Avete già scelto il nome del vostro bambino?

da | 27 Ott, 2016 | Lifestyle, Soldi e Diritti

Ogni bambino gode di un diritto fondamentale: quello al proprio nome, segno distintivo e di identificazione della persona nella sua vita di relazione. Si tratta di un vero e proprio diritto della personalità riconosciuto e garantito dall’articolo 6 del Codice Civile.

La scelta del nome viene regolata anche da un decreto del Presidente della Repubblica del 2000 (n. 396) che ha apportato, dopo le riforme Bassanini, alcune modifiche rispetto al precedente Regio Decreto del 1939. Il nuovo testo introduce novità, come il divieto di imporre lo stesso nome del padre vivente, di un fratello o di una sorella viventi, un cognome come nome o nomi ridicoli e vergognosi.

I nomi stranieri di bambini aventi la cittadinanza italiana devono essere espressi in lettere dell’alfabeto italiano (con la estensione alle lettere: J, K, X, Y, W) e – dove possibile – anche con i segni diacritici, cioè le dieresi, gli accenti circonflessi, la cedija, la tilde e via dicendo, per garantire l’alfabeto della lingua di origine. Secondo le nuove disposizioni, dunque, può essere attribuito un nome giapponese o cinese, purché venga scritto con caratteri alfabetici e non in ideogrammi, mentre un nome scandinavo potrà contenere caratteri come ö, ä oppure å.

Il nome imposto al bambino può essere composto da uno o più elementi onomastici, anche separati, non superiori a tre. In tal caso, tutti gli elementi del prenome vanno riportati negli estratti e nei certificati rilasciati dall’ufficiale dello stato civile e dall’ufficiale di anagrafe, poiché oggi non esistono i secondi e i terzi nomi. Pertanto “Giacomo Pietro Maria” dovrà sempre firmare con tutti e tre i nomi. Dal momento che è possibile attribuire un nome straniero, si possono creare equivoci e confusioni nell’attribuzione del nome corrispondente al sesso. In questo caso, il nome dovrà essere verificato tenendo conto della valenza maschile o femminile alla luce della tradizione e dell’uso in Italia.

Cosa fare nei classici casi di “Andrea” attribuito a una donna e “Maria” come secondo nome di un uomo? Il nome Andrea viene preso in specifica considerazione: secondo la tradizione spagnola o tedesca è un nome femminile. In Italia chiamare Andrea una bambina non è consentito, ma potrebbe essere validamente attribuito a una bambina se fosse preceduto da un nome chiaramente femminile (per esempio Francesca Andrea). In caso di nomi da assegnare a bambini di nazionalità estera nel nostro paese, si applica la normativa del paese di provenienza, in attuazione di specifiche norme di diritto internazionale privato. Quindi una bambina di nazionalità tedesca o spagnola potrebbe essere chiamata Andrea anche se nata e registrata in Italia. Il nome Maria, imposto a un bambino maschio, è considerato possibile, in virtù di una prassi tradizionale consolidata, purché sia preceduto da un primo elemento onomastico chiaramente maschile (per esempio Pietro Maria).

La nuova normativa permette di attribuire anche il nome di località: una bambina può chiamarsi Roma senza problemi. Le regole valgono solo per i bambini di nazionalità italiana (cioè nati da almeno un genitore italiano).

Al bambino straniero, anche se nato in Italia, si applicano le norme dettate dalla sua legge nazionale in tema di nome e cognome. Al momento della nascita del bambino uno dei genitori (oppure l’ostetrica, il medico o altra persona che abbia assistito al parto) deve compilare la dichiarazione che contiene le indicazioni sul luogo, il giorno e l’ora, il sesso e il nome che viene dato al bambino.

La scelta del nome è un atto di esercizio della potestà genitoriale che implica l’accordo tra i genitori. Nel caso di disaccordo, si dovranno rivolgere al Tribunale per i Minorenni (art. 316, 3 comma c.c.), dove il giudice cercherà di suggerire le determinazioni che riterrà più utili nell’interesse del figlio e dell’unità familiare. Nel caso in cui il genitore dichiarante scegliesse un nome che non piace all’altro, l’unico strumento che esiste per cambiare un nome indesiderato è una istanza alla Prefettura che deciderà con un decreto. Se il genitore intende dare al bambino un nome in violazione della legge, l’ufficiale procederà comunque alla registrazione dovendo però avvertire la Procura della Repubblica che inizierà un procedimento di rettificazione.

[Laura Citroni – www.slcx.it]

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