Una famiglia, con moglie e tre figli, un ristorante stellato, una scuola di cucina rinomata e una trattoria. Come è possibile conciliare vita privata e un lavoro che ti impegna a tempo più che pieno? “Ce la faccio, con qualche acrobazia, sacrificando un poco i miei spazi e dimenticando le dormite da 6 – 8 ore a notte! Ne stravale la pena, comunque, sono un uomo felice che vive intensamente le sue passioni”, racconta Luca Marchini, chef stellato del ristorante L’Erba del Re di Modena.
Un crostino e una poesia
“La passione per la cucina ce l’ho da sempre, ho iniziato già da ragazzino a cucinare per la famiglia e per gli amici. Non sapevo però sin da subito che quello sarebbe diventato il mio lavoro. All’università mi sono iscritto a Economia e Commercio. Ed è stato un bene averlo fatto perché è stato proprio a una festa universitaria che ho conosciuto mia moglie Antonella. Era il 1995: a fine serata abbiamo iniziato a chiacchierare e non ci siamo più lasciati.
È stato amore a prima vista. Non posso dire di averla conquistata con la cucina, ma un po’ mi ha aiutato… Al primo appuntamento le ho portato tre piccoli contenitori con tre sughi diversi da spalmare sui crostini: io sono toscano d’origine e volevo farle apprezzare i sapori della mia terra. Lei mi ha ringraziato tantissimo e messo i contenitori nel frigo. Dopo qualche giorno le ho chiesto se le erano piaciuti, mi ha risposto che sì, la pasta era venuta buonissima! Ci siamo sposati nel 2000, la domanda di matrimonio gliel’ho fatta con una poesia scritta di mio pugno, e dove, se non nel ristorante di Gualtiero Marchesi?”.
E adesso che ci sono i bambini e lavori nel ristorante, continui a cucinare per la famiglia? “Purtroppo è un’abitudine che ho perso, un po’ perché a casa nelle ore dei pasti non ci sono praticamente mai. Un po’ perché quando sono a casa ci piace stare con gli amici o andare a mangiare fuori. Quando siamo solo noi cerchiamo di mangiare cose semplici come verdure, insalate”. Il tempo libero? “Lavoro minimo 13 – 14 ore al giorno, di tempo libero me ne resta davvero poco: la domenica e il lunedì a pranzo. Ora abbiamo appena inaugurato una nuova trattoria che sarà aperta la domenica, quindi temo che per qualche tempo dovrò lavorare anche nel mio giorno di festa. Solo finchè non sarà tutto ben avviato, perché sette giorni su sette è troppo anche per me!”. Tua moglie non si lamenta del poco tempo che stai in casa? “Ogni tanto mi dice ‘Mi hai fregato, mi hai detto che avresti fatto il commercialista!’. Ma in realtà conosceva le mie intenzioni fin da quando eravamo fidanzati, non è che si è all’improvviso trovata davanti una persona diversa. Certo che gestire le complessità del mio lavoro non è cosa da poco, e lei è bravissima. Fa la farmacista con orario part time. I bambini vanno in una scuola inglese, tutti e tre nella stessa, per semplificarci la vita. Antonella li va a prendere ogni giorno, perché io spesso non posso e ogni giorno della settimana la sera è sola con loro. Anche il sabato. Io purtroppo non ci sono quasi mai: le sono grato per tutto quello che fa e per il fatto che lo faccia così bene”.
Resistete? “Sono molte le coppie di chef che alla lunga scoppiano, per queste oggettive difficoltà pratiche, per i nostri orari impossibili. Ma noi abbiamo una grande costanza e la volontà di trovare sempre delle cose da fare insieme, delle attività comuni. Da poco abbiamo iniziato ad andare a correre insieme, lo facciamo la mattina presto. Le ho promesso che due volte all’anno la prendo e la porto via. E così abbiamo fatto: siamo da poco andati a Madrid abbiamo preso l’aereo e abbiamo corso la mezza maratona!”.
Al 100%
“In famiglia purtroppo ci sono poco, ma quando ci sono, ci sono al 100%. Io dormo – ahimè – 3 – 4 ore a notte. Torno a casa tardi dal ristorante e ogni mattina alle 6 e mezza mi sveglio e faccio colazione con i bimbi. Ci tengo tantissimo, anche perché è l’unico momento della giornata in cui posso stare con loro. Certo, vivo con un totale deficit di sonno, ma quando sono a casa voglio godermi la famiglia. La mia fortuna è che riesco a staccare completamente con la testa dal lavoro: non mi porto i problemi a casa o in vacanza. Se torno tardi il sabato sera, stanco, e i bambini la domenica vogliono fare una gita al mare, prendiamo la macchina e andiamo! La mia disponibilità nei loro confronti è totale, ma sono io il primo a sentirne la necessità. Ho proprio un bisogno, fisico e mentale, di stare con loro. È bello anche fare cose semplici, come ritrovarsi tutti insieme la domenica sera sul divano a guardare un film. Un’abitudine consolidata, ormai, un piccolo rituale cui teniamo tutti moltissimo. Per le vacanze ci piace viaggiare. Lo scorso anno siamo andati a Barcellona in macchina. Difficile descrivere la felicità di ritrovarci tutti cinque insieme tutto il tempo, di percorrere tanti chilometri stretti stretti, con la possibilità di parlare, litigare, ascoltare musica in un piccolo spazio solo nostro”.
I tuoi bambini si sentono in conflitto con un lavoro che li priva della tua presenza per così tanto tempo? “A volte capita, e quando mi fanno notare che sentono la mia mancanza, vuol dire che hanno accumulato tanto: loro sono diretti e sanno farti sentire in colpa. E io corro ai ripari, per come mi è possibile. Da un lato percepiscono che il lavoro mi sottrae a loro, ma ci sono abituati da quando sono nati e capiscono. Per loro la quotidianità della nostra famiglia è questa, anche se possono fare confronti con altre famiglie con vite più normali e ogni tanto lo vorrebbero anche loro, tutte le sere tutti e cinque intorno a un tavolo. Ma poi magari vedono una mia foto sui giornali, mi accompagnano a una conferenza cui partecipo e sono orgogliosi di me”.
Fonte di ispirazione
“Ho la fortuna di avere due grandi passioni, il mio lavoro e la mia famiglia. Sono due mondi separati, ma sicuramente la famiglia è la musa ispiratrice, il motore di quello che faccio. Parlo con loro, ci confrontiamo molto”. E quanto sono interessati i tuoi figli al tuo lavoro? “Direi abbastanza, ma con la giusta distanza. Ogni tanto vengono al ristorante, curiosano un po’, si guardano intorno, magari assaggiano qualche piatto, chiacchierano con i colleghi. Io non li incoraggio in alcun modo, non voglio che seguano i miei passi: è un lavoro così duro che non riesci a reggerlo se non ti viene da dentro. Io vorrei che studiassero, preferibilmente all’estero. E che riuscissero a trovare e sviluppare i loro talenti. Certo che il mondo dei ristoranti è un po’ anche il loro; da quando sono piccolissimi sono abituati ad andare fuori a mangiare. Il figlio maggiore è un gran mangione, assaggia tutto con curiosità e gusto, mentre Chiara è più diffidente, annusa tutto, mette il cibo sulla punta della lingua – secondo me ha il senso del gusto molto sviluppato, tra qualche anno, se supererà le diffidenze, sarà un’assaggiatrice straordinaria. Il piccolo per il momento vive ancora nel mondo dei supereroi, ma anche lui inizia ad apprezzare. Antonella e io pensiamo che andare in un buon ristorante sia una forma di educazione, così come visitare un museo o andare a teatro. Un ristorante di livello è una forma di artigianato complesso, non parlo di arte, ma di un saper fare che si riallaccia al territorio, alle tradizioni, all’essenza del nostro paese. E poi, è un grande piacere per tutti!”.
Un ristorante e una trattoria
Ricerca accurata delle materie prime, tecniche corrette, sensibilità e un capillare lavoro di ricerca fatto di studio, assaggi, curiosità: questi gli ingredienti del successo de L’Erba del Re (che sarebbe il basilico, dal greco Basilicòs: l’erba regale), il ristorante che Luca Marchini ha aperto nel 2003 e che nel novembre 2008 ha ottenuto la sua prima stella Michelin. “I piatti devono comunicare un’emozione piacevole, sia di testa che di palato”. Al ristorante si affianca la Trattoria Pomposa, un nuovo progetto che vuol rendere omaggio alla tradizione culinaria emiliano-modenese.
www.lerbadelre.it