Scarabocchi d’artista

da | 3 Mar, 2016 | Lifestyle

“A 4 anni dipingevo come Raffaello, poi ho impiegato una vita per imparare a dipingere come un bambino”. La citazione di Picasso è famosa e spiega bene quanta potenza ci sia nel disegno dei piccini, un elemento importante nello sviluppo e nella socializzazione la cui indagine permette di comprendere il livello di maturazione e il temperamento.

Gli scarabocchi

È già attorno ai 18 mesi che il bambino inizia a impugnare i primi colori per fare semplici tracce grafiche che prima di essere disegni veri e propri sono ciò che noi adulti definiamo “scarabocchi”. Il bambino vive questo momento come un gioco piacevole di per sé; sarà solo sei mesi più tardi che si renderà conto del rapporto tra i suoi movimenti e i segni ottenuti e inizierà a rappresentare sensazioni interne, ma sarà solo verso i 2 anni e mezzo che arriverà a dare un nome ai suoi scarabocchi. È così che, da questi primi tracciati caotici, prenderanno vita e si differenzieranno due attività grafiche importantissime: il disegno e la scrittura.

Ideativo verso visivo

A 4 anni circa il bambino esce dalla fase dello scarabocchio per entrare in quella del disegno, imparando negli anni a rappresentare quello che vede e non più quello che sa.

Per capire meglio cosa significa questa differenza (gli esperti parlano di disegno ideativo e disegno visivo) si può pensare a come viene fatto il ritratto di una donna incinta da un bambino in età prescolare rispetto a uno in età scolare: il bambino piccolo disegnerà una donna con visibile un neonato dentro la pancia (disegno ideativo, ciò che si sa) mentre un bambino più grande disegnerà una donna con il pancione (disegno visivo, ciò che si vede). Quelli che a un adulto possono apparire come errori (per esempio la trasparenza della pancia) sono invece indicazioni delle consapevolezze del bambino che ne è autore, sono le sue necessità e i suoi interessi, sono veri e propri guizzi di pensiero che per il resto hanno anche un reale valore artistico.

È sbagliato correggere i disegni dei più piccoli, perché si va a soffocare la loro espressività e la soddisfazione che provano nel comunicare disegnando. Il bambino è molto sensibile alle critiche dei genitori e degli insegnanti: le disapprovazioni lo fanno sentire solo e insicuro. Si rischia inoltre di conformarlo troppo presto alla realtà, soffocando la sua iniziativa.

Tecnica e realtà

Dopo i 10 anni il bambino approderà completamente e in modo spontaneo all’adesione del disegno alla realtà. È questa l’età giusta per iniziare a insegnargli la tecnica grafica. Questo passaggio rappresenta un traguardo, ma anche una perdita, perché vede tramontare il significato intrinseco dello scarabocchio e del disegno, non saranno più riflesso dello sviluppo, ma disegni aderenti che comunicano soprattutto l’abilità tecnica. Sembra paradossale, ma soltanto l’artista mantiene l’immediatezza e la spontaneità del bambino piccolo perché non accetta l’uniformità d’espressione, non si sacrifica alla moda e non teme di rivelare ciò che è realmente. Il disegno infantile è apprezzato dagli artisti più di quanto non siano i disegni degli adolescenti o degli adulti, proprio perché, a detta degli artisti stessi, è caratterizzato dall’immediatezza di espressione priva di apporti culturali e di ripensamenti. Il valore estetico delle opere infantili diminuisce con l’aumentare dell’età e, secondo gli psicologi infantili, sul piano fantastico ed espressivo il disegno subisce un processo d’inaridimento.

Allegramente pasticcioni

Fino al termine delle scuole elementari, più del prodotto deve interessare il tempo passato a disegnare. L’adulto anziché correggere dovrebbe rafforzare i fattori favorevoli, offrendo al bimbo appropriati mezzi d’espressione. Il bambino durante il disegno vive momenti di felicità: generare entusiasmi significa aumentare in lui la fiducia in se stesso e nelle sue produzioni. Non corriamo il rischio di sottovalutare o fraintendere le capacità mentali e affettive del bambino in età prescolare, né mostriamoci esageratamente esigenti verso il bambino di età scolare. Sono due modi di porsi errati: occorre valorizzare il bambino piccolo e pretendere meno da quello più grandicello. Un bambino giustamente e allegramente “pasticcione” che vive la sua età per quella che è, avrà maggiori possibilità di divenire un adulto equilibrato.

[Omar Fassio]

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