Avere figli mentre si sta lavorando (o super-lavorando) da casa significa che, talvolta, i bambini interrompono il flusso di lavoro
Nel 2017 il professor Robert Kelly divenne “il papà” di Internet dopo che i figli irruppero in un collegamento in diretta con la BBC. Esperto di affari esteri, Kelly era stato invitato a commentare uno scandalo presidenziale in Corea del Sud. A un certo punto, la porta alle sue spalle si aprì ed entrarono in scena moglie e figli, in quello che è diventato un meme esilarante nella storia di Internet.
Esilarante, fino a quando la sua situazione non è diventata realtà per i milioni di mamme e papà che lavorano da casa durante la crisi COVID-19. Oggi, un bambino che interrompe una videoconferenza non è più una novità. Abbiamo tutti capito che le scuse imbarazzate del professor Kelly non erano necessarie né dovute.
Statisticamente, i genitori lavorano troppo
In Italia come in buona parte del mondo i genitori lavorano troppo, hanno meno vacanze di quelle concesse ai figli, non trascorrono abbastanza tempo con i bambini e spesso sono costretti a ricorrere ad aiuti domestici, oppure ai nonni o alle baby sitter.
Tutto questo extra-lavoro era, semplicemente, sommerso. Nascosto agli occhi del mondo. Prima del COVID19, casa era casa, il lavoro era il lavoro. Oggi la quarantena ha rimescolato le carte e diventa evidente a tutti che i figli esistono anche mentre si sta lavorando. E che, talvolta, i figli interrompono il flusso di lavoro.
Vogliamo conciliazione e tutele
Ugualmente si scopre che molte persone, dal proprio capo al fornitore, hanno bambini come noi. Il velo si è sollevato, il vaso si è aperto. La realtà è finalmente riconosciuta e riconoscibile.
Quando la crisi sarà finita, la consapevolezza che ne deriva acquisterà importanza se ne trarremo un insegnamento. Sapremo chiedere che le aziende investano concretamente nella conciliazione casa-lavoro? Sapremo imporre ai governanti che le famiglie siano sostenute con politiche attive?
Non scusarti
Da questa quarantena usciamo con una certezza: non siamo soli. I genitori che partecipano alle videoconferenze hanno scoperto che non bisogna sentirsi in imbarazzo a dichiarare che si ha un lavoro e una vita privata. E che entrambi sono piuttosto complicati.
La prima azione per modificare lo status quo è mettere al bando i “mi dispiace” quando alle nostre spalle scoppia d’improvviso un po’ di vita familiare. Invece di far tacere i bambini o arrabbiarsi con loro se accendono la Tv proprio mentre il capo chiama, fermiamoci, presentiamoli al capo, facciamogli fare ciao ciao con la manina.
Alla prossima chiamata con Skype, Zoom o Whatsapp, manteniamo la posizione. Non c’è nulla di poco professionale nell’avere figli e prendersi cura di loro.
L’ufficio a casa non significa solo ufficio. Significa casa.