I tre sul divano sono un groviglio di abbracci, commenti e tifo: i figli di Caterina e l’Atleta guardano la Champions mentre lei li osserva pensierosa, incantata. Ma è come se li vedesse al di là di un muro. Su quel muro, Caterina scorge una scritta che non mette a fuoco e che, forse proprio per questo, la inquieta. A terra, rigido, nero, c’è il bauletto della moto: pochi abiti sporchi, le scarpe da corsa, le lenti a contatto; l’Atleta, a sera, riparte.
Restano tante cose non fatte. Non sono andati al fiume a correre. Non hanno cucinato pasta allo scoglio. Non hanno sistemato il filo di ferro per il gelsomino, che ancora serpeggia selvaggio, languido e informe sul balcone. Hanno fatto altre mille cose belle e Caterina lo sa, le sente, le vede: l’arancione delle nespole mangiate insieme; il documentario sui tanti tipi di famiglie, visto domenica mattina, tra caffè e brioche; il kebab e le risate per strada, tutti e quattro insieme, spensierati. Ma ora la scritta sul muro, scomparsa per tre giorni, ritorna e spinge sulla realtà e sullo stomaco di Caterina. Scende in pancia, risale in gola, smorza il respiro. Caterina va alla finestra, in cerca di aria: là fuori il gelsomino si allunga verso le mille boccucce della salvia, ma scivola anche via, sul rosmarino e tende un braccio sinuoso a quella rosa solitaria, rossa, là in alto. Chissà quando la raggiungerà. Chissà se.
Ci sono molti intrecci inestricabili nelle loro vite perché un unico filo di ferro le possa organizzare. C’è la montagna che tiene l’Atleta allacciato allo sci d’inverno e ai cantieri il resto dell’anno. C’è il papà dei bimbi che vive lontano. C’è la scuola dei figli e il lavoro di Caterina, in città. C’è che se Caterina e i figli provassero a spostarsi in montagna dall’Atleta, la distanza dal padre aumenterebbe troppo. C’è che l’Atleta ha già cresciuto una figlia e, forse, non ha più voglia di avere intorno due preadolescenti ogni giorno (soprattutto della Juve). Vuole loro tanto bene, li porta in moto a scuola, compra gelati e giornalini, insegna strategie (discutibili) su come far impazzire le ragazze, li coccola, li ascolta. C’è. Ma, poi, la montagna, il lavoro, il vivere altrove, la vita già vissuta, lo portano via. Bauletto, chiavi, casco. Ciao. Torno, amore.
E sì, più a fondo, l’Atleta e Caterina hanno desideri diversi. Ne hanno parlato, lo sanno. Si amano, ma desiderano, oltre a un mucchio di cose in comune, anche altre profondamente diverse. Se lo sono detti. Si sono abbracciati. Caterina respira. La frase del muro si è spostata in cielo e, lassù, brilla, finalmente leggibile. E finisce per strappare un sorriso a Caterina, perché una delle volute verdi del gelsomino, alta verso le stelle, arrotola ora un punto di domanda finale (che sul muro in salotto non c’era) in fondo alla frase: non vivrò l’esperienza, che tanto desidero, di intrecciare più saldamente, nella vita di ogni giorno, nell’abitare insieme, la mia vita di mamma, la mia vita di compagna, la mia vita intera alla tua…?