Walking Dad: Dario Benedetto racconta la paternità dalla parte dei padri

da | 26 Giu, 2018 | Persone

Della paternità si parla, ma forse mai abbastanza, forse non nei termini giusti, forse ne parlano più le mamme dei padri, più i professionisti che i padri stessi. Ma, a volte, all’improvviso, qualcuno di loro esce allo scoperto.

Dario Benedetto, per esempio, ha deciso di farlo: lui lavora come attore e autore a Torino, insegna recitazione e comicità in diverse scuole e progetti speciali. 

È papà di Martino, quasi tre anni, e Viola che ha otto mesi. “Ho la fortuna di lavorare in orari serali e mi prendo cura di loro durante il giorno mentre la mamma lavora” e da qui è nato il libro “Walking Dad – Nato Sotto il Segno dei Gamberi”, poi diventato anche spettacolo teatrale.

Com’è nato il tuo libro e come è diventato uno spettacolo di teatro?

“Il libro è nato insieme alla sorpresa di diventare padre. Ero uno di quelli che scacciava via l’idea di diventarlo. Ma poi mi sono accorto che solo due cose mi hanno reso davvero libero: la scrittura e la paternità. Ho voluto raccontare questa trasformazione dal vivo, rendendolo uno spettacolo teatrale. Un po’ come fanno i musicisti che trasportano i testi in canzone”.

Un libro e uno spettacolo sulla paternità; ma ti rivolgi solo ai padri? Cosa vuoi dire loro e cosa pensi che loro vogliano sentirsi dire da te?

“Non mi rivolgo solo ai padri, anzi. Durante le repliche moltissimi feedback arrivavano proprio da chi non aveva figli, compresi i giovanissimi. Il tema trattato in questa maniera li intrigava e mi hanno detto una sera “Non dimenticare che non tutti siamo genitori, ma tutti siamo figli”. Riassumeva alla perfezione tutto.

Ai nuovi padri voglio dire che non ha più senso vergognarsi della tenerezza. A differenza dei nostri genitori che vivevano in un contesto completamente diverso, oggi possediamo un tempo mentale e fisico maggiore. Ma non abbiamo un punto di riferimento emotivo. Per questo i padri non parlano. Ed è per questo che nel libro si parla dei Breaking Dads, padri che si ritrovano solo tra di loro per definire una nuova grammatica della tenerezza. Una specie di Fight Club, ma senza sangue. Penso che vogliano sentirsi dire questo: non siete soli, la strada contro le prevenzioni è lunghissima ma ce la possiamo fare. Non abbiate timore di esprimere le vostre naturali perplessità emotive”.

..e alle mamme cosa dici?

“Nel libro le mamme vengono fuori benissimo. Questo perché hanno il problema opposto ai padri. Le madri hanno troppa letteratura intorno e vengono date per scontate. Quindi vivono una forte competizione senza essere troppo ascoltate. Essere perfette è il minimo richiesto. La madre diventa madre da quando si scopre incinta, il padre da quando gli viene messo in braccio il primo figlio”.

Quando un papà fa bene il papà viene chiamato Mammo. siamo ancora molto lontani dalla parità nel lavoro di cura, non è vero?

Il libro inizia dicendo proprio “Non chiamatemi Mammo”. Non si può sentire più come termine perché trasuda ignoranza e prevenzione. Quando un padre porta in giro da solo il passeggino viene visto come una eccezione. A volte chiedono persino dov’è la madre o se hanno bisogno di aiuto. L’immagine del papà moderno che vive con naturalezza il suo ruolo, senza essere soffocato da stereotipi ormai vecchi, è lontana ma non lontanissima. E nuoce a tutti, sia alla mamma che al papà oltre naturalmente ai figli. Eppure, mai come adesso, mi sono sentito uomo. Tanto da imparare ad andare in bicicletta a quarant’anni per loro. Questo significa essere un Walking Dad, un uomo che è felice nel cercare di essere migliore”.

Progetti per il futuro?

“Continuerò a insegnare ai corsi e ai progetti speciali. Uno di questi è fatto con ragazzi in affido insieme ad un team di registi e psicologi. Io mi occupo di tradurre le loro storie in testi teatrali. La mia intenzione è raggiungere il completamento del crowdfunding del libro. Entro la fine dell’estate deve raggiungere 250 copie o non verrà stampato e distribuito. È una sfida che mi spinge a portare ovunque questo progetto ma ci credo fermamente“.

 

Leggi anche: “Tre storie (e tre libri) per raccontare come nasce un papà”

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