Noi donne, grandi e piccole, siamo curiose. E quando qualcosa ci colpisce difficilmente ci facciamo distrarre da altro. Puntiamo e via, dritte all’obiettivo. Costi quel che costi, siamo pronte ad amare per sempre la nostra passione.
Lo facciamo per ogni cosa, perché mai non dovremmo farlo se ad attirare la nostra attenzione di bambine è qualcosa che può trasformarsi nel nostro lavoro?
Ci innamoriamo di ogni animaletto che ci capita a tiro? Diventeremo veterinarie.
Rimaniamo incantate davanti ai fiori, abbracciamo gli alberi e corriamo a perdifiato nella natura? Faremo sicuramente la parte delle leonesse nella salvaguardia dell’ambiente.
Voglio fare l’astronauta
Ben venga se tutto ciò capita, oggi, alle nostre figlie: il mondo scientifico è pieno di attrattiva per le bambine curiose. E che le astronavi siano rosa oppure no poco importa: l’importante è che siano, per l’appunto, astronavi. Lo racconta la neomamma dal sorriso dolcissimo e dalla straordinaria determinazione Samantha Cristoforetti, che fin da bambina si aggirava per il suo paesino ripetendo a tutti “Voglio fare l’astronauta”.
A Malè, dov’è nata, il cielo è limpido, per il poco inquinamento “Credo sia nata proprio così la prima grande fascinazione per le stelle, alimentata poi da una serie di letture di fantascienza. Ma il mio sogno non era fatto di parole. Fin dalle medie sapevo che, se volevo realizzarlo, dovevo studiare tanta Matematica, essere brava in Scienze. E lo facevo, con passione”.
E nelle interviste ama sfatare il mito della donna spaziale “Non sono affatto l’unica donna nello spazio. Ce ne sono già state altre, non c’è nulla da dimostrare. Alla Nasa l’ultima classe selezionata l’anno scorso era composta di 4 uomini e 4 donne. Io sono solo la prima partita dall’Italia».
In principio fu Sally Ride, prima donna americana ad essere lanciata nello Spazio a bordo dello Space Shuttle Challenger. Era il 1983: prima di lei avevano avuto questo onore soltanto due cosmonaute sovietiche, Valentina Tereškova e Svetlana Savickaja. Dopo la carriera come astronauta si dedicò alla divulgazione per bambini e all’incoraggiamento degli studi scientifici.
La sua storia è entrata nel doodle dell’8 marzo di Google. Lo ricordate? Una narrazione a cornice immediata e intimista, in cui una nonna racconta alla nipote la storia di 13 figure a cui ispirarsi: donne che hanno cambiato il mondo, che hanno rivoluzionato il corso della storia.
Storie di donne coraggiose e appassionate
Insieme a Sally Ride c’era Halet, prima donna musulmana a partecipare a un’Olimpiade e, soprattutto, una grande archeologa: scoprì insieme alla sua équipe la cittadella fortificata di Karatepe, dell’VIII secolo a.C., dove riportò alla luce una tavoletta dell’alfabeto fenicio che svelò il codice dei geroglifici ittiti. Da studentessa, nel 1936, aveva partecipato alle Olimpiadi di Berlino: era anche stata invitata a incontrare Adolf Hitler, ma si era rifiutata di farlo, per motivi politici.
Puntava in alto anche l’egiziana Lotfia El Nadi, prima donna aviatrice del suo Paese. Per ottenere la licenza di volo, negli anni ’30, lavorò come segretaria all’aeroporto appena fondato di Almaza, pagandosi le lezioni di pilotaggio da sola, mentre raccontava al padre di frequentare un gruppo di studio. Il primo volo fu insieme alla sua grande amica Amelia Earhart.
E nell’informatica? Una su tutte la storia di Ada Lovelace, figlia del famoso poeta inglese Lord Byron che alla letteratura preferì la matematica. Spiazzante: una bambina appassionata capace di diventare a inizio Ottocento ( a inizio Ot.to.cen.to!) la prima programmatrice al mondo in assoluto, battendo sul campo anche i colleghi maschi, ca va sans dire. Un secolo prima che i computer veri e propri vedessero la nascita, Ada si interessò a quanto di più simile a un pc fosse stato immaginato, la “macchina analitica” di Charles Babbage, immaginando un computer capace di andare oltre le pure formalità di calcolo, limitato e guidato soltanto dall’intelligenza dei suoi programmatori.
La sua storia è raccontata in “Numeri e poesia. Storia e storie di Ada Byron” di Editoriale Scienza: fa parte della splendida collana “Donne nella scienza”, biografie di grandi scienziate.
Sono storie di avventura, coraggio, passione. Come quella di Dian Fossey, donna incredibile e battagliera che ha incontrato la sua passione e l’ha portata avanti per tutta la vita, salvando i gorilla di montagna dall’estinzione (La mia vita tra i gorilla. Dian Fossey si racconta, Editoriale Scienza). O quella dell’oceanografa Sylvia Earle, leggenda vivente nell’esplorazione degli oceani ( La signora degli abissi. Sylvia Earle si racconta: 1 di Chiara Carminati, Editoriale Scienza): cresciuta in una fattoria del New Jersey degli anni ’30 risale dalla sua prima immersione, con un’ unica, granitica certezza, quello doveva essere il suo mestiere! Tra un’immersione e l’altra, si sposa e ha tre bambini. Fino ad arrivare alla straordinaria passeggiata sottomarina a 400 metri di profondità e alla no profit Mission blue con cui crea una rete di aree marine protette sparse in tutto il mondo, per salvaguardare la salute degli oceani.
Donne da NOBEL
E se ancora ci fosse qualche dubbio su come la pensano le ragazze chiarisce Martina “A scuola abbiamo studiato la scoperta del DNA. Ed è stato bellissimo ricostruire che la prima a scoprirne la struttura sia stata una scienziata inglese. Si arrivò al Nobel con una specie di mistery giallo che ci ha appassionato. Brava Rosalind Franklin e brave anche noi ragazze. Quest’estate io vado con la mia famiglia al Cern di Ginevra, con la visita guidata. E spero di incontrare Fabiola Gianotti, a capo di quello che è il più grande laboratorio al mondo di fisica delle particelle : la notizia ha fatto il giro del mondo, ma io non mi stupisco. E’ appassionata, è determinata, è donna. Proprio come me. Ma smettete di chiamarci principesse ribelli. Semplicemente vogliamo seguire le nostre passioni. Senza fermarci mai”.