La mensa di scuola nel post-lockdown perde di varietà e si appiattisce intorno a pasta e pizza: ecco i risultati dell’indagine di Foodinsider sui menù scolastici italiani.
La mensa scolastica è cambiata tanto in questi ultimi mesi. In tutto, dalla gestione e organizzazione degli spazi e degli orari (con un incremento preoccupante dei rifiuti) al menù settimanale. Secondo l’indagine “5° Rating dei menù scolastici e dell’indagine sulla mensa post lockdown”, realizzata da Foodinsider, osservatorio delle mense scolastiche, insieme a Slow Food Italia, la differenza pre e post lockdown a livello nutrizionale è evidente. La presentazione e la classifica sono pubblicati sul sito di Foodinsider.
La varietà del menù pre-lockdown
L’indagine ha analizzato una cinquantina di menù scolastici italiani, il 28% circa del totale. Fino al mese di febbraio, mese di sospensione delle scuole e del servizio di ristorazione, dallo studio emerge un moderato impegno per proporre menù sani e sostenibili. Nei piatti molti legumi, poca carne possa e diversi progetti per la promozione di una sana educazione alimentare e contro lo spreco. Ai primi posti della classifica, per qualità e varietà dei menù, troviamo Cremona, seguita da Fano, Jesi, Trento, Rimini, Bergamo e Mantova.
Ancora troppe proteine
Giudizio comunque negativo sulla mensa italiana da parte di Valter Longo e Franco Berrino, i due medici promotori dell’alimentazione sana e longeva. Troppe proteine, tanti prosciutti e carboidrati. “Pasta, lasagne, gnocchi e pizza tutti i giorni: questa dose di amidi, quindi di zuccheri, sicuramente aiuta i bambini italiani a essere tra coloro che hanno un record mondiale di sovrappeso e obesità”, commenta il prof. Longo intervistato da Foodinsider. Secondo i medici il rischio è che sia la mensa di scuola a contribuire all’obesità infantile invece di educare ad un’alimentazione sana. L’indicazione è puntare di più sulle proteine vegetali ed educare a un maggiore consumo di verdure.
Come cambia la mensa post-lockdown
Al ritorno a scuola le cose sono cambiate, e non in positivo sembrerebbe. Secondo quanto emerso dal rating, i menù e le ricette sono state semplificate, arrotondate intorno a paste in bianco, al pomodoro o al pesto e pizze. Rarissimi i brodi e le minestre; mentre le polpette diventano bocconcini. “La nostra indagine – ha commentato Claudia Paltrinieri, direttrice di Foodinsider- dimostra che più i cuochi sono formati e più è facile ‘curare’ l’alimentazione dei bambini, una tra le migliori armi che abbiamo per proteggere la salute dei nostri figli”.
Diventa evidente e prioritaria la necessità di promuovere una mensa varia e completa, “capace di fornire ai bambini tutti gli antiossidanti, i polifenoli e le vitamine che i cibi devono avere per alimentare il sistema immunitario”, ha ricordato Giulio Barocco, esperto di sicurezza alimentare e nutrizionale integrata in ristorazione collettiva. Non va dimenticato infatti che per un numero sempre più alto di bambini, la mensa è l’unico vero pasto della giornata.
Troppi sprechi a scuola
Ma non cambia solo il cibo dentro ai piatti in questo rientro ai banchi post lockdown. Le scuole si sono dovute riorganizzare quasi del tutto, cercando di evitare i contatti e l’interazione tra classi diverse. Nel refettorio si va a turni o addirittura si mangia in classe, proprio al banco dello studio e dei compiti. I pasti vengono consegnati in vassoietti già preparati e le stoviglie sono usa e getta quasi ovunque, rendendo preoccupante la produzione e gestione dei rifiuti, che oltrettutto hanno un costo importante per i Comuni, ambientale ma anche economico. Anche per l’acqua, la caraffa viene sostituita con le bottigliette di plastica, una per ciascuno. Venezia propone la soluzione più virtuosa, con i bambini che portano stoviglie e borraccia da casa, mentre la tovaglietta lavabile è fornita dal Comune. Di positivo (forse) c’è più silenzio mentre si mangia, sia in refettorio sia in classe.
“Si allarga la forbice tra chi dà un valore sociale ed educativo alla mensa e chi la considera una commodity”, si legge sul comunicato stampa. “Tra chi ritiene il mangiare a scuola sia uno strumento di ‘cura’ dei bambini e continua a cucinare, investendo sulle risorse umane, seppur con più difficoltà e maggiori costi, e chi privilegia i cibi ‘scarta e servi’ puntando all’efficienza del servizio”.