Non c’era verso: mia figlia non mangiava nulla. “Non morirà di fame” mi dicevano, ma per me era una guerra che esplodeva due volte al giorno
Non c’era verso: mia figlia non mangiava nulla. Dallo svezzamento in poi è stato un susseguirsi di tentativi, panico, nervosismi e preoccupazioni. E quella del cibo è diventata presto la mia ossessione. Le ho provate tutte e me ne hanno dette di tutti i colori. “Devi coinvolgere tua figlia nella preparazione dei pasti”. Fatto. “Crea piatti belli da vedere e divertenti”. Fatto. “Rendi il momento del cibo un gioco, lontano da cellulari e televisioni perché non va imbrogliata”. Fatto (anche se a qualche video ho ceduto perchè era facilissimo infilarle cose in bocca mentre guardava la Tv). “Allontanati qualche minuto prima dei pasti e fai una sorta di meditazione”. Fatto. “Concentra tutto quello che puoi in una polpetta o in una pasta molto ripiena”. Fatto, con l’aiuto di mia mamma.
Quando una bambina non mangia
Nulla, lei arrivava a tavola con le narici larghe e schizzinose e gli sbadigli da sonno improvviso e incontenibile. Non mangiava nulla. “Non morirà di fame”, mi dicevano pediatri, nutrizionisti, ostetriche e psicologi. Facile a dirsi: per me quella era una guerra che esplodeva almeno due volte al giorno.
La tavola era diventata il nostro ring. Lei sapeva che riusciva a mettermi al tappeto intorno al piatto e io ci cascavo come se non fossi stata quella adulta delle due.
Poi è arrivata la scuola, il fratello, la mia Partita Iva con un po’ di lavoro, il cane, la birra fatta in casa e pure il Kefir. Allora la mia attenzione verso il suo piatto è venuta meno, forse sollevata dal fatto che almeno a scuola aveva ricevuto nutrimento a sufficienza per sopravvivere.
E fu così che lei iniziò a mangiare.
Attenzione, non ad abbuffarsi, quello mai. Neanche ad esplodere di gioia all’idea di mettersi a tavola (e comunque mai, in quattro anni e mezzo, l’ho sentita pronunciare la frase “mamma, ho fame”). Mangia con una lentezza da mettere alla prova anche il migliore dei praticanti Zen. Ma, giuro: mangia.
E più mi disinteresso al suo piatto e più mangia.
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