Cara dottoressa, le scrivo una riflessione. Ho 41 anni e sono mamma di Gabriele, di sei anni. Quattro anni fa mi sono lasciata con mio marito. Il nostro è stato un matrimonio d’amore: innamoramento, convivenza, poi Gabriele… Tutto sembrava andare bene, ma abbiamo avuto dei problemi finanziari e il mio ex marito è diventato freddo e distaccato. Io ho avuto un periodo di depressione, forse dovuta al parto, alla fatica e anche alla nostra situazione. Il bimbo in casa non aiutava, anzi, rendeva tutto più difficile. A un certo punto abbiamo deciso, più o meno d’accordo, di lasciarci. Abbiamo venduto la casa e iniziato a vivere separati. Quello che vorrei comunicare ad altri genitori è che lasciarsi sembra la soluzione di tutti i mali, ma in realtà è solo l’inizio di un periodo molto più difficile. In primo luogo: il tempo è denaro. Vivere insieme permette di fare economie di scala, ma mantenere due appartamenti e “due di tutto” aumenta vertiginosamente le spese. Per avere soldi bisogna lavorare e questo significa avere meno tempo per i figli, per se stessi, per le cose che si amano. Poi, quando c’è un figlio di mezzo, bisogna costruire un rapporto tra persone arrabbiate e risentite, per decidere insieme la sorte di quel che ci è più caro. Non è facile. Si rimane più poveri, più tristi e con un sacco di rammarichi. Con il senno di poi, direi: non lasciatevi tentare dai rapporti “usa e getta”. Chi si è scelto lo ha fatto perché si amava. Bisognerebbe imparare a sopportare le difficoltà piuttosto di buttare via tutto. Vi ringrazio per l’attenzione.
Paola
Ringrazio Paola per la sincerità e generosità con cui ci ha regalato la sua esperienza. Quando i genitori, già separati, mi chiedono di accompagnarli nel faticoso percorso che stanno affrontando, mi viene da chiedere se non è tardi. Forse si può chiedere aiuto prima, per cercare una vera alternativa alla separazione. Molte coppie, messe di fronte al disagio, alla delusione, alla sofferenza causata da incomprensioni o difficoltà concrete, come quelle di Paola, pensano di avere davanti a sé solo due alternative: una famiglia unita a costo di una vita infelice, oppure la possibilità di fuggire da una situazione che fa star male. È un mito che se qualcosa non funziona è perché si è scelto il partner sbagliato. È un mito anche che la separazione apra la porta alla ricerca del partner che rende veramente felici. Pochi sanno che le coppie possono chiedere aiuto. Non c’è nulla da temere. Spesso si pensa che se la coppia va in crisi, ormai si è rotto qualcosa e che se anche qualcuno ti aiuta a “rattoppare”, non si sarà più felici come prima. Ma una coppia non è qualcosa di statico. Le persone cambiano in continuazione, crescono, vanno in crisi, talvolta soffrono. Una coppia non va avanti da sola: ha bisogno di cure, attenzioni e nutrimento. Nei momenti di difficoltà e stress ci si dimentica della coppia e si pensa al proprio malessere, spesso cercando soluzioni fuori e non dentro la famiglia. Lo psicoterapeuta di coppia è uno psicologo specializzato nelle relazioni familiari che aiuta la coppia a far chiarezza sui desideri e sui nodi problematici; non cerca le colpe del malessere ma aiuta a trovare un modo per star bene insieme, rimanendo se stessi e scoprendo nuove modalità di stare con l’altro. Nemmeno cerca di far stare la coppia insieme a tutti i costi; l’aiuta a giungere a una scelta con maggior consapevolezza, quella che Paola rimpiange di non aver avuto quando ha deciso di separarsi. Cos’è una psicoterapia di coppia? Mi viene in mente l’immagine del viaggio: è un po’ come fare un tour di almeno dieci tappe, con un intervallo di quindici giorni l’una dall’altra; ci si ferma nei “luoghi” più interessanti e arricchenti, talvolta andando un po’ indietro nel tempo per recuperare tutte le risorse trascurate o dimenticate. È un viaggio durante il quale si ha l’occasione di crescere un po’, di scoprire spazi prima ignorati e nuovi orizzonti per la coppia. E, a differenza di un viaggio-vacanza, costa molto meno ma offre la preziosa occasione di ripartire insieme e con una marcia in più.