Caterina e le domande sull’amore

da | 27 Gen, 2017 | Persone

Fuori dal monolocale è buio, e anche dentro. Fuori, le montagne innevate si appoggiano al cielo scuro e dentro, le luci sono spente da un po’. Sotto i piumoni del divano-letto il Grande e il Piccolo fanno ancora la lotta e sghignazzano. Caterina cerca una posizione comoda nella sua poltrona letto, troppo stretta e troppo vicina ai marmocchi. Ogni tanto sbircia il telefono per lo scambio degli ultimi cuoricini della giornata con l’Atleta, che stanotte non dorme con loro (le manca ma è un umano, maschio, in meno nella stanza). I figli ridacchiano ancora e Caterina prima li lascia fare, poi pronuncia gli ultimatum, dieci minuti e dormiamo, cinque, tre… e quando il tempo sta per scadere, arriva LA domanda.

Ma io piacerò mai a qualcuna? È la voce del Grande, ha un tono insolito per i suoi tredici anni scontrosi. È dolce, questa voce, è di un candore raro, lastra di ghiaccio non artificiale su cui pattinare lievi. È una voce che di giorno non emergerebbe, per vergogna e orgoglio, perché la domanda si presta a reciproche prese in giro tra fratelli o imbarazzo con la mamma. Ma qui, tra la complicità dello sciare insieme e il buio, fa capolino. Certo che sì, tesoro, è proprio l’età in cui succede… e a te piace qualcuna? Azzarda, Caterina, un passo sul ghiaccio. No, si affretta a dire lui. Ma allora, chiede il Piccolo con i suoi dieci anni di saggezza: perché cerchi l’amore se non ne provi? Anche la sua voce è senza malizia, pattina bene e Caterina mormora un “già” di ammirazione. Beh, ma non è che le mie compagne di classe siano delle dee. In che senso dee? Nel senso di belle. Forse l’importante è che siano dee per te, che ti trovi bene, che ci puoi scherzare, raccontare cose. Mamma, questa è la descrizione di un’amica.

Caterina sposta la prova d’amore su un piano empirico: per caso ti batte più forte il cuoricino quando vedi una tua “amica”? Mamma il mio cuore batte sempre uguale con tutti. Pausa. Poi torna a bomba: ma io come faccio a capire se piaccio a una ragazza? Caterina ripesca ricordi di ragazzina, il puffo avvolto nella carta a quadretti in quarta elementare, dono di Andrea, la telefonata di Giulio quella domenica di giugno alla fine della prima media, poi però dice: magari non te lo comunica direttamente, te lo fa capire. Tipo? Ti chiede i compiti, li chiede sempre a te, non nella chat di classe. Silenzio. Pensieri. Quindi se una mi chiede i compiti le piaccio? Può essere, non è così matematico però; il respiro del Piccolo si fa regolare, il sonno sta arrivando. Caterina e il Grande restano soli a chiacchierare: poi non è vero che non piaci a nessuna, pensa alla lettera anonima che hai ricevuto in quinta elementare. Era in terza, mamma. E poi anonima non vale (e poi, sbadiglia). Sì, ma con pudore e forse un po’ di paura, questa tipetta l’ha scritta e messa nello zaino del Grande, pensa Caterina. Sospesa sul sonno, come una luna nel cielo, resta un’ultima parola d’amore, forse la più importante, per iniziare a viverlo, a conoscerlo: coraggio.

[Marina Gellona]

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