Silvia Salis, una campionessa contro gli stereotipi

da | 4 Mar, 2022 | Lifestyle

Dal lancio del martello alla politica sportiva: sì, si può

“Sapevo di avere una storia da raccontare. Il fatto che a tre anni io mi sia trasferita in un campo sportivo determinata a fare quello che volevo, ho capito a posteriori, è una storia e un esempio che volevo raccontare”. Sono le parole di Silvia Salis, atleta olimpionica specializzata nel lancio del martello e ora vicepresidente del Comitato Olimpico Nazionale, il CONI.

È fresco di pubblicazione il suo primo libro, “La bambina piú forte del mondo”, edito da Salani. Una storia di coraggio e determinazione, il manifesto sulla parità di genere nello sport, un romanzo che cerca di abbattere gli stereo-tipi. Il messaggio è chiaro: non esistono cose “da maschi” e cose “da femmine”, nella vita come nello sport.

Silvia Salis è la testimone di quanto sia vero e possibile, lei che è riuscita a realizzarsi e ad arrivare prima in due ambienti, come quelli del lancio del martello e della politica sportiva, preminentemente maschili.

Mi si rovina la bambina

A soli tre anni Stella, la protagonista del romanzo, è inarrestabile: esile e determinata, mingherlina ma potente e decisa. Il suo regno è il campo sportivo di Villa Gentile. Di questo luogo conosciuto e familiare c’è una cosa che la attrae: la gigantesca gabbia al centro del prato, nella quale ogni giorno vede atleti piroettare come in una danza con pesanti sfere d’acciaio che scagliano lontano lontano. Diventare una martellista provetta è il suo obiettivo. Peccato che l’allenatore non sia d’accordo: il lancio del martello è uno sport da maschi, dice. “Gli stereotipi nello sport esistono ancora, come nella vita. A volte sento dei genitori, anche di una certa cultura e preparazione, lamentarsi del fatto che la figlia femmina voglia fare karate o magari pugilato. Sono preoccupati che la bambina ‘si rovini’. Rovini cosa non si sa”, commenta Silvia sorridendo.

A partire dalla famiglia

L’approccio della famiglia alla questione di genere e a tutti gli stereotipi che nascono intorno è determinante. “Ho sempre avuto l’appoggio dei miei genitori, così come la protagonista del libro. Non mi sono mai sentita dire: devi stare composta perché sei una femmina, oppure non puoi fare quello perché sei una bambina”. L’appoggio dei genitori è importante, soprattutto quando si è piccoli. “Le battute e gli sguardi sospetti ci sono, li ho sentiti e li sento ancora oggi, ma cambia la risposta e la sensibilità a quelle occhiate. Più si è determinate e consapevoli, meno le parole feriscono”. Questa determinazione si acquisisce nel tempo e solo se si cresce in un ambiente davvero sano, libero e senza giudizio, prima di tutto all’interno di casa propria.

La parità in ogni scelta

Silvia Salis ha iniziato a praticare atletica leggera quando aveva otto anni, specializzandosi nel salto in lungo. Poi l’amore per il lancio del martello ha preso il sopravvento ed è a questa disciplina che Silvia ha dedicato tutta la sua carriera sportiva, fatta di quindici anni di successi e due Olimpiadi. Oggi è vicepresidente del CONI, prima donna a ricoprire questo ruolo. “Sempre, a ogni evento, cerco di essere presente perché è molto importante per me dare l’esempio e portare la mia testimonianza”.

Nella politica sportiva si fa qualcosa di concreto per la parità di genere? “Cerchiamo di applicare l’uguaglianza in ogni decisione. Qualche anno fa ci siamo impegnati per il riconoscimento della maternità per le atlete dei gruppi sportivi non militari, che nel periodo di gravidanza e puerperio non possono gareggiare. Lo abbiamo ottenuto nel 2018 ed è stato un piccolo, grande risultato”.

Liberi/e

A chi è consigliata la lettura del libro di Silvia Salis? “Ai bambini e alle bambine, perché sappiano che possono scegliere e che già prima di loro c’è stato chi ha scelto di fare cose al di fuori degli stereotipi, riuscendo con successo. Lo consiglio ai genitori perché sappiano quanto può essere forte la determinazione di una bambina e quanto può essere doloroso e frustrante non essere riconosciute per quello che realmente si è e desidera”. L’invito, urlato con la forza di chi lancia un martello lontano, è quello di essere liberi, di seguire le proprie aspirazioni, qualunque esse siano. Di superare le etichette. Come educatori, genitori o insegnanti, possiamo proporre senza condizionamento. Ai genitori? “Di capire davvero chi hanno di fronte, al di là delle proprie aspettative. E di sostenerle, con amore”.

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