L’importanza di imparare da soli

da | 27 Ott, 2016 | Lifestyle

Quando eravamo piccoli noi, i genitori in genere non giocavano con i figli. Un genitore aveva altro da fare: mantenere, educare, accudire, sgridare, magari coccolare, ma certo non giocare. Il gioco era il territorio sovrano dei bambini: in casa, in cortile, ai giardinetti, per strada, nei campi e nei prati si giocava senza la sorveglianza degli adulti, inventando ruoli, regole, ambienti fantastici. Un tronco caduto poteva diventare zattera, altalena o asse d’equilibrio, un lettone pieno di gobbe dromedario o campo di battaglia, una pannocchia si trasformava in fata e ogni albero era una palestra dalle infinite sorprese. I giocattoli “strutturati” erano pochi e si costruivano con quel che c’era.

I conflitti erano continui, ma venivano risolti in autonomia: a nessuno veniva in mente di coinvolgere gli adulti, con le loro logiche autoritarie e sbrigative. E le regole si negoziavano insieme, perché tutti sapevano che il prepotente alla fine resta solo, e da soli non si gioca. Certo, graffi, lividi e sbucciature erano all’ordine del giorno, ma di solito nulla di più grave, se non altro perché i bambini, liberi di muoversi senza l’ansioso controllo degli adulti, erano molto più agili e abili dei bimbi di oggi. Quell’esperienza di libertà totale è stata importante per la nostra crescita. Imparavamo dall’esperienza, dalla convivenza con altri bambini di ogni età, dall’ambiente che ci circondava; ci mettevamo alla prova, sperimentavamo i nostri limiti e le nostre capacità, sviluppavamo autonomia, autostima, conoscenze e competenze, capacità di autoregolarci.

Poi, a poco a poco, i bambini hanno perduto quello spazio libero. Il tempo è stato occupato da attività decise, regolate e sorvegliate dagli adulti. I luoghi sono scomparsi, fagocitati dal cemento, dalle auto, da pericoli veri o immaginari. La curiosità e la voglia di esplorare sono state sostituite dalla paura o dalla repulsione. La capacità di osservare, farsi domande e cercare da soli le risposte è stata travolta dal ricorso continuo all’adulto, unica fonte di competenza, aiuto e sicurezza. L’immaginazione ha perso spazio e le storie sono inventate da altri, dalla tv o dai videogiochi. L’attività è diventata passività: da attori, i bambini sono diventati spettatori. La capacità di trovare accordi nei conflitti non c’è più: al suo posto c’è l’intervento di genitori e insegnanti, che stabiliscono regole, colpe e punizioni.

Tutto questo ha avuto conseguenze negative sulla crescita dei bambini e soprattutto sulle loro capacità di apprendimento. Nessuno penserebbe di insegnare a un bambino piccolo a camminare o a parlare: è un processo che avviene spontaneamente, motivato dal naturale e fortissimo bisogno di autonomia e di relazione. Eppure, troviamo normale che siano gli adulti a insegnare tutto il resto. Ignorando l’attitudine dei bambini di imparare dall’esperienza, dagli altri bambini e dall’ambiente e considerandoci sempre indispensabili, ci mettiamo al centro e forniamo a getto continuo regole, consigli, suggerimenti, divieti, aiuti e assistenza non richiesti. E poi ci domandiamo come mai i bambini di oggi siano così incapaci di ascoltare, di concentrarsi e prestare attenzione. Perché abbiano un’autostima così fragile e siano incapaci di mettersi alla prova, di fare “esami di realtà” e rendersi conto di quel che davvero conoscono e sanno fare da soli. Perché non sappiano accettare attese, sconfitte e frustrazioni. Perché non sappiano fare le cose più semplici, come annodarsi le scarpe o orientarsi in una passeggiata. Perché abbiano così poca fantasia e non sappiano prendersi cura dei loro innumerevoli giocattoli, vestiti, libri, videogiochi e oggetti vari. Perché non sappiano giocare insieme e litighino di continuo. Come mai si facciano sempre male e non siano in grado di saltare un fossato o arrampicarsi su un albero. Perché spesso non sappiano creare relazioni di vero rispetto e vera collaborazione con gli altri.

Maria Montessori diceva: “Aiutami a fare da solo”, sostenendo che ogni aiuto non richiesto è un ostacolo alla crescita. Convinti che il bravo genitore è quello onnipresente, mai come oggi siamo stati così poco montessoriani e così inconsapevoli della sua grande lezione. Quando ci convinceremo che l’autoapprendimento è fondamentale per lo sviluppo cognitivo, emotivo, relazionale dei bambini? Che il gioco sorvegliato e regolamentato dagli adulti non è mai realmente libero? Che il gioco non è semplice movimento fisico e non può essere sostituito da un corso di tennis o di judo, di teatro o di pittura? Restituiamo ai bambini il diritto al gioco libero, ma per davvero. Non ci vuole molto: una stanza solo per loro, dove i genitori non entrano mentre i bambini giocano; la possibilità di usare i cortili (ricordate che non si può vietare il gioco in cortile), strade chiuse al traffico, giardini e parchi dove possano scorrazzare con gli altri, magari responsabilizzando i più grandicelli. Resistiamo alla tentazione di intervenire quando litigano o quando ci sembra che non sappiano fare da soli. Guardiamo da un’altra parte, mettiamo le mani dietro la schiena. E proviamo a vivere con un po’ meno ansia e un po’ più di fiducia nel mondo. E nei bambini.

[Sandra Cangemi – Educatrice, Cooperativa sociale Praticare il futuro]

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