Gioco-arrampicata: la libertà è verticale

da | 24 Gen, 2016 | Salute e Benessere

La modernità cambia la dimensione dello spazio con cui ci confrontiamo. “La dimensione verticale è sempre meno presente nei nostri schemi motori: siamo abituati a uno spazio che si sviluppa in orizzontale. In questo modo l’abilità, innata, di arrampicarsi si riduce progressivamente fino ad apparire come qualcosa di impossibile o straordinario. In realtà, ogni uomo è nato per gattonare, camminare, correre, saltare, strisciare, rotolare, afferrare, lanciare, mirare e anche… arrampicarsi!”. Parole di Marzio Nardi, istruttore nazionale, tracciatore internazionale, ex campione italiano di Arrampicata Sportiva. Nonostante i quasi trenta anni di esperienza nel settore, o forse proprio grazie a questa insolita vita in verticale, Marzio non ha mai smesso di guardare al mondo come un bambino, di “continuare a stupirsi e cercare quel piccolo senso di avventura che si può vivere banalmente alla ricerca di un pezzo di roccia vergine. Per me l’arrampicata è un continuo viaggio, è scoperta, creatività. Non servono grandi cose, se non entusiasmo e voglia di mettersi alla prova andando verso qualcosa che non si conosce”.

Un climber si nasconde in ognuno di noi
Col gioco-arrampicata cerchiamo di risvegliare un istinto e soprattutto uno schema motorio che l’educazione, la società e le abitudini moderne tendono a reprimere. Sono principalmente giochi che riavvicinano il bambino alla verticalità. Si comincia intorno ai 4 anni, quando inizia lo sviluppo motorio. L’attività è distinta in base all’età: dai 4 ai 6 anni e dai 7 ai 10 anni. ll passaggio avviene nel momento in cui il bambino acquista marcata fiducia in se stesso, superando i limiti corporei e mentali, nei confronti delle strutture, grazie al supporto dato dagli istruttori. Quando si raggiunge un sano spirito competitivo, si è pronti a sperimentare l’esperienza della gara, andando al di là del semplice gioco/divertimento. I maschi sono spesso meno bravi, soprattutto nell’età prepuberale, tra gli 11 e i 13 anni. Successivamente, il testosterone li aiuta sul piano fisico, mentre su quello gestuale sono comunque le ragazze a risultare più agili, soprattutto quando il peso corporeo non è eccessivo. Logicamente, come in tutte le cose, l’attitudine si manifesta in modi diversi e con risultati diversi, ma già da piccolissimi è possibile riconoscere i climber in erba e immaginare il loro percorso in verticale”.

Divertirsi in tutta sicurezza
“Per arrampicare l’unica attrezzatura necessaria è la voglia di giocare, condividere e vivere un’ora appesi ai mille colori delle pareti! La palestra fornisce le scarpette per i più spericolati ed è strettamente consigliato un abbigliamento comodo. Inizialmente è previsto un incontro alla settimana, poi i più bravi e appassionati hanno la possibilità di passare al preagonismo con due appuntamenti settimanali e all’agonismo in cui ci si allena tre o quattro volte in base al calendario delle gare. Le attività in palestra, inoltre, sono in totale sicurezza. L’istruttore risponde ai timori e ai paletti che il bambino si crea, mettendolo a proprio agio e rassicurandolo, affinché la paura si trasformi in incentivo al successo e alla soddisfazione personale e di chi lo circonda. L’aria serena e rilassata che si respira durante l’ora di attività permette al bambino non soltanto di superare la vertigine, ma anche di maturare una nuova consapevolezza di sé, dei propri limiti e del proprio enorme potenziale”.

Libertà. Ecco perché innamorarsi di questo sport. “L’arrampicata offre l’opportunità di conoscere la verticalità, una dimensione che sembra lontana, ma che in realtà ci appartiene. Riappropriarsene trasmette una sensazione di libertà unica. La maggiore peculiarità però è nel fatto che non ci sono limiti: il campo d’azione, a differenza di tanti altri sport, non è definito o delimitato. È il mondo! Si può praticare in palestra, su una roccia alta 100 metri o su una di 2, in gara per battere gli avversari oppure per conoscere e superare se stessi. Esplorare, provare, rischiare, sbattere il naso, esprimersi. Siamo molto distanti dalle aspettative legate a fama, ricchezza o affermazione sociale. Vogliamo insegnare l’arrampicata come mezzo d’espressione e non puramente come ricerca di un record assoluto”.

[Tatiana Zarik]

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