Quanti tra noi hanno una figura che gli ha cambiato la vita? E come ci appaiono gli idoli dell’infanzia da adulti?
Rivisitare da adulti i propri idoli dell’infanzia provoca, almeno in me, una sensazione strana, un misto di imbarazzo e nostalgia, un profondo rispetto e un po’ di gratitudine. I miei non mi permettevano di appendere poster, altrimenti ci avrei messo i Backstreet Boys, gli 883 e Roberto Baggio.
Tra gli idoli minori c’era un ragazzo inglese, alto, grosso, pelato e nero. Si chiama Ian Wright ed era l’attaccante della squadra di cui mi innamorai, l’Arsenal, che mi fece gioire e piangere per due decenni della mia gioventù.
Ian era velocissimo in campo. Ha segnato un numero esorbitante di goal, ma di lui mi piacevano soprattutto i modi passionali e il sorriso da bambino che nascondeva – o forse rivelava – un cuore molto tenero. A 28 anni Ian era il giocatore più quotato d’Inghilterra. Eppure era stato rifiutato da tutti i club professionisti fino a 21 anni.
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Ian era cresciuto in una famiglia molto povera, immigrata dalla Giamaica. Aveva visto suo padre tre volte in cinque anni e raccontava di come suo fratello maggiore gli coprisse le orecchie perché non sentisse il patrigno che maltrattava la madre. A scuola andava male. Passava più tempo espulso dalla classe che seduto al banco (ne so qualcosa anch’io).
Sappiamo tutti cosa promette la vita a un ragazzo povero, immigrato, di colore e distratto a scuola. Però Ian ha incontrato Mr Pigden, alla Turnham Primary School.
Sydney Pidgen gli insegnò a calciare il pallone. Vide, in quel “bullo distratto” qualcosa di speciale, quella cosa speciale che ogni bambino porta dentro di sé.
“Non so perché mi abbia scelto – ricorda Ian -. Ma l’ha fatto. Mi ha dato delle responsabilità, mi ha fatto raccogliere i registri della classe. Non mi lasciava giocare a calcio se non ascoltavo la lezione o mi comportavo male in classe. Mi ha fatto sentire utile a qualcosa. Era l’uomo più grande del mondo”.
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Quanti tra noi hanno una figura che gli ha cambiato la vita? Facilmente questa figura l’hanno incontrata a scuola. Un o una insegnante che ha visto qualcosa dentro di noi. Che ha creduto in noi quando tutti dubitavano. Qualcuno che ci ha dato un’occasione. Magari più di una.
Ho incontrato per caso il mio insegnante di inglese e ho avuto una reazione incredibilmente simile a quella che ho visto anni dopo in un video in cui Ian ha incontrato il suo maestro. Un abbraccio e un pianto da bambino.
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Ian oggi è un presentatore molto amato. Per tanti ragazzi è un esempio di un professionista onesto e hard-working. Ha dedicato la sua autobiografia a Mr Pigden, che “ha cambiato il senso della mia vita”.
Mr Pigden ha risposto. Ha scritto che si è sentito più fiero di vedere Ian indossare la maglia della nazionale che di trasvolare Buckingham Palace per annunciare la fine – e la vittoria – della Seconda Guerra Mondiale.
Oggi che comincia la scuola, cosa auguro a mio figlio e agli altri studenti? Compagni simpatici e amici sinceri. Materie interessanti e bei voti. Un cortile soleggiato. Ma più di tutto, auguro loro di incontrare Mr Pigden.