Cosa sono il bullismo e il cyberbullismo? E come difendere i nostri figli quando si pensa che ne siano vittime? Lo abbiamo chiesto all’avvocato Simona Lioi dello studio legale Lioi di Firenze, che ci ha spiegato gli strumenti e i meccanismi di difesa stabiliti dalla nuova legge 71 del 29 maggio 2017.
Avvocato, come viene definito il bullismo? “Il bullismo – risponde Simona Lioi – è l’insieme di quelle azioni di sistematica prevaricazione e sopruso messe in atto deliberatamente da parte di un bambino o adolescente o da parte di un gruppo di questi nei confronti di un altro bambino o adolescente percepito come più debole”.
Il cyberbullismo invece è definito come il bullismo attuato attraverso gli smartphone, i tablet, Internet, la posta elettronica, i social network e i blog a cui i nostri ragazzi hanno accesso a un’età sempre minore e in una percentuale di diffusione ormai elevatissima.
“Nel cyberbullismo rientra qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica, diffusione di contenuti on-line che possono avere come oggetto anche uno o più componenti della famiglia del minore. Lo scopo intenzionale e predominante di questi atti è isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso o la loro messa in ridicolo.
Il confine tra scherzo e bullismo
Nel quotidiano rispetto ai nostri figli, noi adulti incontriamo spesso la difficoltà di riconoscere il confine tra lo scherzo (o il conflitto tra coetanei) rispetto a una condotta ben più grave e ripetuta. Anzi i più razionali tra noi adulti trattengono il naturale istinto di protezione e di intervento affinché i nostri figli imparino, anche da esperienze negative, a gestire e affrontare il rapporto con gli altri con crescente autonomia come rafforzamento della propria autostima.
E’ il caso di non sottovalutare gli episodi?
“Ricordiamo che lo scherzo è tale solo se diverte tutti insieme . risponde Simona Lioi – senza ferire l’altro. Ugualmente, un conflitto o un litigio fra coetanei è tale quando resta episodico. Viceversa, si sfocia nel bullismo quando gli atti di prepotenza, le molestie o le aggressioni sono intenzionali, sono messe in atto per provocare un danno alla vittima o per divertimento egoistico; ogni volta che c’è persistenza nel tempo, per settimane, mesi o anni; ogni volta che c’è asimmetria nella relazione e cioè uno squilibrio di potere tra chi compie l’azione e chi la subisce per ragioni di età, di forza, di genere o per la popolarità che il bullo ha nel gruppo di suoi coetanei; soprattutto ogni volta che la vittima non è in grado di difendersi, è isolata, ha paura di denunciare gli episodi di bullismo perché teme vendette o teme di non essere creduto nemmeno dagli adulti. Inoltre è bullismo tanto l’aggressione diretta che comprende attacchi fisici o verbali espliciti nei confronti della vittima, quanto l’aggressione indiretta, che danneggia la vittima nelle sue relazioni con le altre persone, attraverso atti come l’esclusione dal gruppo dei pari, l’isolamento, la diffusione di pettegolezzi e calunnie, il danneggiamento dei rapporti di amicizia”.
C’è modo di difendersi?
A partire dal 18 giugno 2017 è entrata in vigore la Legge 29 maggio 2017 n. 71 a tutela dei minori per la prevenzione e il contrasto del fenomeno del cyberbullismo. “La nuova legge prevede che nelle scuole debba essere presente un referente che, insieme al Dirigente scolastico e al Ministero dell’Istruzione, abbia il compito di predisporre linee di prevenzione e contrasto del fenomeno, formare il personale sul tema, attivare iniziative in collaborazione con la Polizia postale e associazioni territoriali. Il Dirigente scolastico che viene a conoscenza di atti di bullismo e cyberbullismo deve informare tempestivamente gli adulti responsabili di tutti i minori coinvolti che agiscono, che subiscono, che assistono o partecipano indirettamente”.
A scuola e altrove, nel caso in cui il fatto costituisca reato, devono essere informate le forze dell’ordine.
Se sono state diffuse immagini o notizie in rete, c’è modo di fermarle?
“Ogni minore con più di 14 anni – dice Simona Lioi – oppure l’adulto che ne è responsabile, può inoltrare un’istanza per l’oscuramento, la rimozione o il blocco di qualsiasi altro dato personale del minore diffuso in rete. L’istanza va inoltrata al titolare del trattamento dei dati o al gestore del sito Internet o del social media (ossia chi cura la gestione dei contenuti). Se non si interviene entro le prime 48 ore, l’istanza va inoltrata al Garante della Privacy, che interviene entro le successive 48 ore”.
Che cosa rischia il bullo?
Se la vittima o l’adulto non ritengono necessario presentare una denuncia o proporre una querela, al cyberbullismo è estesa attualmente una procedura di ammonimento da parte del Questore. E’ lo stesso ammonimento previsto in materia di stalking (articolo 612-bis del codice penale). Secondo la procedura, il Questore convoca il minore accusato di bullismo, che deve essere accompagnato almeno da un adulto per lui responsabile”.