Siamo abituati a riunire i rapporti familiari nel più ampio genere dei “parenti” e spesso lì ci fermiamo, senza stare a sottilizzare troppo. Il figlio della cugina è nostro nipote, la cugina della mamma è zia. Tutto è corretto nella misura in cui il rapporto è legato all’affetto e alla vicinanza, ma non sareste curiosi di sapere cosa dice la legge?
Perché, prima o poi, la maestra darà come compito la costruzione dell’albero genealogico della famiglia (capita a tutti!) e – se non l’avete ancora fatto – leggendo questo articolo sarete preparati.
Parenti e affini, in linea retta e collaterale
La legge distingue e disciplina tre tipi di vincoli: il rapporto di coniugio, che lega marito e moglie; il rapporto di parentela, che lega le persone che hanno un ascendente comune (i cugini, per esempio, che hanno gli stessi nonni) e il rapporto di affinità, che lega un coniuge ai parenti dell’altro coniuge (di affinità è il rapporto che lega la nuora ai suoceri).
Nell’ambito della parentela si distingue ancora tra parenti in linea retta, quando le persone discendono l’una dall’altra (per esempio, il nonno, il padre, i figli) e parenti in linea collaterale, quando due persone hanno un ascendente comune ma non discendono l’una dall’altra (tipico è il caso di due fratelli che hanno i genitori in comune ma non discendono l’uno dall’altro).
Lo stesso discorso vale per l’affinità: il suocero è affine alla nuora in linea retta (è infatti padre di suo marito e, in quanto tale, parente del medesimo) mentre la cognata è affine in linea collaterale al marito della sorella (si fa complicato, vero?).
Il calcolo dei gradi di parentela
Per quanto riguarda il calcolo ( o computo) dei gradi della parentela, la procedura è questa. Si contano le generazioni che separano un soggetto dall’altro. Madre e figlia sono parenti di primo grado: nella linea retta infatti si calcolano tanti gradi quante sono le generazioni tralasciando l’ascendente comune. Nonno e nipote? Parenti di secondo grado!
Nella linea collaterale, invece, i gradi si calcolano risalendo generazione per generazione fino all’ascendente comune e ridiscendendo poi fino all’ultimo parente, sempre escludendo l’avo comune.
Normalmente, la legge riconosce valore (e quindi ricollega diritti e doveri) ai parenti fino al sesto grado.