Da quando cominciamo a definire un oggetto pattume? Quando la buccia di mandarino cessa di essere profumata e accattivante, per trasformarsi in scarto intoccabile? Il materiale non più utile può vivere ancora e raccontare storie: imballaggi, scatole, bottiglie, giornali nelle mani dei bambini possono diventare fucine di suoni, sensazioni, reinvenzioni. In una sorta di circolo virtuoso, i bambini valorizzano i materiali di scarto, mentre questi ne nutrono l’intelligenza, le capacità di problem solving.
In questo contesto si situa il progetto culturale di sostenibilità, creatività e ricerca sui materiali di scarto portato avanti da REMIDA, centro di riciclaggio creativo nato nel 1996 a Reggio Emilia. REMIDA raccoglie da circa 200 aziende scarti di produzione, rimanenze di magazzino destinati allo smaltimento, riutilizzandoli per sollecitare pensieri, azioni, idee progettuali. La rete dei centri REMIDA si è diffusa in Italia e nel mondo, aprendosi alle scuole e al cittadino attraverso laboratori, workshop ed eventi: in Italia è presente a Napoli, Torino, Bologna, Genova, Milano, Firenze, Rovereto e Varese.
Da dove partire per la costruzione di un magazzino domestico dei materiali di scarto? Un luogo in cui riporre avanzi di stoffa, nastri, coperchi metallici, cartone che, selezionati e divisi in categorie, si trasformano in elementi con cui costruire micromondi, realizzare composizioni mutevoli. Fondamentale è il tempo offerto all’esplorazione: un tempo lungo nel quale conoscere il materiale per le sue caratteristiche fisiche e sensoriali. Ogni materiale si offre ad ascolti e narrazioni diverse: per esempio si possono proporre solo materiali monocromatici in sfumature intorno al rosso, o solo materiali trasparenti e osservare come questi interagiscono con le azioni del bambino. Se i piccoli sono appassionati alla costruzione di torri, possiamo offrire materiali facilmente impilabili o, viceversa, aggiungerne altri che suggeriscano ricerche di equilibri più complesse.
Un’ultima considerazione riguarda l’utilizzo degli aggreganti: la colla rende il materiale non riutilizzabile, esaurisce le sue possibilità di trasformazione. Non sempre è necessario fissare in un prodotto finito le azioni dei bambini, accettando che le nuove composizioni non durino nel tempo, ma siano smontate per ridare al materiale nuova vita. Nella creazione invece di un libro polimaterico, ad esempio, l’utilizzo di aggreganti non definitivi come il fermacampione o ago e filo allena la motricità fine dei bambini e, insieme, ci pone in un’ottica di riuso ambientale.