Come chiedere e ottenere l’orario ridotto? Il Jobs Act ha stabilito che lavorare part time è un diritto per i neogenitori, tuttavia conta anche la consizione dell’azienda
Succede spesso, in maternità o paternità, di sognare il part time. Ma ci spetta? Possiamo chiederlo? E cosa comporta ai fini del rapporto di lavoro o della pensione? Prima di tutto bisogna conoscere cosa dice la legge più aggiornata a riguardo. Poi non dimentichiamo che in queste decisioni entrano in gioco molte dinamiche. Non è solo la legge a definire se è possibile ridurre l’orario di lavoro, perché nel processo di decisione rientrano anche l’azienda e le persone con cui abbiamo a che fare.
Cosa significa part time
“Lavorare part time – spiega Silvia Santilli, avvocato – significa lavorare per un orario settimanale inferiore alle 38 o 40 ore. Questo è l’orario che corrisponde al tempo pieno. In genere il part time viene organizzato secondo tre modalità. Orizzontale, quando si lavora ogni giorno della settimana per un numero ridotto di ore. Verticale, quando si lavora a tempo pieno solo per alcuni giorni della settimana (ma anche del mese o addirittura dell’anno), come nei lavori stagionali o nel turismo. Infine c’è il part time misto, una combinazione di orizzontale e verticale. Questa modalità prevede un lavoro di otto ore al giorno per sei mesi. Pensiamo per esempio a un’azienda che opera nella produzione di panettoni”.
Il riferimento normativo è il Jobs Act
Il lavoro part time è stato disciplinato per la prima volta in Italia negli anni ’80. Attualmente la norma fondamentale di riferimento è il Jobs Act, cioè il decreto legislativo 81-2015. “Oltre alla legge – specifica l’avvocato Santilli – occorre fare riferimento a quanto previsto dai contratti collettivi di lavoro del settore in cui si lavora. Sono i contratti collettivi a stabilire qual è il numero minimo di ore previsto per un lavoro part time (solitamente 16 settimanali) e la loro articolazione concreta nella settimana, nel mese o nell’anno”.
Al part time si applicano le stesse regole del lavoro a tempo pieno. Lo stipendio e i contributi previdenziali sono, ovviamente, proporzionati alla quantità di ore lavorate. La paga oraria è la medesima di un lavoratore a tempo pieno e si mantengono il diritto a ferie, permessi, malattia, infortunio, maternità e tutti i diritti sindacali.
Insomma, chi lavora part time non deve subire discriminazioni rispetto a un lavoratore a tempo pieno. Il JObs Act lo ha stabilito in modo chiaro ed espresso nell’articolo 7. In caso di perdita del lavoro, si avrà diritto alla indennità di disoccupazione esattamente come è previsto per chi lavora full time.
Da full time a part time, è possibile?
“I lavoratori full time possono chiedere un part time, ma l’azienda non è obbligata a concederlo. La legge infatti prevede che il rapporto di lavoro possa essere trasformato da tempo pieno a tempo parziale (e viceversa) in qualsiasi momento, ma è necessario che ci sia l’accordo di entrambi, lavoratore e datore di lavoro.
Il lavoratore non può pretendere il part time. Nemmeno l’azienda, a sua volta, lo può imporre. Non si può essere licenziati per aver rifiutato un part time.
“Se un datore di lavoro decide di assumere personale part time – dice Silvia Santilli – prima è tenuto a darne comunicazione a chi già lavora full time. In questo modo, eventuali domande di trasformazione del rapporto di lavoro saranno prese in considerazione. Una sorta di diritto di precedenza”.
Cosa cambia per i neogenitori?
“Il Jobs Act ha introdotto importanti novità per i neogenitori. Oggi è possibile chiedere la sostituzione del congedo parentale e trasformare il rapporto di lavoro a tempo pieno in part time. La trasformazione vale per un periodo corrispondente a quello dell’aspettativa spettante e il datore di lavoro è tenuto a concedere la trasformazione entro quindici giorni dalla richiesta”.
La richiesta di trasformazione del congedo parentale può essere fatta una sola volta e per un periodo di massimo sei mesi. La riduzione d’orario non può mai superare il limite del 50%, anche se alcuni contratti collettivi prevedono delle discipline specifiche e migliorative. Per esempio, nel contratto del commercio le aziende sono obbligate ad accogliere le richieste di trasformazione temporanea del rapporto di lavoro da tempo pieno a part time, fino al massimo del 3% di tutti i lavoratori dell’azienda.
Nel caso di aziende da 20 a 33 dipendenti non ci possono essere più di un part time post-maternità, per tutelare le esigenze lavorative e di gestione. In caso di più domande, il datore di lavoro dà priorità alle domande presentate prima. La richiesta di passaggio a part time per maternità deve essere presentata con un preavviso di 60 giorni e deve indicare il periodo per il quale si richiede la riduzione dell’orario di lavoro.
Inoltre, in tutti i settori, chi ha un figlio di età fino a tredici anni (o disabile o affetto da patologie gravi) ha la priorità nel caso in cui l’azienda voglia proporre ad alcuni dipendenti una trasformazione da full time a part time.
Procedure formali per la richiesta
La procedura formale del passaggio al part time prevede che il contratto di lavoro sia scritto e contenga l’indicazione precisa della durata della prestazione lavorativa, oltre alla collocazione. Il lavoratore infatti ha diritto di sapere esattamente quando e per quanto tempo è a disposizione del datore di lavoro.
È possibile, infine, se lo si vuole, svolgere due lavori part time.
Qualche accorgimento
In sintesi, il part time si richiede al datore di lavoro, che valuta se accettare o meno, facendo considerazioni di ordine economico, ma anche organizzativo. E’ buona norma, se si sta valutando di procedere con una richiesta fare una valutazione autonoma di alcune condizioni generali. Per esempio: quali condizioni sta vivendo l’azienda? Il part time potrebbe essere un vantaggio o un problema? Ci sono altre persone che hanno fatto o stanno facendo la stessa richiesta? Possiamo essere sostituiti con (relativa) facilità? Quali conseguenze può avere per i nostri colleghi il part time?
È utile pensare, per quanto possibile, anche a una prospettiva temporale più ampia. Se nel futuro vorremmo tornare al tempo pieno, sarà facile, difficile, impossibile? È una scelta che può avere influenze nel raggiungimento dei nostri obiettivi professionali?
Una riflessione di questo tipo ci aiuta anche nel formulare la richiesta di lavorare part time in maniera più trasparente e autentica. Offrire al datore di lavoro un quadro delle nostre motivazioni, valutate in un sistema più ampio e tenendo presenti le necessità dell’organizzazione di cui si fa parte, non può che favorire la comprensione e la collaborazione reciproca.