Papà per scelta: due figli e una battaglia per i diritti

da | 6 Dic, 2020 | Lifestyle, Persone, Pillar

Carlo e Christian sono due papà: hanno due figli nati negli Stati Uniti con un programma di Surrogacy. La loro storia è anche una battaglia per i (tanti) diritti non riconosciuti

Carlo è siciliano, Christian milanese; entrambi in carriera, si sono conosciuti a Milano e hanno capito subito di avere un sogno in comune: diventare genitori. “Quando io e Christian ci siamo conosciuti – racconta Carlo – uno dei primi discorsi seri che abbiamo fatto è stato proprio questo. Diventare papà era un desiderio comune, ma per noi non semplice da raggiungere”. 

Christian si era informato sulle diverse possibilità di diventare genitore. Si partiva dall’adozione, che in Italia non è consentita alle coppie non sposate, e si arrivava fino alla gestazione maternità surrogata, la GPA o gestazione per altri, da fare obbligatoriamente all’estero. 

“Ci siamo chiesti a lungo da dove nascesse questo desiderio così forte. Per quanto mi riguarda, credo che la mia esperienza di figlio sia stata talmente bella che il mio sogno più grande era poter regalare questa gioia a qualcun altro. Christian invece ha alle spalle una storia un po’ diversa, quella di un padre assente: per lui diventare genitore era una sorta di riscatto”. 

Un volo per gli USA

In Italia la GPA – gestazione per altri o “utero in affitto” – ha una connotazione negativa e persino dispregiativa. Numerose sentenze della Corte di Cassazione la hanno ripetutamente vietata, lasciando buchi legislativi e nessuna tutela legale. In Europa alcuni paesi la consentono, come l’Ucraina, ma offrono accesso solo alle coppie eterosessuali.

“Così siamo volati negli Stati Uniti per capire meglio il funzionamento. Abbiamo scoperto che il 98% di donne che si iscrivono al programma di Surrogacy vengono scartate – spiega Carlo -. Per accedere al programma bisogna possedere diversi requisiti. Le donne devono intraprendere questo percorso in maniera libera e volontaria; è necessario godere di ottima salute, non essere sotto la soglia di povertà, essere coniugate e aver avuto almeno un figlio”. 

La coppia, o l’assicurazione sanitaria, si occupa di coprire le spese mediche, le spese del parto e delle eventuali giornate lavorative perse. Anche gli aspiranti genitori devono godere di buona salute, sostenere incontri psicologici per dimostrare la propria idoneità e seguire incontri di preparazione alla genitorialità.

“Ciò che ho apprezzato di più è il fatto che sia la donna a scegliere la famiglia con la quale intraprendere questo percorso. Non è come un mercato in cui i futuri genitori scelgono; è stata lei a scegliere noi. Alcune donne, per esempio, preferiscono scartare le coppie omosessuali”. 

Anche le coppie eterosessuali in situazioni di grave sterilità possono ricorrere alla maternità surrogata. Nel caso di coppie di uomini, i gameti femminili arrivano da una donatrice esterna e non appartengono alla donna che accoglie gli ovociti nel proprio utero. 

“Anche la donatrice, al contrario di quello che accade in Europa nella fecondazione eterologa, non è anonima. Abbiamo avuto modo di parlare e confrontarci con lei. Sappiamo chi è e credo che sia un vantaggio per i nostri figli, che in futuro potranno completare il loro puzzle ereditario ed entrare in contatto con la persona con la quale condividono metà del patrimonio genetico”.

famiglia omogenitoriale

Due papà e una belly-mummy

Con due settimane in anticipo, il 23 aprile 2018, Julian e Sebastian sono atterrati tra le braccia di papà Carlo e papà Christian. “Non posso descrivere cosa abbiamo provato la prima volta che li abbiamo visti: chi ci conosce sa cosa ha significato per noi, li abbiamo desiderati così tanto”. 

Sin dall’inizio, i due papà si sono sentiti parte della famiglia di Krista, la belly-mummy che ha deciso di portare in grembo e di dare alla luce i gemellini. “Dopo aver trascorso con lei il primo periodo della gravidanza, siamo rimasti in contatto continuo e siamo poi tornati negli USA un mese e mezzo prima della data prevista. La famiglia di Krista è molto numerosa e ci hanno accolto con grandissimo calore: è come se ne facessimo parte da sempre, è la nostra famiglia allargata. I bambini hanno così anche una nonna in più e persino una bisnonna!”. 

Negli Usa la GPA è slegata da ogni discorso politico e religioso, tant’è che la famiglia di Krista è profondamente cattolica. “Per questa famiglia credente, la bellezza di dare alla luce una nuova vita per due genitori che desiderano prendersi cura di un figlio viene prima di tutto. Ricordo le parole pronunciate dalla nonna di Krista prima di entrare in sala parto: Dio ha un disegno per tutti: il vostro è quello di diventare genitori, quello di Krista è di aiutarvi a farlo, e il nostro è di pregare affinché tutto si realizzi al meglio. Quel sostegno e quella fede mi hanno profondamente colpito”. 

famiglie omogenitoriali

Un paese che nega diritti

Dopo la nascita dei bambini, Carlo e Christian sono rimasti in California per tre mesi: Krista aveva deciso di tirare il proprio latte per nutrire i bimbi, un dono importantissimo per la loro salute. “Quando siamo tornati in Italia siamo rimasti in contatto con lei quasi quotidianamente, attraverso foto o videochiamate. Siamo tornati a trovarla e a incontrare la sua famiglia lo scorso Capodanno, per trascorrere qualche giorno tutti insieme. È stato davvero molto bello”.

I primi tempi della vita di ogni coppia con figli, tantopiù due gemelli, si sa che non sono tutti rosa e fiori. “Notti insonni, tante cose da imparare, una nuova routine da interiorizzare. Trascorrere i primi mesi lontano dal nostro paese è stata una buona decisione, abbiamo avuto il tempo per conoscerci meglio e stare insieme con più tranquillità. Emozione e stanchezza assorbivano tutte le energie e non avevamo le forze per affrontare ciò che avremmo trovato al nostro ritorno in Italia: un sacco di ostacoli burocratici. Ricordo che mentre eravamo lì, l’allora ministro della famiglia Lorenzo Fontana, dichiarò che le famiglie omogenitoriali non esistono. Ci siamo resi conto di quello che ci aspettava”. Perché una volta tornati, i bambini dovevano essere registrati e acquisire la cittadinanza italiana.

In Italia regna la superiorità biologica

Chi usufruisce della surrogazione di maternità nei Paesi che lo permettono, al ritorno in Italia si trova ad affrontare alcuni problemi difficili. La legge italiana consente il riconoscimento automatico dei genitori biologici, ma non esiste una norma che garantisca il riconoscimento del legame familiare tra il figlio e il genitore d’intenzione. Nel 2019 la Corte di Cassazione ha negato a una coppia di uomini la possibilità di trascrivere entrambi i genitori come padri di figli nati all’estero.

“Un avvocato ci ha consigliato di risolvere eventuali problemi relativi al riconoscimento legando biologicamente la paternità di Julian a Christian e quella di Sebastian a me. Tuttavia volevamo che venissero registrati come fratelli e come figli di entrambi, perché così è. La nostra famiglia non è nata per essere divisa in due. Ma il nostro paese preferisce che un bambino abbia un solo genitore anziché due, ovviamente solo se i genitori sono due omosessuali”. 

In Italia regna ancora il concetto di superiorità biologica, mentre negli USA si dà più importanza alla responsabilità genitoriale. “È un approccio diverso: il ruolo del genitore inizia quando il bambino viene al mondo, non è per forza legato alla gestazione. Gravidanza e parto non sono sinonimo di maternità e paternità: quello che conta è chi davvero  si prende cura del bambino. Si parla di procreazione naturale: a noi è venuto così spontaneo diventare genitori e mettere in secondo piano le nostre carriere professionali”.

famiglia omogenitoriale

Congedo di maternità? Non cedibile

Poiché la registrazione dei figli di una coppia omosessuale non è regolata dalle leggi, l’atto diventa una scelta del sindaco. “Non essendo possibile dove vivevamo, abbiamo dovuto cambiare città e siamo approdati in Romagna, dove abbiamo trovato una casa in campagna, non lontano dall’azienda di Christian. Un luogo ideale per vivere, con il mare vicino e servizi ottimi per bambini e famiglie. Il sindaco della nostra nuova città ha accolto le nostre richieste perché, al di là delle sue idee o dell’appartenenza politica, ha capito che i nostri figli devono godere degli stessi diritti degli altri bambini: avere due genitori, una nazionalità, andare a scuola, avere un pediatra e fare le vaccinazioni”.

Ma gli ostacoli non erano ancora finiti. “Il primo anno ho chiesto l’aspettativa non retribuita perché l’Italia è uno dei pochi paesi in Europa in cui non è possibile scegliere quale dei due genitori usufruisce del congedo di maternità obbligatorio. Inoltre non possiamo richiedere la carta d’identità digitale: nei sistemi compare solo la dicitura ‘madre e padre’ e non genitore e genitore come dovrebbe essere. In Emilia Romagna tanti servizi richiedono le carte digitalizzate e questo sta diventando un problema”.

Una famiglia come le altre

La vita con due gemelli di due anni e mezzo è molto piena. “Occuparsi di loro è bellissimo ma molto faticoso. Litigano un sacco, ma osserviamo i vantaggi dell’essere coetanei: quando uno non c’è, l’altro sente la mancanza e quando si rivedono si abbracciano. Sono felici e stanno bene, per loro avere due papà è la normalità e lo è anche per i loro amichetti. Come tutte le coppie, cerchiamo di dividere equamente i compiti, quando possibile. Io mi occupo di più della socialità, cioè della scuola (sono rappresentante di classe), delle visite mediche e delle questioni fuori casa. Christian si occupa della gestione domestica, cucina e cura il loro guardaroba. Cerchiamo di dividere anche il carico mentale – ovvero tutte le cose che devi ricordare – anche se capita di incolparci a vicenda nei momenti di stanchezza, come accade in tutte le famiglie”.

L’Italia è pronta? 

Anche Papa Francesco ha aperto alle unioni civili e ha scritto una lettera, diventata famosa, a due papà che chiedevano di essere accolti nella comunità cristiana. Sembra dunque che l’Italia sia finalmente pronta ad accettare la famiglie omogenitoriali. O no?

“Per quanto riguarda la politica e la Chiesa, l’importante è che se ne inizi a parlare e si smetta di vedere le famiglie come la nostra come un male contemporaneo. Personalmente non chiediamo di essere accettati (semplicemente perché, come famiglia, esistiamo): chiediamo di essere riconosciuti e di godere degli stessi diritti degli altri. Tralasciando gli hater sui social, le persone che incontriamo ci fanno tante domande e sono sinceramente interessate a conoscere il nostro modello genitoriale, con positività. Credo che le persone, in Italia, siano più pronte di quello che pensano i politici. Guardare le cose da vicino, frequentare persone diverse da noi e capirne il punto di vista permette di vedere tutto da una prospettiva diversa”.

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