Sulla porta di casa c’è una cartolina con una frase di Franco Basaglia: “Visto da vicino, nessuno è normale”. Le finestre sono aperte, la tv è accesa su un cartone animato che piace a Tommaso (una storia natalizia un po’ incongruente con il caldo estivo). Giziana mette in ordine, Donatella aspetta all’ingresso. In casa c’è la classica atmosfera che avvolge ogni bimbo piccolo: quell’odore particolare, quel mix di colori, giocattoli e vestitini. L’amore che alberga tra tutti loro è indiscutibile, assoluto, quasi palpabile. “Sono stanca di essere giudicata per le mie scelte – comincia a raccontare Giziana –. Siamo stanche delle discriminazioni. Tuttavia riteniamo che sia giusto affrontare il pregiudizio prima che lo debba fare Tommaso. Da quando è nato abbiamo scelto la strada della trasparenza: non teniamo nascosto di essere una coppia omosessuale e chiediamo il riconoscimento di alcuni diritti fondamentali, che sono negati a noi come a lui. Ci sentiamo una famiglia e ci sembra incredibile che qualcuno abbia da ridire sul fatto che noi esistiamo. Eppure a livello legale è proprio così: noi non esistiamo”.
Diritti negati
Giziana e Donatella sono le due mamme di Tommaso. Sono due donne che hanno scelto di vivere assieme e che, nel loro progetto di coppia, hanno voluto un figlio. “Tommaso è stato cercato e avuto all’interno della nostra storia, perché il fatto di amare una donna non può mettere a tacere tutto il resto, compreso il desiderio di maternità. Abbiamo impiegato anni a decidere che potevamo dare una risposta positiva a questo desiderio e non è stata una passeggiata, perché una coppia dello stesso sesso convive ogni giorno con il senso di colpa che viene trasmesso da chi pretende di insegnare agli altri chi bisogna amare e come. Già è sbagliato che esista una coppia omosessuale, figurati avere un figlio. Così viviamo ogni giorno dovendo dimostrare di essere sempre all’altezza. Non possiamo commettere errori, dobbiamo crescere figli perfetti. Peggio va alle famiglie composte da due padri, che socialmente sono ancora meno accettate; tuttavia, se l’assenza di riconoscimento sociale è difficile da sopportare, ben più grave è la mancanza di un riconoscimento giuridico”.
Il problema è che la legge italiana non riconosce le coppie dello stesso sesso e pertanto, almeno sulla carta, la famiglia composta da Giziana, Donatella e Tommaso, semplicemente non esiste. C’è Giziana, che è una ragazza madre, c’è Tommaso, che è un figlio non riconosciuto dal padre e c’è Donatella, che è single e non ha rapporti di parentela con il bambino che ha cresciuto fin dai primi istanti di vita.
La famiglia cambia
Non serve una grande capacità di osservazione per rendersi conto di quanto è cambiata la famiglia negli ultimi decenni. Accanto al nucleo tradizionale sono spuntate tipologie diverse, frutto di separazioni e seconde unioni, con figli che convivono a settimane alterne, con un solo genitore, famiglie affidatarie e bambini che crescono con i nonni. In questo panorama eterogeneo e ricomposto, emergono nuove figure genitoriali che chiedono di essere riconosciute. Come i terzi genitori, cioè i genitori non biologici che accolgono e crescono figli di altre coppie. Oppure come le coppie omosessuali, i cui figli possono essere stati concepiti all’interno della coppia, come nel caso di Giziana e Donatella, oppure possono essere nati in rapporti precedenti. “Stiamo insieme da quindici anni – racconta Donatella -. Ci siamo conosciute a Torino al Festival del Cinema Gay e ci siamo rincontrate, per caso, a una festa dell’Ulivo. Abbiamo cominciato a frequentarci e dieci anni fa abbiamo scelto di vivere insieme. Dopo sei anni di convivenza abbiamo sentito il desiderio di un figlio; lo volevamo, ma avevamo anche paura, perché ci spaventava l’idea che il bambino potesse essere vittima di pregiudizi in quanto figlio di una coppia omosessuale. Solo quando ci siamo rese conto che la nostra relazione era davvero solida, abbiamo fatto i primi tentativi. Ho provato io, sottoponendomi a cure ormonali e a un tentativo di fecondazione assistita a Madrid, dove la legge lo permette, ma non ha funzionato. Siamo tornate a casa, sconfortate e deluse, quando improvvisamente abbiamo trovato non uno, ma due amici disposti a offrirsi come donatori del seme”.
Volere è potere
Il secondo tentativo è stato di Giziana. “Sentivo che questo bambino era dentro di me, dovevo solo andarlo a prendere – racconta -. Provengo da una famiglia di donne straordinariamente fertili; mia madre mi ha avuta dopo i 40 anni, ultima di sette fratelli. È stato molto semplice: ho fatto i calcoli dell’ovulazione e il giorno predestinato abbiamo invitato a casa il nostro amico che ci ha donato il seme. Abbiamo provveduto da sole all’inseminazione, con una semplice siringa”. Può sembrare crudo raccontarlo, ma Giziana e Donatella sono le prime a togliere i veli e parlarne, consapevoli delle curiosità e delle chiacchiere che possono nascere intorno alla loro coppia. Fa parte di quell’attenzione pregiudiziale che circonda il mondo gay. Chi mai si permetterebbe di chiedere, o di farsi raccontare, come è stato concepito il figlio di una coppia etero? Tommaso è nato con un atto d’amore. “Conserviamo ancora il test di gravidanza – racconta Giziana -. C’è stato qualcosa di magico in quel che è successo: avevo compiuto quarant’anni e molte amiche cercavano un figlio senza riuscirci. Era persino imbarazzante raccontare la nostra fortuna. La gravidanza però è stata difficile, con nausee fortissime e una gestosi che mi ha obbligata al cesareo. Il ginecologo che mi seguiva era al corrente della nostra storia e non ha mai avuto problemi a relazionarsi con Donatella. Lo stesso è accaduto con tutto il personale dell’ospedale. Lei è stata la prima a prendere in braccio Tommaso e tutti l’hanno sempre trattata da genitore. Per questo pensiamo che la società sia pronta ad accettare la nostra nuova genitorialità. Molto più di quanto vogliano farci credere alcuni politici”.
Ruoli da costruire
“Il mio ruolo è stato un po’ da inventare – racconta Donatella –. Inizialmente ho patito il rapporto simbiotico tra Giziana e Tommaso, che in qualche modo mi tagliava fuori. Crescendo però lui ha imparato che ha due mamme e i nostri ruoli sono diventati interscambiabili. Al mondo ci racconta come Mamma Gizzi e Mamma Tenda e questa idea non incontra resistenze. Al nido, per esempio, siamo considerate i genitori di Tommaso e lo stesso accade in altri contesti, formali o informali, come dalla pediatra o ai giardinetti”.
Persone
“In generale – continua Donatella – chi vede in noi le persone e non il cliché, sente quanto è ingiusto negarci il diritto di formare una famiglia. Colpisce però quanto poco si sa sul riconoscimento dei diritti delle unioni omosessuali e quanto le leggi siano basate sull’ignoranza e sui pregiudizi”. Pregiudizi, cioè giudizi a priori, che affermano che due donne non possono crescere un bambino, oppure che l’assenza di una figura paterna rischia di provocare uno scompenso insanabile. “Un bambino ha diritto di essere cresciuto, amato, protetto e accompagnato nella vita – dice Giziana -. Ci hanno ripetuto fino all’esasperazione che la famiglia è composta da mamma e papà, ma lo stesso standard di normalità che viene imposto a noi non vale per le coppie eterosessuali. Ci sono tante persone che mettono al mondo figli e poi se ne disinteressano, li abbandonano o anche solo non sono in grado di dare amore. Di sicuro una famiglia omosessuale ha ponderato a lungo la possibilità di procreare, lo ha fatto affrontando mille difficoltà e, per la sua stessa esistenza, trasmette valori di comprensione e rispetto”.
Il futuro
“Da qualche anno più di cinquecento famiglie omosessuali si sono riunite in una associazione, le Famiglie Arcobaleno – dice Donatella -. Quando ci incontriamo, vedo i bambini delle altre coppie che crescono allegri, vivaci e sereni. Esistono numerosi studi che hanno messo a confronto i diversi contesti in cui possono crescere i bambini e che rispondono alle domande che la società, giustamente, deve porsi sul futuro delle nostre famiglie”. L’opinione comune dà per scontato che per crescere sia meglio una coppia di genitori di sesso diverso piuttosto che con una coppia omosessuale, ma numerose ricerche, condotte a partire dagli anni ’90, hanno mostrato che non ci sono prove scientifiche per confermare questa affermazione. Studiosi di genere e famiglia, come la psicologa britannica Susan Golombok, oppure come i sociologi statunitensi Timothy Biblarz e Judith Stacey, hanno preso in analisi madri e padri single, padri omosessuali e madri lesbiche e hanno dimostrato che il successo sociale e la crescita psicologica del bambino non dipende dal sesso dei genitori. Il tipo migliore di famiglia è quello in cui i genitori sono responsabili e impegnati. In media, è meglio se i genitori sono in due e se la coppia è stabile, ma un solo genitore “molto buono” è meglio di due mediocri.
E Giziana e Donatella, come vedono il loro futuro? “Saremmo pronte ad avere un altro figlio – risponde Donatella – e magari questa volta mi piacerebbe riuscirci io. D’altronde Tommaso corre il rischio di crescere come il figlio unico per eccellenza e forse un altro bambino porterebbe maggiore equilibrio. Lui ha due mamme, nessuna di noi spezza il dualismo che si crea tra madre e figlio. Ed essendo due donne, se qualcosa sfugge a una, non scappa certo all’altra. Il nostro piccolo ha bisogno di un alleato”.
Famiglie Arcobaleno
Lo slogan dice: è l’amore che crea una famiglia. L’associazione Famiglie Arcobaleno è nata nel 2005 e opera per allargare il concetto di famiglia, valorizzando responsabilità e rispetto più dei legami biologici. Diversi Paesi del mondo occidentale tutelano già i diritti delle famiglie omogenitoriali e il diritto ad adottare per singoli e coppie omosessuali. In Italia la questione è molto controversa e coinvolge aspettative e posizioni diverse sul piano morale, culturale e politico. www.famigliearcobaleno.org