Due figli, Matteo e Sofia, una casetta in collina, una tranquilla vita di paese nel verde: era questa la vita di Rossella e Mario fino a un anno e mezzo fa, quando sono partiti per il Sudamerica, prima Caracas poi Cordoba. Una nuova vita, avventurosa, emozionante ma anche impegnativa. Cosa ha spinto la famiglia a partire? “Molto semplicemente, la ricerca di un nuovo lavoro – racconta Rossella -. Mario e io lavoriamo entrambi in campo equestre: gestione di centri ippici, istruttori di equitazione. Quella per i cavalli per noi è un grande amore, più che un lavoro, e non è un caso che sia stata proprio questa passione comune a farci incontrare e innamorare.
Un giorno di tre anni fa, però, i tagli al personale ci hanno fatto ‘cadere di sella’: ci siamo ritrovati senza lavoro e con la famiglia da mantenere, una brutta situazione, carica di ansia e apprensione. Un cugino di Mario ci ha fatto sapere che un centro ippico, con cui lui era in contatto, aveva urgente necessità di riqualificare la propria struttura e cercava una figura professionale proprio come quella di Mario. Lo stipendio era alto e mettevano a disposizione anche una bella casa. Perfetto, dico io! Unico difetto: il centro ippico si trovava niente di meno che a Caracas, in Venezuela. Non è stata una scelta facile, ci abbiamo ragionato un bel po’ su, ci siamo confrontati con familiari e amici, abbiamo iniziato ad accennare la possibilità ai bambini e poi, sì, abbiamo deciso: si parte!”. Il primo a lasciare l’Italia è Mario, nel gennaio 2014, mentre Rossella e i bambini lo seguono a ruota, a giugno, non appena concluse le scuole.
Una nuova vita
L’atmosfera spagnola in famiglia si respirava già: Mario infatti ha origini argentine, lì vive la sua famiglia, quindi almeno per lui il problema della lingua non sussisteva. Ma come avete preparato i bambini a un cambiamento così grande? “Ai bambini abbiamo spiegato tutto fin dal primo giorno della nostra decisione – prosegue Rossella -, sapevano che dovevamo partire per un paese lontano per motivi di lavoro, che in questo nuovo paese lontano avrebbero incontrato nuovi amici, imparato una nuova lingua e che sicuramente sarebbe stata una bella esperienza: così è stato! Abbiamo cercato di essere sempre positivi, facevamo insieme ricerche su Internet per scoprire i luoghi e gli animali che avremmo potuto vedere dal vivo, parlavamo delle cose che avremmo potuto fare, dei tuffi nel mare e loro, per fortuna, si entusiasmavano!”. E qual è stato invece il momento più difficile? “Per i bambini è stato senza dubbio staccarsi dalla nonna, che praticamente li ha cresciuti. Per fortuna è una nonna molto in gamba, è venuta a trovarci già diverse volte: non è la stessa cosa rispetto alla quotidianità di prima, però ci sentiamo su Skype tutti i giorni. Con WhatsApp i bambini le mandano foto, messaggi e viceversa, abbiamo attivato un gruppo di famiglia, con cui ci teniamo aggiornati. Per me invece chiudere casa è stato il momento più duro e anche faticoso a livello organizzativo, con i bambini, i bagagli enormi da preparare. Tutto quello che abbiamo voluto conservare e a cui teniamo di più è rimasto, ben inscatolato, nel garage di mia mamma, ma ora che siamo un po’ più stabili, sicuramente farò spedire tutto qui”.
Si parte in famiglia!
“Salire sul primo aereo per lasciare l’Italia è stato un momento intenso, carico di emozioni contrastanti: il desiderio forte di rivedere Mario dopo sei mesi, ma anche la tristezza di lasciare la casa, gli amici, i parenti – racconta Rossella -. Per fortuna mia mamma è venuta con noi ed è rimasta un mese in Venezuela: averla avuta al mio fianco durante il primo viaggio e poi anche i primi giorni a Caracas è stato fondamentale e ci ha anche permesso di salutarci in maniera più graduale. Per Mario il distacco è stato diverso, perché lui aveva già lasciato casa e famiglia una volta, quando era venuto in Italia dall’Argentina, questo viaggio, per lui, è stato un ritorno”. E con la scuola dei bambini come vi siete organizzati? “Il Venezuela si trova sopra l’equatore, le stagioni sono le stesse e le scuole funzionano come in Italia: iniziano a settembre e finiscono a giugno. Abbiamo preferito che i bambini frequentassero una scuola italiana, così avevano più o meno gli stessi giorni di vacanza che hanno qui in Italia; in Argentina invece è al contrario, iniziano a marzo e finiscono a novembre e adesso è autunno! Sia in Venezuela che in Argentina le scuole impongono l’uso della divisa: all’inizio mi sembrava un po’ troppo collegiale come atteggiamento, ma alla fine sono contenta, e mi trovo meglio, alla mattina vestirsi è molto più veloce!”. Con la lingua come è andata? “La facilità con cui hanno imparato la nuova lingua mi ha veramente stupito, dopo due settimane entrambi parlavano già bene lo spagnolo. In casa continuo a parlare loro in italiano e pretendo che con me, e tra di loro, parlino italiano perché mi è successo più volte che Sofia mi rispondesse soltanto più in spagnolo. Li avessimo mandati in una scuola bilingue, ad esempio con spagnolo e inglese, adesso le parlerebbero tutte e tre: dovessi tornare indietro forse propenderemmo per questa scelta!”.
Vita a Caracas
“In Venezuela le differenze di reddito e tenore di vita nella popolazione sono impressionanti ed è un paese molto insicuro dal punto di vista della criminalità: Sofia e Matteo hanno dovuto abituarsi a seguire delle regole di sicurezza, molto più severe che da noi. Erano consapevoli che avremmo potuto trovarci in brutte situazioni, se non fossimo stati attenti: lì ci sono persone che vanno in giro con la pistola e quando sei per strada non devi mai staccarti dalla famiglia. Ma i bambini si abituano in fretta e hanno fatto un’esperienza incredibile, conosciuto posti meravigliosi, incontrato un sacco di coetanei: Sofia si tiene in contatto WhatsApp con le compagne in Italia e quelle in Venezuela, si scrivono, si mandano foto, penso che tutto questo sia bellissimo!”. E voi genitori come state vivendo questa esperienza? “Non abbiamo fatto fatica ad abituarci al Venezuela, perché siamo andati a lavorare in un bel posto, abbiamo conosciuto persone simpatiche, che ci sono state vicine nei primi tempi e ci hanno fatto sentire a casa. E poi anche il clima giova all’umore: l’estate in Venezuela non finisce mai, il termometro è fermo a una media di 24 – 26 gradi, il sole c’è sempre e gli acquazzoni durano al massimo venti minuti e buttano giù tanta di quella pioggia che tutto si lava e si pulisce prima del nuovo sole. E come l’estate non finisce mai anche i bagni non finiscono mai e questa è una gran cosa!”.
Destinazione Argentina
“Una bella scoperta fatta in Sud America è che qui gli italiani son molto apprezzati. Cultura, imprenditoria, servizi, tante cose belle che sono successe negli ultimi anni sono in parte merito degli emigrati italiani. È bello non essere banalmente identificati con spaghetti e mandolino, ma con efficienza e creatività. E i ristoranti migliori – c’è bisogno di dirlo? – sono quelli gestiti da italiani”.
A un anno di distanza dall’arrivo in Venezuela le cose sono cambiate, ma non in meglio: “La situazione economica è peggiorata improvvisamente e anche la sensazione di sicurezza, così abbiamo deciso di partire di nuovo. Questa volta per l’Argentina, dove già vive la famiglia di Mario. Stiamo ritrovando equilibrio e armonia anche qui: questi grandi traslochi scombussolano, stancano e prosciugano il portafogli. Per questo adesso vogliamo fermarci per un bel po’. In un anno siamo riusciti a mettere da parte i soldi per comprarci una casa tutta nostra, in Argentina, e ora viviamo a Cordoba, la seconda città dopo Buenos Aires. Siamo vicini alla famiglia di Mario, che è un nuovo e importante punto di riferimento per noi”. Come si vive in Argentina? “Il clima qui è più simile a quello europeo, un po’ più mite: tornano le stagioni e questo ci riporta alla solita scansione temporale della vita – in Venezuela era quasi sempre estate. Nessun rammarico per questo, bisogna soltanto riprendere il ritmo. È ancora presto per fare un bilancio della vita a Cordoba, ma l’inizio è senz’altro positivo: anche qui ci sono tanti posti da visitare, persone da conoscere, esperienza da vivere: siamo pronti per la nuova avventura!”.
[Paola Varallo]