I nostri piccoli millennials, nati in un mondo dominato da matematica, ingegneria e programmazione, per sopravvivere (e, si spera, prosperare) hanno bisogno di qualità che non si imparano tradizionalmente a scuola. Hanno bisogno di autonomia di giudizio, creatività e spirito critico, per dirne tre di quelle importanti.
Serve loro una spinta per capire che possono trasformare smartphone e tablet da quei monoliti sacri che tutto sanno e tutto danno senza alcun limite (basta chiedere e il gioco è fatto) in strumenti, proprio come un martello o un mucchietto di mattoncini di plastica. Strumenti con cui costruire quello che si vuole, a misura delle proprie necessità e non degli obiettivi di fatturato dei produttori. Hanno bisogno, insomma, di imparare a programmare.
Una chiave d’accesso
La programmazione disegna una crepa nella retorica delle tavolette magiche chiamate smartphone e mostra (un po’ come farebbe una radiografia) i processi creativi e produttivi sottostanti. Non è solo la chiave d’accesso a professioni e carriere future, ma un carotaggio nelle professioni e nei processi produttivi del futuro. Indubbiamente bello e necessario. E per fortuna sono finiti i tempi dei manuali nati per farci soffrire. Le opportunità per imparare a programmare sono tante e tutte progettate per piacere ai bambini di oggi: libri, applicazioni, siti e (soprattutto) corsi di gruppo permettono di confrontarsi con altre ragazze e ragazzi, con una modalità collaborativa per lavorare insieme a chi ne sa di più.
Per farsi un’idea
Se non si sa da dove partire o non si abita in una grande città, il modo più semplice per avvicinarsi alla programmazione si chiama CoderDojo. Si tratta di gruppi di programmatori e formatori volontari nati proprio per avvicinare i bambini ai principiali linguaggi di programmazione come HTML, Javascript e CSS, creare piccoli videogiochi con Scratch e programmare hardware con Arduino. CoderDojo è un movimento aperto, libero, autogestito e totalmente gratuito organizzato in centinaia di club indipendenti sparsi in tutto il mondo. In Italia i dojo – questo il modo in cui i formatori chiamano i gruppi di lavoro che aderiscono – sono più di quaranta e perciò questa opzione, insieme alla gratuità e alla mancanza di un percorso obbligato da seguire, è la soluzione ideale se siete ancora in fase sperimentale e volete capire se i vostri figli potrebbero essere appassionati di ingegneria o di filosofia teoretica. Gli eventi (lo ripetiamo, del tutto gratuiti) organizzati nelle diverse città si trovano all’indirizzo www.coderdojoitalia.org.
Per i patiti del mattoncino
Si chiama Bricks4kidz ed è la strada perfetta se i vostri figli non fanno che circondarsi di secchi e cassetti pieni zeppi di mattoncini per le costruzioni di tutte le forme e tutti i colori. Sviluppato in Florida nel 2008 da un team di architetti e ingegneri, il metodo di Bricks4kidz ha dalla sua l’affiancamento continuo di pratica e teoria: i ragazzi, dai 3 ai 16 anni, assistono alle lezioni e subito dopo costruiscono modelli motorizzati utilizzando i kit forniti a ciascun iscritto. E per affiancarsi senza scossoni ai programmi scolastici, le lezioni non sono incentrate sulla programmazione, ma trattano ogni volta un argomento diverso preso direttamente dal programma scolastico, dalla geologia all’astrofisica. I corsi, in italiano o in inglese, sono attivi per ora a Milano e a Torino.
Per gli ingegneri nati
Avete notato che i vostri gli smontano volentieri i giocattoli per vedere come sono fatti dentro? I corsi di Coder Kids sono perfetti per loro. Qui si parte dalla curiosità di “vedere come funziona un computer” e com’è fatto dentro, con un approccio che
si chiama “reverse engineering”. Nei corsi di Coder Kids l’aria che si respira è quella di un team di sfasciacarrozze digitali votati alla conoscenza: si parte dall’oggetto fatto e finito e si va indietro per capire come funziona, i problemi che si incontrano si superano valutando insieme le strategie di soluzione. Individuata la migliore ci si mette all’opera e la programmazione viene inquadrata non solo per liberare la creatività, ma soprattutto come strumento per trovare una soluzione algoritmica a un problema, scomponendolo nei suoi passi più semplici e valutando la soluzione ottenuta. Coder Kids è a Milano e si rivolge a bambini delle scuole elementari e medie.
Per gli scienziati pazzi
Fablab for Kids è un programma di attività pensato apposta per i bambini e progettato da uno dei numerosi Fablab italiani, quello di Torino.
I maker che si ritrovano tra le pareti di un Fablab potrebbero essere definiti come l’incrocio perfetto tra lo scienziato pazzo e lo sperimentatore furioso: qui tutto è lecito, ma solo se serve a costruire macchine e marchingegni, il più possibile a partire da zero e personalizzati, magari anche inutili (ma chi se ne importa, se mi sono divertito e ho imparato una cosa in più). Certo, si usano anche nei Fablab i classici strumenti della programmazione per bambini, ma è un attimo e ci si ritrova – ovviamente sempre nella massima sicurezza – a saldare e usare il taglio laser per realizzare il prototipo del giocattolo che si è sempre desiderato, ma che nessun produttore ha mai realizzato. I percorsi dedicati alla programmazione usano il fai-da-te digitale come strumento principale di apprendimento, così si coniuga la parte più teorica davanti al computer con l’applicazione immediata. Ognuno al lavoro sul suo progetto individuale, partendo da zero, sotto la vigile supervisione di Pierluigi Vona, formatore e responsabile dei percorsi formativi.
Anche in altre città ci si muove con questo approccio. A Roma ci sono i laboratori di MiniMakers, un metodo didattico sviluppato dall’associazione di promozione sociale Officine Roma Makers, che usa le tecnologie dei Fablab per stimolare la creatività, il pensiero critico e il pensiero computazionale.
Per chi vuole andare all Università
Ovviamente in questa cavalcata non può mancare Codemotion Kids, una vera e propria accademia di coding, robotica, prototipazione elettronica e design.
Attivi a Roma, Milano, Torino e Modena, Codemotion Kids offre corsi didattici basati sull’uso cosciente delle tecnologie. Suddivisi in sessioni annuali, da ottobre a maggio, i percorsi possibili sono tre, di difficoltà crescente. Si comincia con i concetti base di logica e spazio e con i rudimenti di programmazione, proposti come attività ludiche e creative. Nel secondo percorso si approfondiscono i concetti appresi e ci si avvicina a tecnologie e a concetti di programmazione più complessi: variabili, condizioni, operatori logici. La terza tappa è la realizzazione di prototipi, progetti e app, fornendo soluzioni a problemi reali attraverso tecnologie integrate, affrontando linguaggi testuali e complessi concetti di programmazione. E come se questo non bastasse, il metodo educativo usato è quello del Creative Learning, sviluppato al MIT, il Massachusetts Institute of Technology, da Mitchel Resnick e dal suo team di ricercatori, un insieme di tecniche di apprendimento efficaci basate sulla passione, sulla collaborazione, sui progetti e soprattutto sul gioco, che si rivela uno dei momenti più intensi e ricchi per le esperienze di apprendimento. Dulcis in fundo, Codemotion Kids si trova a Milano, Torino, Roma, Catania.
Per chi vuole farlo in vacanza
Sempre con l’approccio del Creative Learning, ma ancora più complesso e maturo, c’è H-FARM, un progetto di educazione continua che non si limita a bambini e ragazzi, ma include professionisti e dirigenti d’azienda. Qui la formazione spazia dall’arte al design, dal management alla tecnologia. Si pratica in un ambiente immersivo, basato sull’esperenzialità e per la didattica si usano strumenti digitali innovativi. Il tutto in un vero e proprio campus all’americana immerso nella campagna tra Treviso e Venezia.
Per chi vuole giocare giocare giocare
Nel quartier generale di Mastercoder le parole d’ordine sono “divertirsi e pensare in digitale”. I corsi per bambini e ragazzi, dai 5 ai 17 anni, mettono al centro il gioco e più in generale l’aspetto ludico: si arriva a parlare di problem solving e più nello specifico di linguaggi di programmazione, ma sempre attraverso il gioco, considerato lo strumento più efficace per nutrire l’entusiasmo dei più piccoli e liberarsi della paura di non sapere (o non saper imparare) concetti nuovi e un po’ spaventosi, come la programmazione.
E per scaldare i motori a casa? Doc, Cubetto (e molti altri)
Belle queste scuole, ognuna con il suo approccio, ma non è detto che le troviamo proprio a due passi da casa. Anche chi vive fuori dalle grandi metropoli può avvicinarsi al pensiero scientifico.
Leggete, per cominciare, l’articolo sui giocattoli STEM che trovate qui. Vi accorgerete che è utile affiancare ai giocattoli più classici alcuni giochi finalizzati proprio all’apprendimento dei concetti chiave della programmazione. Ce ne sono tanti, anche di ottimo livello.
Qui segnaliamo due progetti molto diversi. Il primo gioco è rivolto ai bambini in età prescolare. Si chiama Cubetto ed è un robottino di legno, amichevole come un cubetto delle costruzioni. I bambini devono farlo muovere e arrivare a destinazione, dandogli dei comandi in sequenza proprio come faranno quando saranno un po’ più grandi e scriveranno le loro prime linee di codice. L’obiettivo di Cubetto è gettare le basi della programmazione passando attraverso l’immediatezza del movimento. Approvato dal metodo Montessori e ispirato al sistema della tartaruga del linguaggio LOGO, una volta padroneggiati i concetti di base si può andare avanti, acquistando tavole da gioco separate per dare al robot missioni specifiche o mettere in scena una storia.
Il secondo gioco è marchiato Clementoni, un grande classico del gioco educativo e si chiama Doc. Anche qui siamo davanti a un piccolo robot, ma a differenza di Cubetto ci muoviamo in un ambiente immaginario e fantascientifico. Il nostro Doc è un robot con sembianze robotiche e parla (mentre Cubetto sembra un pezzo delle costruzioni rimasto fuori dalla scatola, non parla ma emette suoni). Doc sa svolgere funzioni più avanzate e soprattutto, se avete a cuore la longevità dei giochi, più articolate, perché è progettato per accompagnare i bambini dai 5 agli 8 anni.