Il cambiamento del sistema alimentare passa anche attraverso le mense scolastiche. Numeri, riflessioni e progetti virtuosi
La qualità della mensa è stato uno dei temi trattati a Terra Madre Salone del Gusto di Torino. Si, perché il cambiamento del sistema alimentare passa anche attraverso le mense scolastiche; anzi, forse proprio da lì parte. Sono più di due milioni gli studenti che, ogni giorno, pranzano nelle mense scolastiche italiane: sono bambine e bambini iscritti alle scuole dell’infanzia e primarie, ma anche ragazze e ragazzi che frequentano le scuole secondarie inferiori. “Parliamo di 380 milioni all’anno di pasti, erogati nelle scuole dalle ditte che vincono le gare indette dalle amministrazioni locali”, fa i conti Claudia Paltrinieri, presidente di Foodinsider che ogni anno pubblica il rating sulle mense scolastiche.
Consapevolmente, già a scuola
Abituare i più giovani – si legge sul comunicato- all’importanza di consumare alimenti locali e di stagione, poco trasformati, privilegiando le proteine di origine vegetale invece di quelle animali, significa infatti creare le condizioni affinché, crescendo, sviluppino una consapevolezza alimentare che li porti a scegliere e consumare in maniera sempre più sostenibile. “Le politiche che riguardano la ristorazione collettiva e le mense scolastiche possono impattare positivamente il sistema alimentare complessivo” ha dichiarato la presidente di Slow Food Italia, Barbara Nappini.
Un servizio importante, ma non è solo sfamare
“Quando, nei primi mesi del 2020, le scuole hanno chiuso a causa del lockdown, nel giro di poche settimane tante famiglie che seguiamo hanno cominciato ad avere problemi a mettere insieme due pasti al giorno”, ha spiegato Fosca Nomis, responsabile advocacy e policy di Save the Children Italia. “È stata la dimostrazione di quanto la mensa scolastica sia un servizio importante per molte famiglie, un vero strumento di contrasto alla povertà”. Assicurare un pasto, però, non è sufficiente. Per fare la differenza, per contrastare la crisi climatica attraverso l’alimentazione, serve una modifica radicale di ciò che consumiamo. Serve qualità e cultura del cibo, ci va educazione.
Gli esempi virtuosi
Un esempio virtuoso arriva dalla Piana fiorentina, in Toscana, dove la società Qualità e Servizi rifornisce le mense di sei comuni, per un totale di 8.000 pasti al giorno in 70 scuole, valorizzando le materie prime locali e stagionali, riducendo la proposta di alimenti di origine animale e proponendo a bambine e bambini piatti a base di legumi. Un’esperienza simile arriva dalla Repubblica Ceca, dove ogni giorno 1,8 milioni di studenti (l’80% del totale) consumano il pranzo nelle 8.856 mense scolastiche diffuse sul territorio nazionale. Un progetto locale ha previsto la formazione dei cuochi che lavorano nelle scuole e la sensibilizzazione con degustazioni ad alunne e alunni, per avvicinarli a sapori ai quali non sono abituati.
Meno carne
Alla tavola rotonda è intervenuta anche Paola Segurini, della Lega antivivisezione (Lav) Onlus, che ha ricordato le conseguenze ambientali dell’eccessivo consumo di carne. “Come Lav abbiamo proposto alle amministrazioni comunali di cinque città italiane, Bologna, Milano, Napoli, Roma e Torino, di ridurre del 20% nei prossimi quattro anni la quantità di carne proposta nelle mense delle loro città, che oggi complessivamente sfiora quota 1 milione e 500 mila chilogrammi ogni anno, e di istituire un giorno in cui il menù della mensa scolastica sia totalmente basato su prodotti vegetali”. Me è delle amministrazioni locali la responsabilità di cosa mangiano i nostri figli, a loro spetta il lavoro più grande e ormai, finalmente, le aspettative dei genitori sono altissime.