Saper esprimere la propria opinione in modo autentico è un talento da coltivare fin da piccoli: ecco perché è importante allenarci al pensiero critico
Di Daniela Giambrone
Sapere distinguere il vero dal falso, formarsi un’opinione personale, non farsi condizionare dall’esterno, esprimere noi stessi in modo autentico: sono modalità del pensare importanti, che si possono imparare. In particolare, impararle quando si è ancora piccoli può rivelarsi molto utile, perché poi, proprio come capita con uno sport o con una passione artistica, la pratica costante nel tempo le trasforma in nutrimenti costitutivi della persona.
Educare alla curiosità, all’interazione, al porsi domande e al non accontentarsi di verità calate dall’alto è ciò che si propone l’applicazione del pensiero critico (critical thinking), definito dal filosofo americano Robert H. Ennis come un pensiero “ragionevole e riflessivo focalizzato a decidere cosa fare o cosa credere”.
La ricerca della verità
Un approccio che nei tempi in cui viviamo si dimostra quanto mai indispensabile. Ne parliamo con Fulvia Richiardone, fondatrice dell’associazione PenSiamo, il cui scopo è proprio quello di insegnare il pensiero critico alle nuove generazioni attraverso la collaborazione con le scuole.
“Il pensiero critico – spiega Fulvia – è un pensiero libero da pregiudizi e che applica la logica, ma non solo. Il pensatore critico è attento, evita l’impulsività nelle sue dichiarazioni, è riflessivo, è chiaro nel suo modo di esprimersi. Non ha paura di vedere le sue tesi confutate, anzi, è proprio nel confronto con opinioni contrastanti che trova spazio per esprimersi, ogni opinione divergente potrà sempre aiutarlo a capire meglio. Per questo crede in un processo di apprendimento che dura tutta la vita”.
Con un obiettivo costante, “cercare la verità, che ovviamente non è intesa in termini assoluti bensì nell’ottica di prendere una posizione il più possibile vicina alla verità, sempre da mettere in discussione”.
Stimolare il pensiero critico
“Se gli studenti potessero sentirsi protagonisti, pensando, esprimendo le loro opinioni, applicando ciò che studiano nella vita quotidiana, lo studio sarebbe interessante per tutti – afferma Fulvia -.
Il confronto reciproco delle idee in classe permette agli studenti di sviluppare vere e proprie intuizioni. Il risultato è vedere gli occhi dei ragazzi che si accendono, osservare che si emozionano per ciò che stanno scoprendo, che arrivano insieme dove non sarebbero arrivati da soli, che si abituano al rispetto per le diverse idee altrui”.
E sarebbe così bello se questo succedesse in tutte le classi, a ogni età! Nel frattempo, cosa si può fare in casa per stimolare il pensiero critico?
“I genitori possono fare esattamente quello che possono fare gli insegnanti a scuola: lasciare i bambini liberi di pensare ed esprimere le proprie idee. Porre loro domande sulle idee espresse per capire bene di cosa si tratta, abituare il bambino a cercare dentro di sé le risposte che saranno poi da condividere insieme.
Perché la pensi così
Sospendere il giudizio e attivare la ricerca, ovvero non essere giudicanti bensì esploratori della mente del bambino. Possiamo chiedere ad esempio: ‘perché la pensi così? Cosa ti ha fatto venire in mente questa idea? Dimmi se ho capito bene? Che cosa intendi per, fammi un esempio?’.
Dobbiamo poi aspettarci che ci porranno le stesse domande a cui dovremo rispondere con argomentazioni ben motivate. Fondamentale è non aspettarsi che ci sia un’unica risposta giusta, per quanto allarmante un simile pensiero possa sembrare.
Allenare il pensiero a questa modalità fin da molto piccoli permette ai “bambini di abituarsi a essere ascoltati e sentirsi liberi di esprimere le proprie idee, anche se diverse da quelle dei genitori, purché sappiano argomentarle e fondarle su valori condivisi.
In questo modo diamo loro il potere di scoprirsi, esprimersi e realizzarsi nella vita”.
In continua ricerca insieme, genitori e figli
Imparare il pensiero critico è un processo che implica una continua evoluzione, dei bambini come anche degli adulti.
Come nota Fulvia, “noi genitori impariamo ogni giorno, facciamo molti errori, ma il punto non è non fare errori, il punto è commetterli e imparare dagli errori, quindi non ripeterli.
Come diceva Socrate, la conoscenza è una continua ricerca. Quindi più ricerchiamo, più impariamo e miglioriamo il nostro essere genitori. Se invece pensiamo che siamo noi i grandi e i bambini devono obbedirci, non siamo sulla buona strada.
L’obbedienza dura il tempo in cui dura l’esercizio dell’autorità, finita la quale potremmo ottenere obbedienza basata sui sensi di colpa dei figli. Ma non è questo che aiuta i bambini, ciò che davvero li aiuta è sentirsi liberi di crescere e di scoprirsi, vederci come punti di riferimento e alleati autorevoli, non autoritari.
Per questo dobbiamo essere pronti a metterci in discussione con i nostri figli. Il messaggio per il bambino è: ‘mamma e papà non sono infallibili, ma cercano di fare il meglio che possono, a volte sbagliano ma imparano dai loro errori e questo è quello che posso fare anch’io’.
“Seminate nei bambini buone idee, perché se oggi non le comprendono, un giorno si preoccuperanno di fare fiorire” (M.Montessori)