La “nuova scuola” ai tempi del Covid si appresta a vivere la seconda parte dell’anno. Educatori e genitori di nidi e scuole dell’infanzia fanno un bilancio di questi primi, difficili mesi. La ricetta per far funzionare le cose? Fiducia e comunicazione dietro la mascherina
Tra mascherine ed entrate scaglionate la scuola dei più piccoli resiste. Non sottoposti a misure di chiusura (se non in alcune Regioni), nidi e scuole dell’infanzia hanno provato in questi mesi a reinventare spazi e didattica. Una sfida non da poco, in tempi di pandemia e a fronte delle criticità strutturali proprie della scuola italiana.
Ma un modello che sta funzionando c’è, emerge dai racconti di insegnanti e genitori. È quello nel quale il canale di comunicazione tra scuola e famiglia è rimasto aperto nonostante la necessaria distanza fisica e dove, con un po’ di creatività, si sperimentano soluzioni innovative.
Il filo che non deve spezzarsi
“Tra nido e famiglia si deve creare un rapporto di fiducia: i genitori mettono nelle nostre mani il loro bene più grande. E come si fa a costruire tale rapporto senza comunicare? Abbiamo messo a punto un piano ad hoc, in conformità con le norme di sicurezza previste”, racconta Marika, educatrice di nido di Milano.
Tra orari di ingresso definiti al minuto e gran parte delle comunicazioni gestite attraverso un’apposita app, la nuova organizzazione ha dato finora prova di funzionare: “È stato un lavoro duro, fatto con tanto di calcolatrice alla mano per incastrare tutto. Però ne è valsa la pena: siamo riusciti a mantenere unito il filo che collega nido e famiglia”.
Merito anche dei genitori, “sempre molto responsabili. Anche di fronte a casi di positività al Covid, che pure ci sono stati – racconta l’educatrice – non si sono mai fatti prendere dal panico”.
Fiducia, prima di tutto
La chiave si conferma, infatti, la fiducia reciproca: “Abbiamo iniziato in punta di piedi, anche con un po’ di paura”, ammette Sara, educatrice in una struttura 0-6 anni di Roma.
“Ma sta andando tutto bene, i genitori sono molto comprensivi e collaborativi. Temevo fossero spaventati, com’era normale che fosse, e invece hanno grande fiducia in noi e, da parte loro, sono molto attenti nel comunicarci eventuali situazioni critiche”.
La tecnologia aiuta, ma può non bastare
Per la costruzione del rapporto scuola-famiglia parlarsi, soprattutto quando i bambini sono molto piccoli, è fondamentale. Tra app e video call, la tecnologia, in questo momento, dà una mano importante, ma può non bastare.
Come racconta Stefania, mamma di Bianca, al primo anno di nido. “Tutte le comunicazioni fondamentali avvengono tramite app, ma è tutto molto asettico. Dobbiamo rispettare tempi strettissimi di ingresso tra un bambino e l’altro, manca il contatto umano con le educatrici. Vedo Bianca serena e so che è in buone mani, ma – riconosce – la mancanza di comunicazione si sente tutta: come genitori ci sentiamo fuori dal mondo dell’asilo”.
“Inizialmente abbiamo patito molto la mancanza di comunicazione da parte della scuola unita al fatto che lo scorso anno fossero saltati tutti i progetti di raccordo tra materna e scuola elementare“, racconta anche Oriana, mamma di Irene, che sta frequentando la prima e che, come tutti i bambini al cambio di ciclo, si è ritrovata dopo molti mesi a confrontarsi con spazi, luoghi e regole completamente nuovi. “Paradossalmente – racconta – quando c’è stato il primo stop di due settimane per una quarantena preventiva di tutta la classa è stata proprio la Dad l’occasione, per noi genitori, per conoscere le maestre e la scuola”.
E i bambini?
“Non sapevamo come i bambini avrebbero reagito al rientro e all‘impatto con le mascherine. Invece, per la maggior parte, passata l’emozione iniziale, è stato come se ci fossimo lasciati il giorno prima. I bambini – spiega Antonella, maestra di una scuola dell’infanzia in Provincia di Milano – non vedevano l’ora di tornare a scuola e anche per noi, al netto delle norme da seguire, nulla è cambiato nel rapporto con loro: se c’è da consolare un bambino, lo prendiamo in braccio e lo coccoliamo. Con i piccoli, il distanziamento è impensabile”.
Quando questo non si riesce a fare, tutto è più complicato: “Personalmente – racconta Silvia, educatrice di sostegno in una primaria e in uno spazio ludico-ricreativo di Roma 3-11 anni – riscontro tante difficoltà ora che con i bambini bisogna dare più importanza a tutte le regole sanitarie, pur necessarie, che al resto. Dover ricordare continuamente ai bambini di non stare troppo vicini rende il clima pesante quando, invece, il contatto nelle relazioni, sia con gli adulti che tra coetaneii, è fondamentale.
Nonostante questo, i bambini sono bravissimi e riescono a stupire con risorse incredibili”. Le fatiche “non vanno minimizzate – conferma Giovanna Gorla, psicologa e psicoterepeuta, esperta di servizi della prima infanzia -, ma i racconti delle educatrici ci indicano che i bambini, nonostante tutto, riescono a essere sereni e a vivere ‘sufficientemente bene’ questo periodo, se le esigenze e le azioni educative restano il focus privilegiato; le pratiche sanitarie devono essere rispettate, ma non esauriscono le necessità dei più piccoli e di chi lavora con e per loro”.
Criticità
Certamente le criticità non mancano: “Per esempio, sono cambiate le relazioni all’interno del nido. Prima i bambini potevano relazionarsi con tutti i gruppi e con tutti gli educatori, erano momenti di grande valore educativo. Ora – racconta Marika – questo non è possibile, ci si saluta a distanza e ci si manda baci volanti, è una cosa che mette un po’ di tristezza. Inutile negarlo – aggiunge – il periodo è faticoso, ma ci si rimbocca le maniche e ognuno di noi fa del proprio meglio per il benessere dei bambini”.
Il distanziamento tiene lontani anche i genitori tra di loro, che faticano a conoscersi e scambiare quattro chiacchiere, come un tempo, fuori da scuola: “Una volta al mese la scuola ci manda via mail le foto delle attività che vengono svolte e un piccolo resoconto. Si fa quello che si può, certamente, ma a me – racconta Chiara, mamma di Marco, all’ultimo anno di materna – manca il confronto con gli altri genitori, proprio quest’anno che abbiamo dovuto scegliere la scuola elementare. Ci si sente da remoto, ma non è la stessa cosa”.
Un modello per il futuro?
Ma se, nonostante tutto, questa “nuova” scuola rappresentasse, sotto alcuni aspetti, un modello per il futuro?
“Gli ingressi ben scaglionati possono essere una tecnica efficace – ammette Marika -. In quei minuti riesci a dedicarti completamente al singolo bambino e non c’è confusione”.
Nello spazio ricreativo romano nel quale lavora, Silvia per quest’anno ha organizzato un laboratorio sulla natura: “Le lezioni all’aperto dovrebbero essere una grande risorsa sempre, quest’anno ancora di più. Ma nella scuola – osserva – noto una fatica nell’immaginare una didattica alternativa, capace di trovare strategie diverse da quella classica, con un uso differente di tempi e spazi”.
Proprio la pandemia, che tanto ci sta mettendo a dura prova, potrebbe allora diventare, anche per la scuola, “un’occasione per attivarci e trovare nuove risorse“, conferma la psicologa Gorla.
“Le esigenze di tipo sanitario, insieme a tanti vincoli, domande e perplessità, ci stanno presentando anche una grande possibilità: gruppi di riferimento stabili (le “bolle”), che implicano l’opportunità di offrire educatrici e gruppi costanti a bambini e famiglie, grazie alla continuità delle relazioni nel tempo, nonostante gli imprevisti dettati dai contagi. Al contrario, situazioni in cui le famiglie rimangono ‘sulla soglia’ dei servizi, ci parlano di grandi fatiche”.