02DSA è un acronimo entrato nell’uso comune per indicare i “Disturbi Specifici dell’Apprendimento“, cioè un insieme di disturbi che hanno origine neurobiologica e riguardano in modo specifico le abilità di lettura (dislessia), calcolo (discalculia) e scrittura (disortografia e disgrafia).
La loro origine neurobiologica indica che non dipendono da una intelligenza limitata o da carenze ambientali o educative, né da un deficit neurologico o sensoriale, né tantomeno da mancanza di impegno o motivazione o volontà di apprendimento da parte del bambino.
Cosa bisogna sapere di questi relativamente nuovi disturbi che affliggono un numero sempre crescente di bambini? La dottoressa Silvia Negri di Periplo – PLAS, uno studio milanese di consulenza, progettazione e ricerca educativa dedicato a bambini, famiglie e insegnanti che “fanno fatica a scuola” ci racconta i DSA.
DSA e scuola
Se un bambino soffre di un disturbo dell’apprendimento, la diagnosi viene fatta in genere alla fine della seconda primaria (se il problema riguarda la scrittura) e alla fine della terza primaria (per il calcolo). “Nella scuola dell’infanzia non si può ancora parlare di DSA – dice Silvia Negri -. Meglio però osservare l’evoluzione di linguaggio, lettura e scrittura dei bambini dai 3 ai 6 anni. La scuola primaria è la prima ad accogliere bambini con una diagnosi di DSA e questa accoglienza è fondamentale sia per attivare le metodologie didattiche adeguate per facilitare le abilità di lettura, scrittura e calcolo, sia per l’autostima del bambino“.
Diagnosticare presto i DSA è meglio
Una diagnosi tempestiva aiuta? “Sì, la scoperta di un DSA nella secondaria può presentare alcune criticità in più in termini di accettazione da parte del ragazzo. Inoltre nella scuola secondaria le richieste scolastiche aumentano”.
Quali sono i campanelli d’allarme?
Durante i primi anni della scuola primaria, gli adulti (genitori e insegnanti) possono accorgersi di particolari lentezze nell’apprendimento delle abilità strumentali. “Nella scuola dell’infanzia si possono cogliere le prime difficoltà – spiega Silvia Negri – soprattutto nel linguaggio o nel conteggio di piccole quantità o ancora nella capacità di stimare la numerosità degli oggetti. Non è detto che queste prime difficoltà portino alla diagnosi di un DSA con il passaggio alla primaria, dove si incontreranno il vero insegnamento della lettura, della scrittura e del calcolo. Se però ci sono sospetti, il bambino va monitorato per poter progettare interventi didattici di potenziamento”.
Cosa succede una volta rilevato un DSA?
Molti genitori
“Non bisogna allarmarsi al primo segnale di difficoltà, ma nemmeno sottovalutarlo – continua Silvia Negri -. E’ importante continuare a monitorare attentamente l’evoluzione dell’apprendimento del bambino. A casa meglio privilegiare il piacere, per esempio impegnandosi sì a leggere, ma leggendo insieme storie interessanti scelte con il bambino. Se le difficoltà persistono, la scuola ha la responsabilità di comunicare alla famiglia la necessità di procedere a una valutazione degli apprendimenti. Se da questa valutazione dovesse emergere la presenza di un DSA, la famiglia può consegnare e far protocollare la certificazione alla scuola, che è tenuta a compilare un Piano Didattico Personalizzato calibrato sulle risorse e sui bisogni del bambino”.