Lo sport ci piace misto e rigorosamente inclusivo

da | 2 Mag, 2018 | Lifestyle

Ping pong per non vedenti, pallavolo in carrozzina, tchoukball, eventi sportivi antiomofobia. Alla polisportiva Bugs di Bologna lo sport piace misto e rigorosamente inclusivo.
Le formazioni dell’associazione sportiva sono un inno alle diversità, un sorprendente mix di ragazzi e ragazze, giovani e meno giovani, chi con difficoltà dal punto di vista fisico-atletico e chi no. Come mai un’impostazione così “anarchica”?

Sport inclusivo contro la discriminazione

Paolo Zagatti, presidente di Bugs, risponde con un esempio: “Spesso ci sono limiti fisici che non permettono di accedere allo sport. La nostra squadra di tchoukball è in serie B e il regolamento prevede una divisa uguale per tutti. Un nostro atleta di 16 anni è però così alto che non si trova la taglia adatta. Dovremmo forse escludere un ragazzo solo perchè non entra in una divisa?”.

La missione di Bugs è fare dello sport uno strumento di accoglienza e antidiscriminazione, chiarisce Zagatti, “per dare la possibilità a tutti di giocare, senza fasce d’età o distinzione per generi”.

Ai nastri di partenza un nuovo progetto, quello del sitting volley, o “pallavolo da seduti”, che, con regole leggermente diverse dal volley tradizionale (come una rete più bassa), vuol favorire la pratica sportiva di persone con disabilità motoria. Una sfida su più fronti, spiega il presidente di Bugs: sul piano della formazione, della diffusione nelle scuole e presso le polisportive.

Occorre che gli istruttori stessi siano formati sul lavoro d’inclusione, oltre che sul piano sportivo “perchè non vogliamo formazioni dedicate, che rischiano l’autochiusura, ma vogliamo far giocare insieme normodotati e disabili. Questa è inclusione: convincere a sedersi anche chi non è obbligato, perchè così possono giocare tutti, e il gioco è divertente per tutti”.

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Abbattere i tabù col calcio inclusivo

Un’altra esperienza legata alla filosofia di “far provare lo sport a tutti” è quella nata da un’iniziativa dell’Associazione Italiana Allenatori Calcio (AIAC). “Lo sport aiuta ad abbattere tabù e il calcio in particolare è un gioco in cui conta la squadra”: Giovanni Grassi, presidente dell’associazione, riassume così le ragioni alla base delle scuole calcio per bambini e ragazzi diversamente abili. A Bologna e provincia sono già due le scuole affermate e presto ne partirà una terza a Imola.

I ragazzi e le ragazze di “Edu InForma(Zione)” si allenano due volte a settimana al centro sportivo Barca, periferia capolinea d’autobus e barriera tra gli ordinati caseggiati del quartiere popolare e gli ultimi lembi di campagna lungo il fiume Reno. “Il nostro scopo è dare l’opportunità di fare attività motoria – spiega Grassi – permettendo di provare il calcio anche a chi non vi si è ancora avvicinato per problemi legate alle disabilità”.

L’allenatore, che ha lasciato l’agonismo per dedicarsi al progetto AIAC “Calciando la Disabilità”, ha contribuito prima all’avvio della squadra di Castel San Pietro Terme. “Ci siamo ispirati a quanto facevano in altre città. A Bologna mancava, e allora ci siamo dati da fare”. Grassi e altri cinque allenatori assicurano la preseza sul campo in modo del tutto volontario e i bambini e le bambine iscritti sono già tredici in pochi mesi, di varie età. Le iscrizioni sono sempre aperte e per chi non amasse il calcio, è spuntato anche un canestro.

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Divise e trasferte. E la diversità non c’è più 

Il Comune, in supporto al progetto, ha offerto la disponibilità del campo sportivo. “Al centro Barca abbiamo la struttura ideale – continua Grassi – con campi di calcio a 5 anche al coperto, quindi utilizzabili anche in inverno e in grado di ospitare fino a venti persone”.

Se i ragazzi riescono a giocare in gruppo si allenano tutti insieme, altrimenti un allenatore si dedica a chi non riesce a stare con gli altri, come chi soffre di disturbi dello spettro autistico. “Finora la risposta è stata più che positiva” commenta Grassi. “Ci hanno anche invitato a qualche manifestazione sportiva, per cui siamo andati in trasferta e abbiamo giocato in un torneo a Cattolica.

Sono stati bei momenti, i ragazzi erano visibilmente felici di essere là, di andare in campo a giocare, e anche i loro genitori”. Convinti dalla bontà del progetto, i manager del Bologna FC hanno deciso di sostenerlo, mettendo a disposizione sia il centro sportivo di Casteldebole, dove si allena la squadra della serie A, sia finanziando le divise dei giocatori.

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