Sei figli, una separazione, una carriera consolidata tardi che le sta dando grandissime soddisfazioni: intervista con Roberta Villa
Giornalista scientifica, divulgatrice e madre di sei figli, Roberta Villa è conosciutissima su Instagram dove è @robivil: ha 201 mila follower alle quali (sono principalmente donne) racconta, con rigore scientifico ma amichevole, la medicina e la scienza. Le abbiamo chiesto della sua famiglia, del suo essere mamma, della fatica e della ricchezza di crescere sei fratelli e sorelle, della sua separazione, del “semplificatore”, dell’importanza della noia per i bambini, e di come tutto questo le sia servito nella sua vita professionale. Ma non chiamatela super mamma…
Anni complicati
Partiamo dall’inizio: come è nata la tua famiglia? “Ho conosciuto il mio futuro marito, Davide, all’università, eravamo entrambi iscritti a medicina. Ci siamo sposati perché, pur essendo ancora studenti, volevamo vivere insieme, farci una famiglia, e ritenevamo che questo obiettivo fosse prioritario anche rispetto al finire il nostro percorso di studi. Dopo la nascita del primo figlio Carlo Andrea, abbiamo iniziato a frequentare un cammino di fede neocatecumenale. È arrivata da lì, e molto forte, la spinta a essere aperti alla vita, ad accogliere tutti i figli che Dio ti vuole mandare, anche se noi l’abbiamo vissuta con un certo combattimento interiore.
Mi sono laureata mentre aspettavo il terzo figlio. Nel frattempo ho anche iniziato a scrivere articoli presso la redazione di Tempo Medico, la più antica rivista dedicata ai medici. E facendo quel lavoro mi sono in poco tempo resa conto che scrivere di scienza era un’attività molto più affine a quello che desideravo fare. Ma sono stati anni faticosi, complicati. Noi sentivamo di dover aderire a un certo percorso ma non eravamo così pienamente abbandonati a questo desiderio di lasciare che le cose avvenissero come dovevano accadere.
Inizialmente mio marito ha lasciato l’università perché non voleva pesare sulle spalle dei genitori, poi è tornato a studiare perché ha capito che voleva fare il medico a tutti i costi. Io oggi ritengo che la cosa più bella che il cammino neocatecumenale mi abbia dato sono proprio i figli. Sono molto contenta di come sono andate le cose però non è stato semplice, credevamo in quel cammino ma contemporaneamente ci confrontavamo con la realtà, con le difficoltà economiche e pratiche, con la mancanza di sonno, con il dover studiare”.
Ritmi quotidiani affannati
Proseguire negli studi e nel contempo gestire una casa e i figli è in effetti un’impresa faticosa e complicata: come avete fatto, i vostri genitori vi hanno aiutato? “Nella gestione quotidiana non tanto perché i miei abitavano in Brianza, quelli di mio marito a Brescia e noi studiavamo a Milano. La scusa che abbiamo usato per sposarci è stata ‘tanto ci dovete mantenere lo stesso, almeno ci mantenete in una casa sola’”. Quindi dei bambini ti occupavi principalmente tu? “Sì, soprattutto dopo che mio marito è tornato a fare medicina, perché aveva dei turni molto impegnativi”. Non deve essere stato facile. “Chiara, l’ultima figlia, è arrivata un po’ dopo.
Ma i primi cinque sono nati tutti a distanza ravvicinata. Ricordo che impresa epica era la mattina quando dovevo prepararli tutti e cinque, caricare in macchina sia il passeggino che la carrozzina, sistemare gli altri sui seggiolini. Portavo Carlo Andrea e Benedetta alle elementari, Nicolò alla materna, Francesco al nido e il più piccolo, Giovanni, in ufficio con me. A un certo punto, anche a causa di alcuni problemi di salute di uno, questo ritmo è diventato insostenibile e ho lasciato il lavoro”. L’ultima figlia è nata più tardi… “Nel 2003, mio marito mi ha proposto: ‘Perché non ne facciamo un altro?’. Io ero molto combattuta perché il nostro matrimonio era in difficoltà e vivevo tutte le fatiche di averne già cinque. Poi però mi sono convinta e alla fine è nata Chiara”.
La separazione
Nel gennaio 2009 il marito di Roberta se ne va via di casa e lei rimane a gestire la quotidianità con i sei figli: il più grande frequentava l’ultimo anno di liceo e la piccola aveva quattro anni. “Inizialmente questa separazione l’ho rifiutata con tutta me stessa e ho cercato in ogni modo di evitarla, sentivo che lui stava prendendo una decisione per tutti e due e avevamo iniziato un percorso che non era tanto facile portare avanti da sola. Sono stati anni molto difficili in cui per fortuna i miei figli grandi mi hanno aiutata molto.
Quando mi sono rimessa in piedi, loro avevano aiutato così tanto me e io ero stata talmente male, che si è creata una relazione molto diversa” tra di noi. In che senso? “Loro mi chiamano ‘bro’ non ‘mamma’, e sì, sono io che passo la carta di credito per fare la spesa, ma a casa nostra c’è una relazione alla pari, un po’ come se fosse una casa in cui convivono degli studenti. Alla fine è venuta meno la struttura di famiglia tradizionale da tutti i punti di vista, sia in termini di relazione sia di abitudini di vita”.
L’importanza del “semplificatore”
Quali strategie hai attuato per riuscire a star dietro a tutti sei i figli? “Uno dei sensi di colpa che ho, anche se loro mi dicono che sbaglio a pensarlo, è il fatto che non li ho seguiti tanto con la scuola. D’altro canto sono tutte e tutti molto autonomi e se la sanno cavare in ogni situazione. Secondo me oggi c’è questa mentalità diffusa delle ‘super mamme’, che crea un’attenzione esasperata su bambini: non vengono lasciati liberi di sperimentare neanche un minuto di noia, un momento per giocare da soli.
Questo secondo me è un limite per le nuove generazioni. Ho vissuto come una liberazione quando, arrivato il terzo figlio, ho capito che, come diceva mia mamma, bisognava inserire il ‘semplificatore’. Con i primi due mi ero stressata per cercare di fare tutto al meglio, con il terzo ho capito che tante cose che io consideravo assolutamente irrinunciabili non lo erano affatto, che un po’ di elasticità era necessaria. Come mamma mi sento in colpa per tante mancanze, ma ho sempre privilegiato la possibilità di parlare, ho sempre cercato di ascoltare. Dovendo attivare il ‘semplificatore’ ho preferito salvaguardare il rapporto con loro”.
E cosa fanno adesso i tuoi figli? “Uno in questo momento è a Maiorca per lavoro ma non è ben sicuro se rimarrà là. Uno ha comprato casa. La seconda è a casa, il quarto fa medicina a Sassari ma poi torna ogni tanto, gli altri due sono a casa”.
La mamma di tutti
Non vuoi forse essere chiamata super mamma, ma dei super poteri li hai… “Io so quanto poco ho dato a ciascuno dei miei figli rispetto a quello che dà un genitore di un figlio unico. Spero che la ricchezza di avere fratelli e sorelle in parte compensi.
Gli anni pesanti e difficili sono passati, il risultato è per me fonte di grandissima gioia. Oggi quella mia ribellione alla separazione, quel mio rifiuto, quel mio rancore nei confronti di mio marito è superata, e mi rendo conto che alla fine lui è stato anche coraggioso, eravamo tutti infelici”.
Quanto credi che questa esperienza di mamma sia stata d’aiuto nella creazione del tuo percorso professionale? “Secondo me tantissimo. Le difficoltà e le abilità che si mettono in campo nella maternità sono organizzative e di relazione, e si ritrovano poi nel mondo del lavoro. Inoltre, nel mio modo di comunicare la scienza mi è stata utile la capacità di ascolto rispettoso sviluppata con i figli. Da quando sono su Instagram molti mi hanno scritto ‘sei come la mamma di tutti’ e io in qualche modo contraccambio questa sensazione: quando parlo su Instagram, quando scrivo, immagino – anche perché le mie follower sono prevalentemente donne tra i 20 e i 40 anni – di avere 100 mila delle mie figlie. Penso che tutto quello che mi è accaduto mi sia servito per maturare e per diventare quella che sono, se mi fossi dedicata subito alla carriera sarei molto diversa”.
Di Sabrina Roglio