Il 35% di madri e padri hanno ammesso grandi difficoltà a conciliare lavoro e famiglia, ma solo le donne lasciano il lavoro per badare ai figli. Un divario emerso dai dati Istat
I dati Istat 2018 mostrano una difficoltà nella conciliazione di lavoro e vita personale per le 63 mila famiglie italiane. Stiamo parlando di circa 80 mila persone di età compresa tra i 18 e i 64 anni, che vivono in 1.264 comuni. Praticamente, tutti noi. Con la nascita di un figlio le donne finiscono per “rimetterci”. Almeno a livello lavorativo.
Madri disoccupate per badare alla famiglia
L’11,1% delle donne con almeno un figlio non ha mai lavorato e ha scelto di dedicarsi, fin da principio, al lavoro di cura (quello che una volta si diceva “fare la casalinga”). In Europa la media è decisamente inferiore: solo il 3,7% di donne sceglie (o comunque decide) di stare a casa.
Nel Mezzogiorno la tendenza si fa più netta. Una donna su cinque – se ha almeno un figlio – dichiara di non aver mai lavorato per dedicarsi seguire la famiglia. Al Sud è alta anche la percentuale di donne disoccupate per motivi diversi dalla maternità: il 12,1% rispetto al 6,3% della media italiana (e al 4,2% della media europea).
Secondo i dati Istat il tasso occupazionale delle mamme che lavorano è del 57%, contro il 72% delle donne senza figli. Se i bambini sono in età prescolare, i tassi di occupazione femminili sono ancora più bassi: 53% per le donne con figli di 0-2 anni e 55,7% per quelle con figli di 3-5 anni.
Diverse le quote maschili: il tasso di occupazione dei padri dai 25 ai 54 anni è dell’89,3%. In pratica, lavora sempre e solo papà.
I primi mesi a carico delle madri
Anche a livello di congedi il divario è alto. Nonostante gli sforzi per sensibilizzare i neopapà e le iniziative a sostegno della genitorialità condivisa (anche i padri possono godere dei permessi di allattamento e dei congedi parentali), l’interruzione lavorativa nel post-nascita riguarda quasi esclusivamente le donne.
Nel 2018, quasi la metà delle madri di età compresa fra i 18 e i 64 anni è stata a casa dal lavoro per almeno un mese continuativo dopo la maternità obbligatoria.
La conciliazione è difficile
“La conciliazione dei tempi di lavoro con quelli di vita familiare – si legge nel report – risulta difficoltosa per più di un terzo degli occupati con responsabilità di cura nei confronti di figli”.
Già. Il 35% di genitori di bambini che hanno meno di 15 anni ha dichiarato che c’è almeno un aspetto nel loro lavoro che rende difficile conciliare la vita familiare e quella professionale.
Risulta più complicato quando i figli sono più di uno (36,8% dei genitori) o in età prescolare (37,8%). Le maggiori difficoltà sono dei lavoratori autonomi (39,4%), di chi svolge professioni qualificate (39%), degli addetti al commercio e servizi (39,2%). Meno problemi hanno i genitori occupati in professioni impiegatizie o non qualificate (25%).
Gli orari di lavoro e l’età dei figli
La quantità di ore passate al lavoro e la poca flessibilità sono i problemi principali. L’orario full-time è indicato come l’ostacolo maggiore da più di un quarto dei genitori che lamentano almeno un problema di conciliazione.
Il 43,2% di chi si trova in difficoltà svolge un lavoro indipendente. I problemi sono meno sentiti da chi è dipendente (20,3%). Le difficoltà di conciliazione si fanno più evidenti in presenza di bambini molto piccoli, tra 0 e 5 anni. Idem per chi deve prendersi contemporaneamente cura di figli con meno di 15 anni o di familiari non autosufficienti.
Sono le madri che cambiano lavoro
Anche se il problema della conciliazione pare essere un problema per padri e madri, alla fine è quasi sempre la donna che cambia il suo modo di vivere. E spesso ci rimette.
Sono soprattutto le donne ad aver modificato qualche aspetto della propria attività lavorativa per meglio combinare il lavoro con le esigenze di cura dei figli. Il 38,3% delle madri occupate (oltre un milione) ha dichiarato di aver apportato un cambiamento. Solo l’11,9% dei padri, circa mezzo milione, ha fatto altrettanto.
Non tutte sono libere di cambiare
Le principali modifiche riguardano la riduzione o il cambiamento dell’orario di lavoro. Più di sei su dieci hanno ridotto l’orario e circa due su dieci lo hanno modificato ma senza ridurlo. Tra i padri il cambiamento più importante è la modifica dell’orario (38,3%), più che la sua riduzione (27,2%).
Ma non tutte le madri sono libere di scegliere. Il numero di donne che hanno modificato un aspetto lavorativo è superiore alla media tra le donne che svolgono una professione qualificata o impiegatizia (43% circa) mentre è leggermente più bassa tra le addette al commercio e servizi (36,8%).
Le madri operaie o occupate in professioni non qualificate possono scegliere di meno: solo il 25% di loro ha potuto modificare aspetti del proprio lavoro per ragioni familiari.