Il passaggio dalla scuola primaria alla secondaria di primo grado (o scuola media) è un evento inevitabile che sarà certamente diverso e unico per ciascun ragazzino o ragazzina. Tuttavia, forse, alcuni accorgimenti possono tornare utili per affrontare le sfide di crescita che il cambiamento porta con sé, per distinguere e mettere in connessione emozioni e pensieri dei genitori e dei figli e impostare al meglio la relazione con la nuova scuola. Ai genitori compete la responsabilità di esserci e sostenere i figli, psicologicamente e concretamente, nel modo giusto. Già, ma quale sarà il modo “giusto”? Ne abbiamo parlato con Beatrice Murgi, docente di matematica che lavora da oltre vent’anni nel mondo della scuola e con Federica Alladio, psicologa e psicoterapeuta.
Quali sono le novità della scuola media?
“L’aumento del numero dei docenti e delle materie con cui si confronteranno – risponde Beatrice Murgi -, il passaggio dal tu al lei nella relazione con gli insegnanti, la diminuzione del tempo dell’intervallo e anche la qualità della ricreazione. L’aumento dei compiti, che non vengono assegnati solo nel weekend, ma distribuiti lungo tutta la settimana”.
Quanta ansia percepisce, dottoressa Alladio, nell’approccio a una nuova scuola, sia essa elementare o media? “Tanta e fin dalla scelta dell’istituto. Con una differenza tra le piccole cittadine e i centri più grandi. Nelle località minori, la scuola media è una e non c’è scelta. Si va lì. Questo abbatte moltissimo le ansie e anche un altro fenomeno più tipico della città, da un lato comprensibile e dall’altro un po’ inquietante. Scegliere la scuola media diventa, in certe grandi città, quasi una scelta per il futuro del figlio: rappresenta la scelta di un ambiente sociale, di una scuola media che conduce a quel liceo o all’altro… Ecco, secondo me questo è un po’ intrusivo nella vita del figlio, e credo che dipenda da un’ansia di controllo, dal desiderio di cercare per nostro figlio l’ambiente perfetto, impermeabile a frustrazioni o problemi: un luogo che non esiste”.
Aumenta la severità?
“I docenti della scuola media potrebbero sembrare rigidi, all’inizio – afferma Beatrice Murgi -: sul modo di stare in classe dei bambini, sul rispetto degli orari, sulla richiesta di uno zaino ben fatto, con tutti i libri e i quaderni di tante materie. Lo siamo, in effetti, ma non perché siamo esageratamente severi. È necessario per far capire subito le regole del gioco, che sono quelle necessarie per poter lavorare bene insieme. Un piccolo, essenziale consiglio: dare anche a casa le stesse regole e buone abitudini. È importante che ciascuno diventi autonomo, gradualmente, con l’aiuto (ma non la sostituzione) dei genitori. Lo stesso vale per i compiti: vanno eseguiti dai ragazzi, con il supporto motivazionale di genitori e insegnanti”.
E quale atteggiamento può aiutare i bambini e le famiglie davanti a tanti cambiamenti? “L’atteggiamento secondo me più costruttivo e trasversale a tutti questi cambiamenti è avere fiducia. Fiducia nella nuova scuola, nei nuovi docenti, nella naturalezza di un processo da facilitare con piccoli accorgimenti. Il mio consiglio è quello di darsi tempo per conoscere la scuola e gli insegnanti, e darlo ai figli, senza mettersi sulla difensiva. La maggior parte dei docenti è lì per creare condizioni di apprendimento serene per i ragazzi”.
I genitori e la scuola media
Come impostare al meglio il rapporto con i docenti dei nostri figli? “Il mio suggerimento è uno: cercate di avere un rapporto diretto con l’insegnante e di rispettarne gli spazi di competenza. Domandate al docente, se non capite che cosa è successo in classe o nella relazione con il figlio o figlia, basta una richiesta di colloquio sul diario. Ma abbiate anche fiducia nel suo lavoro”.
Qual è il confine tra spronare il proprio figlio e l’ansia da eccellenza?
“È un confine da monitorare con attenzione e cura – dice Federica Alladio -, perché se si identifica un bambino (anche solo attraverso i messaggi che lui coglie dai nostri sguardi, commenti, domande) con i suoi voti, si rischia di creare in lui un sistema di significati che può mandarlo in cortocircuito. Forse la motivazione allo studio va coltivata in altro modo che non sia la conquista spasmodica di voti eccellenti”.
Più tempo seduti
Nei passaggi da una scuola all’altra diminuisce progressivamente la possibilità di muoversi, aumenta il tempo da passare seduti. E quello al cellulare… “Per quanto riguarda il movimento – continua Federica Alladio – bisognerebbe creare, per ogni bambino, il giusto canale di espressione per la sua energia fisica: non tutti hanno la stessa quantità di energia da esprimere. Per quanto riguarda il cellulare, non si fa ancora abbastanza attenzione a un uso controllato in termini di tempo e a una buona educazione alla navigazione e ai suoi rischi di incontri o situazioni online destabilizzanti o nocive. Ho avuto in cura ragazzine e ragazzini distrutti da commenti e insulti che sconosciuti o compagni di classe hanno fatto loro online, dove si erano esposti parlando di sé. Piuttosto, aiutiamoli un po’, con delicatezza, a creare occasioni d’incontro con i nuovi compagni di classe, senza però essere invadenti”.
Pomeriggi da soli
Come vede, professoressa Murgi, i pomeriggi dei giovanissimi di prima media, nelle scuole che non prevedono un rientro? “La maggior parte dei ragazzini non andrebbe lasciata sola a casa. Anche se ora sono un po’ più grandi, l’autonomia nei compiti non è ancora sviluppata e i pomeriggi sono lunghi da gestire da soli. I genitori, se vogliono, possono creare una buona rete tra famiglie, impostare una micro-società intorno alla classe, per aiutarsi a vicenda e poi fare affidamento sui laboratori pomeridiani. E, in caso di difficoltà economiche, provare sempre a farle presenti a scuola e vedere se si trova una soluzione”.
Come cambia il dialogo con i figli, in questa fase, dottoressa Alladio? “I genitori devono rispettare gli spazi di privacy dei figli. Diventare ossessivi nel voler sapere o farsi raccontare tutto non va bene. Altra cosa è invece mantenere il dialogo aperto, in termini di disponibilità all’ascolto, che è diverso dal voler “sapere tutto” della vita del figlio. E lasciar loro il tempo, comunicando speranza e sicurezza, di metabolizzare i passaggi di scuola e di crescita”.