“Via libera alle sculacciate. Ma non devono fare troppo male, vanno indirizzate sul di dietro e sono consentite dai 2 ai 12 anni”. Inoltre, la sculacciata come atto educativo è un diritto non riservato solo ai genitori ma esteso a membri adulti della famiglia e agli insegnanti, i quali “hanno un ruolo molto importante nella società: permettendo loro di utilizzare un minimo di forza per insegnare la disciplina, si vuole dare loro l’opportunità di assolvere alle loro responsabilità”. Ha suscitato notevole clamore questa sentenza della Corte d’Appello dello stato canadese dell’Ontario. Le critiche più dure provengono dalle associazioni che tutelano i diritti dei minori. Marvin Bernstein, direttore dell’Ontario Association of Children’s Aid Societies, ha affermato che fino a quando i genitori si sentiranno in diritto di sculacciare i loro figli con l’avallo della legge non saranno incoraggiati a ricercare e usare altri metodi per insegnare loro la disciplina.
In Gran Bretagna, invece, è stato da poco bandito il principio vittoriano della cosiddetta “punizione ragionevole”. La Corte Europea per i diritti umani infatti è intervenuta criticando aspramente questo principio che consentiva ai genitori di alzare le mani sui figli senza fissare la soglia della “ragionevolezza”. Il governo Blair è corso ai ripari avanzando una proposta di legge, valida per ora come semplice raccomandazione, in base alla quale sarebbe vietato colpire i bambini con oggetti e mirare alla testa, alle orecchie e agli occhi.
E da noi? La scienza pedagogica sostiene che il mezzo coercitivo contrasta con le finalità educative, ma sostiene anche che si deve consentire al genitore l’uso del mezzo coercitivo là dove la persuasione e le caramelle non sortiscono alcun effetto. La Corte di Cassazione e la maggior parte dei giuristi propendono per la liceità e ammissibilità dell’uso della cosiddetta vis modica (violenza moderata, ad esempio, uno schiaffo) nell’educazione dei figli minori (è esclusa ogni forma di violenza correttiva con riguardo ai figli maggiorenni): si verificherà abuso ogni qualvolta il genitore ecceda nella quantità e/o qualità del mezzo correttivo. L’uso della “violenza” deve essere eccezionale e occasionale: diventerà abuso ogni qual volta dal mezzo di correzione derivi un pericolo di malattia nel corpo e nella mente. Il problema non si pone invece nel rapporto tra insegnanti e alunni: l’ordinamento scolastico, infatti, esclude espressamente la liceità dell’uso di mezzi di coercizione correttivi.
Tatuaggi con consenso
Piacciono ai giovanissimi, sono molto di moda ma non sempre sono legali. La Corte di Cassazione (sentenza n°45345 del 14/12/2005) ha infatti condannato per il reato di lesioni volontarie semplici l’esecutrice materiale del tatuaggio a danno di una minore torinese che le si era presentata senza il preventivo consenso di chi esercitava la potestà genitoriale. Nel caso in esame è emerso in corso di causa che la tatuatrice era al corrente della contrarietà dei genitori della ragazza. Nello specifico, la Corte afferma che “il tatuaggio aveva prodotto un’alterazione della funzione protettiva della cute comportante, per la sua eliminazione, la necessità di un intervento terapeutico, sia pure di modesta consistenza”. Il tatuaggio dunque è stato considerato una lesione, con alterazione funzionale della cute. I professionisti sono avvertiti: è meglio fare tatuaggi solo a minori accompagnati; nessun problema però se c’è il consenso dei genitori.