. Sta a noi dimostrare la nostra autorevolezza: non si perde di credibilità se ci si prende tempo. Il peccato vero sta nel dare risposte frettolose o compiaciute a domande magari poetiche, come “Ma perché le nuvole sono bianche?”.
In questi frangenti, come adulti dobbiamo tornare a esercitare una capacità, quella di sapere restare nell’attesa, spesso messa da parte, nella nostra quotidianità, per metterci al passo con i ritmi veloci del mondo in cui viviamo.
Una volta consapevoli di dover fare un lavoro di “rallentamento”, ricordiamoci che la prima risposta la da’ il nostro viso, che contiene la maggior parte dei segnali ricettivi del corpo. I bambini sono ottimi osservatori e sanno cogliere tutte le nostre sfumature. Annuire comunicherà loro che siamo in contatto e ci stiamo sintonizzando sul canale della comunicazione efficace. Rilanciare poi la domanda attraverso frasi “ma secondo te perché è così?”, li aiuterà a formulare ipotesi e mettere in campo conoscenze già acquisite.
Ricordiamoci che, nel gioco della conoscenza, vale più il viaggio che la destinazione. E se ci lasciamo interrogare, possiamo costruire insieme saperi e capacità preziosi nel loro e nel nostro bagaglio di vita.
Sai giocare al gioco dei perché?
Cinque semplici regole per sviluppare la curiosità e trovare insieme le risposte
1. TEMPO
Spesso le domande dei bambini sono imprecise e per emergere hanno bisogno di essere aggiustate nella formulazione. Ripetiamo la domanda, usando parole per completarla, senza far sentire i bambini incapaci, ma stando al loro fianco come un vocabolario amico.
2. LIBERTÀ
Lasciamoli liberi di esprimere i loro perché. Non blocchiamo domande faticose o imbarazzanti, anche se prevedono un piccolo passaggio fuori dalla nostra comfort-zone.
3. INDAGINE
Proviamo a capire se il bambino ha già in sé qualche elemento per rispondere. Illuminare un po’ il cammino, senza accendere subito la luce: “giocare a scoprire la risposta” è un grande regalo.
4. NON GIUDICARE
I bambini che si sentono liberi e non giudicati quando fanno i loro tentativi per prove ed errori, sviluppano una migliore immagine di sé. Possono esserci domande a cui neanche noi sappiamo rispondere e condividere un dubbio non farà altro che nutrire in loro la consapevolezza che tutti siamo in un cammino di ricerca.
5. GRAZIE PER LA DOMANDA
A volte i bambini ci interrogano su grandi argomenti: la morte, l’esistenza, la paura, la bellezza. Prendiamoli come una occasione che ci riporta a riflettere sull’essenza del nostro essere al mondo.
Qualche consiglio di lettura
Per approfondire c’è “Il libro dei perché” di Gianni Rodari e l’imprescindibile testo di Anna O. Ferraris: “Le domande dei bambini” .