Responsabilità, senso di comunità e ospitalità sono alla base di un metodo di pedagogia attiva che sempre più scuole pubbliche in Italia stanno adottando
Programmi vecchi e poco flessibili, lenta risposta ai cambiamenti, edifici spesso poco adatti all’apprendimento: sono queste le critiche più frequenti che le famiglie italiane fanno alla scuola tradizionale.
Per stimolare un cambiamento di un sistema immobile da decenni, da diversi anni in Italia sempre più scuole pubbliche aderiscono al modello Senza Zaino, promosso dall’Associazione Senza Zaino nata a Lucca nel 2012, che si ispira all’eredità Montessori e ai metodi di pedagogia attiva di molti istituti scolastici nei paesi nordeuropei.
Oggi la Toscana è la regione con il maggior numero di scuole che aderiscono al progetto, ma gli istituti che offrono almeno una sezione senza zaino sono numerosissimi e il modello si sta diffondendo molto velocemente nelle regioni del Sud, in particolare in Puglia.
Ma di cosa si tratta e come si mette in pratica? Ne abbiamo parlato con la maestra Lucia, dell’Istituto Comprensivo Pertini di Torino.
Senza zaino: a scuola mani vuote?
In alcuni paesi europei come il Belgio, le scuole pubbliche che adottano il metodo della pedagogia attiva forniscono agli allievi tutti i materiali (penne, quaderni, colori e tutto il necessario) e permettono loro di andare a scuola solo con un piccolo zaino per la merenda, un portapenne vuoto e poco altro.
“La scuola oggi in Italia non può permettersi di fornire tutti i materiali”, spiega la maestra Lucia, “ma il metodo senza zaino prevede l’acquisto collettivo del materiale da parte delle famiglie a inizio anno. Decisamente più sostenibile per loro: ci siamo resi conto che così facendo si spende molto meno e spesso resta ancora materiale per l’anno successivo.
Ma non si tratta solo di un vantaggio economico: in questo modo portiamo avanti i valori di condivisione, responsabilità e sostenibilità. Se il materiale è di tutti, è più immediato educare a una gestione corretta e a evitare lo spreco”.
Pensando a “Senza zaino” viene in mente un bambino o una bambina che va a scuola senza cartella, senza libri o compiti a casa. È così?
“In realtà hanno una piccola cartella che acquistano il primo anno e dura i 5 anni, uguale per tutti, dove raccolgono il materiale e soprattutto ciò che devono portare a casa per esercitarsi o rivedere le attività svolte in classe.
Il termine ‘Senza Zaino’ è in qualche modo una provocazione: significa liberarsi da tutta una serie di ‘zavorre’ che appesantiscono l’esperienza scolastica, perché si tratta di un metodo didattico aperto e non settoriale. Inoltre, il fatto di lasciare a scuola il nostro materiale significa che l’ambiente in cui lavoriamo è ospitale, lo abbiamo organizzato noi e quello spazio ci appartiene”.
L’importanza dell’ambiente
Un ambiente ospitale quindi non è proprio in linea con l’organizzazione diffusa dei banchi fronte cattedra in cui si sta seduti 8 ore ad ascoltare l’insegnante ed eseguire esercizi.
Il modello di scuola Senza Zaino mette l’accento sull’organizzazione dell’ambiente formativo, partendo dal presupposto che dall’allestimento del setting educativo dipendono sia il modello pedagogico-didattico che si intende proporre e adottare, sia il modello relazionale che sta alla base dei rapporti tra gli attori scolastici. È l’esperienza scolastica nel suo complesso a essere formativa ed è quindi necessario progettare anche spazi adeguati.
“Rinnovare la didattica significa inevitabilmente ripensare gli spazi scolastici. Ed è questo l’aspetto che più spaventa i dirigenti. La classe Senza Zaino non ha banchi frontali, né cattedra. I banchi sono disposti a isole, si lavora in gruppi e a rotazione un gruppo lavora direttamente con l’insegnante.
I materiali sono a disposizione dei bambini che scelgono cosa utilizzare e sono responsabili dello spazio che condividono.
La mattina l’accoglienza avviene nell’agorà, uno spazio comodo, dotato di cuscini dove ci si mette comodi per iniziare bene la giornata. E, inutile dirlo, gli spazi scolastici all’aria aperta sono fondamentali, in quanto l’outdoor education e il movimento sono pilastri importanti di questo metodo”.
Compiti, studio, voti: cosa cambia?
Se Senza Zaino è sinonimo di “senza compiti”, questo metodo potrebbe creare una divisione netta tra i genitori convinti che i compiti siano indispensabili e quelli che invece li vivono come una piaga del weekend.
“In realtà Senza Zaino non significa per forza zero compiti: come nel metodo tradizionale ogni docente decide quanto lavoro i bambini debbano svolgere a casa.
In generale, però, tutti i docenti del Senza Zaino sono d’accordo nel fatto che alla scuola primaria i compiti a casa non debbano prendere troppo tempo, perché si lavora già tanto a scuola.
Il compito rappresenta più che altro una riflessione su ciò che è stato fatto nel corso della settimana e può essere personalizzato a seconda del percorso e dei tempi di ogni bambino. Si evita in ogni modo di dare da fare a casa ciò che non si ha avuto il tempo di finire a scuola, ed è importante che la famiglia non intervenga. Il compito non deve essere demotivante ma un veicolo per comprendere meglio e rafforzare ciò che si è appreso”.
Alcuni genitori che mostrano interesse verso il modello Senza Zaino hanno il timore che i propri figli non acquisiscano un metodo di studio adeguato per affrontare la scuola secondaria.
“In realtà si tratta di un’idea legata alla nostra passata esperienza scolastica ed è quello che facciamo più fatica a sradicare. Se partiamo del presupposto che le nozioni apprese a memoria servono a poco, ci rendiamo conto un metodo che propone di studiare insieme in classe, confrontarsi, riflettere, creare mappe concettuali e lavorare sull’esposizione orale non è meno vincente, anzi, è molto più solido del metodo tradizionale.
Studiare significa acquisire informazioni ma anche essere in grado di metterle insieme per attivare delle competenze – come ricercare una fonte, mettere in relazione, valutare in modo critico – che sono indispensabili per affrontare la scuola secondaria.
L’interrogazione alla primaria deve essere una restituzione, anche perché ci siamo resi conto che senza stress la prestazione finale è decisamente migliore.
In generale, quello che proponiamo a fine anno è una ‘valutazione mite’, in linea con il nuovo quadro ministeriale di valutazioni, che non misura e giudica la persona ma che fornisce un feedback sul lavoro svolto”.
Come nasce una sezione Senza zaino
Il percorso di adesione al modello SZ è articolato: prevede una prima manifestazione di interesse alla rete Senza Zaino da parte dell’istituto interessato, che a sua volta organizza un incontro informativo con il collegio docenti della scuola.
Una volta ricevuta la manifestazione di interesse, la Rete valuterà la presenza delle condizioni e motivazioni necessarie per far partire il progetto.
“Ovviamente è fondamentale che ci sia interesse da parte di un numero minimo di insegnanti, perché i dirigenti scolastici non possono imporre questo metodo. Una volta ricevute le adesioni è necessario che gli insegnanti seguano un corso di formazione.
La classe Senza Zaino prevede tanto lavoro di preparazione delle attività da parte dei docenti: è un metodo complesso che fa leva sull’approccio multidisciplinare e ogni lezione deve essere preparata con cura”.
Una lunga preparazione e un lavoro di programmazione a volte gravoso, ma che porta tante soddisfazioni.
“Il modello Senza Zaino crea comunità scolastica coinvolgendo le famiglie. I nostri allievi sono entusiasti e anche i genitori, che si sentono coinvolti nel processo di apprendimento: si dà molta importanza all’aspetto emotivo e relazionale che a mio parere è fondamentale nell’ambiente scolastico. Proviamo a mettere in pratica gli studi recenti sui fattori che migliorano l’apprendimento: un sapere pratico e attivo che si basa sullo svolgimento di compiti ‘autentici’, in cui lo studente è protagonista nella gestione della giornata scolastica.
L’aggiornamento continuo e i percorsi personalizzati rendono questo modello inclusivo non solo sulla carta, ma nella realtà. E i tre valori fondamentali su cui si basa questo modello, ovvero l’ospitalità, il senso di comunità e la responsabilità, diventano concreti e visibili”.
Per approfondire:
A Torino, nel quartiere di San Salvario, il comitato Crescere Felici organizza eventi informativi per parlare di scuola e promuovere l’apertura di nuove sezioni che seguono il metodo Senza Zaino