Cosa accade quando un bambino entra in contatto per la prima volta con la disabilità? Le parole giuste per affrontare una relazione che ha bisogno di accoglienza reciproca
Presto o tardi, a scuola o in famiglia, ogni bambino si trova a relazionarsi con la disabilità, fisica o cognitiva, di un compagno di classe o un conoscente.
Si tratta di una situazione in cui è giusto lasciare spazio a domande ed emozioni, un’occasione utile di confronto che lascia spazio alla riflessione circa l’approccio che ognuno di noi ha davanti alla diversità.
La disabilità non è un tabù
Quando ci si trova davanti a ciò che non si conosce, parlarne è il punto di partenza.
Non bisogna cambiare discorso o far finta di non vedere: il rischio è quello di passare il messaggio che vede la disabilità come un tabù o qualcosa di cui vergognarsi.
A un primo impatto i bambini notano le differenze molto meno di quanto pensiamo.
Nella maggior parte dei casi vedono la persona disabile molto simile a loro, ma chiedono semplicemente la spiegazione di un certo comportamento o di una disabilità motoria evidente.
Non si tratta di un giudizio, ma di normale curiosità. Il nostro ruolo è di capire come vivere l’esperienza nel modo più positivo e costruttivo possibile.
Sono proprio i dubbi e le domande dei piccoli a condurre noi adulti verso una spiegazione comprensibile e naturale, ovviamente usando una terminologia rispettosa. Il bambino pone le domande solo quando si sente pronto per capire: è bene lasciare tutto lo spazio necessario ai perché.
Le caratteristiche speciali
Una persona non è la sua disabilità: ha tante altre caratteristiche. Alcune sono simili alle nostre, altre differenti, ed è importante imparare ad accettarle. Questo atteggiamento è l’arma migliore per prevenire ogni forma di bullismo. Valorizzare le differenze è l’insegnamento più importante, non solo quando si parla di disabilità.
Per aiutare i piccoli a capire le disabilità, sono tanti le insegnanti che leggono in classe Il pentolino di Antonino. E’ la storia di un bambino che si deve sempre portare dietro un ingombrante pentolino che gli impedisce di fare tante cose. Ma arriverà il giorno in cui sarà proprio quell’aggeggio a diventare la sua risorsa e a creare un ponte tra lui e gli altri.
Non è sempre facile
Integrazione è una bella parola ma non è scontata: non è sempre semplice costruire la relazione tra bambini, soprattutto quando si è di fronte a disabilità gravi. In questi casi il lavoro dell’adulto è fondamentale:
“I bimbi sono in genere ben predisposti all’accoglienza, se messi nelle condizioni giuste – spiega Francesca Mogno, educatrice e insegnante – ma non possiamo negare che non ci siano delle criticità.
Come educatori dobbiamo mettere in luce eventuali difficoltà di integrazione da entrambe le parti, e cercare insieme ai bambini sia caratteristiche comuni che diversità, facendolo nel modo corretto.
Davanti a un compagno di classe con grave ritardo cognitivo può capitare all’inizio che i bambini abbiano paura, perché magari il bambino in questione è solito cercare continuamente contatto fisico con loro anche in maniera insistente.
In quei casi è necessario lavorare molto su una dote che i piccoli hanno e possono ulteriormente sviluppare: la tolleranza.
Per un primo avvicinamento, cerchiamo insieme attività che richiedono le stesse capacità per tutti, come il gioco della palla, la manipolazione o la pittura.
Il gioco è una grande forma di inclusione, soprattutto se porta i bambini a collaborare tra loro. A scuola è compito degli insegnanti fare un buon lavoro in questa direzione, ma anche il confronto con i genitori su questo argomento ha un ruolo fondamentale.
Se questo confronto non esiste, il bambino rischia di seguire il giudizio negativo di un altro compagno”.
Coltivare l’empatia
Esistono giochi che aiutano e generare empatia, efficaci specialmente verso le disabilità fisiche.
“Con i bambini con l’apparecchio acustico, ad esempio, non bisogna fare troppo rumore in classe perché è per loro un enorme fastidio – spiega Francesca -, ma non è facile imporre il bisbiglio generale. A volte basta un semplice gioco di ruolo in cui ci si mette nelle condizioni del compagno di classe: ‘sentire’ come vive e cosa prova crea un sentimento tale che spesso vediamo un cambiamento quasi immediato del comportamento collettivo. Ovviamente è più semplice da far provare quando si tratta di disabilità fisiche, più difficile con quelle che invece ‘non si vedono’, molto più ardue da spiegare.
Un altro metodo che ci aiuta ad avvicinare allievi con diverse capacità è quello che utilizza la CAA – la comunicazione aumentativa e alternativa.
Si tratta di una strategia per semplificare e incrementare la comunicazione per chi ha difficoltà a usare alcuni dei canali comunicativi comuni, come il linguaggio orale. Grazie ai simboli, riusciamo a organizzare le letture tutti insieme”.
Normalizzare le diversità
Uno degli ostacoli più difficili da spiegare anche ai bambini più tolleranti è il senso di ingiustizia. “Perché al mio compagno è concesso di alzarsi sempre e a me no? Perché può buttare tutto in aria quando vuole?”.
“In questo caso genitori e insegnanti devono fare leva su quelle che sono le difficoltà di quel bambino in particolare e gli esempi pratici funzionano sempre – suggerisce Francesca -.
Spiegare che tutti facciamo fatica a fare alcune cose, far capire che a quel bambino risulta tanto difficile far fronte a una tale situazione, e che alcuni hanno bisogno di più tempo per imparare rispetto ad altri.
Quello che conta è affrontare il tema in maniera positiva e tranquilla, perché tutti comprendano che le diversità esistono, e la loro esistenza è una cosa una cosa ‘normale’”.
La diversità nei libri
Oltre al bellissimo libro Il pentolino di Antonino, per i piccoli consigliamo i racconti dell’elefante colorato Elmer, che aiutano a riflettere e ad affrontare il tema della differenze.
Adatta a tutti, Nel paese delle pulcette è una favola geniale in grado di catturare l’interesse di ogni bambino su temi come la differenza e la tolleranza.
Per approfondire le tante facce della diversità, c’è una lettura preziosa suggerita in tante scuole: è Diverso come Uguale, l’album illustrato di Luana Vergari che più di ogni altro riesce a contestualizzare la disabilità.
Infine, I cinque malfatti per affrontare tutto con un tocco di giusta ironia: una storia i cui protagonisti, di fronte alle critiche saccenti del perfetto, si compattano e illustrano con orgoglio quanto di positivo ci sia in realtà nel loro difetto.