È nata che pesava meno di un chilo, Marta, che oggi ha quattro anni, va a scuola, fa i capricci e adora i ragni. Storia di una nascita precoce
Marta ha tre anni. È una bimba affettuosa, diffidente, decisa, divertente e snervante, come solo a tre anni si può essere. Oggi mamma Giusi e papà Mauro sorridono di questa treenne adolescente e testarda, ma il suo arrivo li ha messi a dura prova.
Meno di un chilo
Marta è nata a ventisei settimane di gravidanza, pesava 720 grammi ed era lunga 33 centimetri. A vederla oggi che ha tre anni pare impossibile, ma quella nascita ha stravolto l’esistenza di tutti in famiglia ed è stata una grandissime lezione di vita. Perché di vita qui ce n’è tantissima. “La gravidanza è stata difficile già dal quarto mese – ricorda Giusi, una bellissima mamma dalla cadenza chiaramente siciliana, ostetrica libera professionista. Avevo un distacco della placenta e perdita di liquido. Dalla sedicesima settimana fino alla nascita sono stata ricoverata in ospedale quasi continuamente. Avevamo fissato una data per il parto cesareo, ma è stata Marta a voler nascere prima di ogni aspettativa. Così quella notte di fine febbraio sono entrata in travaglio”.
I centodue giorni di ricovero
Giusi ha scelto di farsi seguire all’ospedale di Moncalieri, in provincia di Torino, un ospedale specializzato in nascite premature dove lavoravano alcune sue colleghe e amiche. “Era un luogo familiare, per me. Ci ha accolto con affetto in un momento che a fatica riuscivo a comprendere”, racconta. Dopo la nascita prematura, Marta è stata in terapia intensiva per centodue giorni, con ripercussioni sui polmoni. “Tra le tante cose da monitorare, stava nell’incubatrice per rispondere anche alla sua richiesta di ossigeno. L’ho presa in braccio che aveva tre giorni e abbiamo cercato, sempre, di farle sentire la nostra presenza”.
Ad alto contatto
L’ospedale di Moncalieri è di per sé molto sensibile a un accudimento dei bambini ad alto contatto, ma per Giusi e Mauro era molto chiaro che volessero stare appiccicati alla piccola Marta il più possibile. “Da subito abbiamo praticato la canguro terapia e il pelle-a-pelle, compatibilmente con le condizioni di salute di mia figlia. Quello che ricordo di quei giorni è la delicatezza del nostro tocco verso quella creatura minuscola. I neonati vanno toccati con molta cura; i prematuri ancora di più”. E quando il contatto non era possibile, mamma e papà hanno trovato altri strumenti per esserci. “Abbiamo cantato per lei, le abbiamo letto storie, abbiamo suonato le campane tibetane. Se oggi le intono quelle canzoni, il suo volto si fa triste; probabilmente le ricorda un momento duro, di lotta e fatica. Ma erano i nostri canti”.
Il rientro a casa
L’8 giugno Marta finalmente torna a casa con i suoi genitori. Ed è allora che scatta la vera consapevolezza. “Il reparto intensivo è un reparto molto difficile, si è circondati da storie belle e brutte. Però non si è mai soli, il sostegno alla famiglia c’è e il personale è attento e competente. Mi hanno aiutata per l’allattamento. Ci hanno permesso di stare con lei ogni volta possibile. Quando siamo usciti per tornare a casa, ancora con l’ossigeno, ho provato un misto di felicità e di paura. Mi chiedevo se ce l’avremmo fatta e se ne saremmo mai usciti”. La situazione era ancora molto delicata. La paura era viva.
Il primo sospiro di sollievo
È stato quando Marta ha iniziato a gattonare che si sono distesi gli animi. “L’ho sempre vista come una bambina sveglia e decisa, dallo sguardo attento – dice la mamma – ma sembrava che il suo corpo la tenesse legata. Che non le permettesse di essere dove avrebbe voluto. Quando ha iniziato a muoversi, a diciassette mesi, ho capito che non l’avrebbe fermata nessuno”. Dopo poco, gradualmente, il supporto di ossigeno è stato elimnato. “Ma nonostante a tutt’oggi rimanga una insufficienza respiratoria, Marta cresce, in armonia con le sue ‘curve’. Non è mai stata una bambina grande e grossa, ha iniziato a camminare con un poco di ritardo e parlotta non benissimo, ma si fa capire perfettamente ed è tremendamente sicura di quello che vuole”.
Come cambia la vita
E’ un dato di fatto che l’arrivo di un bimbo stravolga la vita di ogni mamma e papà. Cambiano i ritmi, cambiano le esigenze, cambiano gli spazi e i tempi. Per Giusi e Mauro il cambiamento è stato un po’ più grande. “Era strano vedere una neonata con l’ossigeno. Ricordo che la gente per strada mi faceva domande, ci guardava, qualcuno anche cercava di toccare”. La debolezza iniziale di Marta non consentiva uscite in luoghi affollati in posti troppo pieni di bambini, ma d’altronde per mamma e papà era normale non cercare queste situazioni. “Sono cambiate le nostre priorità, questo è certo. Tutto ruotava intorno a Marta e poi c’era un po’ di spazio, piccolo piccolo, per il resto del mondo”.
Ricominciamo da tre
Un inizio così burrascoso non è facile per nessuno, neanche per una coppia molto affiatata. “Eravamo circondati da amore. C’era la nostra famiglia, i nonni trasferiti dalla Sicilia, gli amici. Io avevo ostetriche amiche che mi accudivano, ma per la dimensione di coppia è stato un periodo difficile – racconta Giusi”. La bambina era al centro. Anche nei momenti di distrazione in cima ai pensieri c’erano sempre le preoccupazioni per il suo stato di salute. “Ho ricominciato subito a lavorare. Molti non hanno capito la mia scelta, ma avevo bisogno di staccare. Andavo in ospedale a Moncalieri almeno due volte al giorno, Mauro ci andava dopo il lavoro. Per noi non c’era uno spazio sereno e spensierato”. Anche le decisioni da prendere velocemente erano difficili. “A vederla adesso sorridiamo, ci diciamo che siamo stati bravi, ma sul momento sembrava una scalata infinita e incerta”.
Ripensare il parto
Giusi è un’ostetrica che assiste le donne a domicilio, che ha sempre creduto nella fisiologia del parto e nella valorizzazione delle capacità della donna e del neonato. Quando ha saputo di essere incinta, il suo “film interiore” prevedeva un parto in casa, nella vasca da bagno, con le ostetriche amiche vicine, volute con decisione e affetto. La nascita perfetta, che non c’è stata. Quanto hai fatto pace con le tue aspettative? “Eh -sorride – c’è voluto molto tempo. Ho pensato spesso a cosa avevo sbagliato. Al perché le cose fossero andate così. Il cesareo era lontanissimo dalla mia proiezione. Il mio parto è stato molto diverso da quello che immaginavo e avrei desiderato, ma ne ho un bellissimo ricordo. Sono entrata in sala cantando e vocalizzando, con le ostetriche e le tre ginecologhe che cantavano con me e mi accarezzavano la fronte. È stato un momento di energia potente e mi sentivo protetta e accompagnata da un gruppo. Allora ho capito che non è tanto importante dove ci si trova, ma come lo si vive e chi si ha vicino”. Una riflessione importante, che esce dallo schema e dalla convinzione (o dal facile giudizio) che solo naturale è bello.
Limiti e fiducia
Si dice che ogni bambino scelga i suoi genitori. Si dice che ogni bambino riesca a tirare fuori e rispecchiare lati nascosti o irrisolti. Che offra l’occasione unica di sciogliere vecchi nodi. Qual è la lezione di questa bimba per mamma e papà? “Ci sono due parole che per me raccontano l’arrivo di Marta e lo stravolgimento che ha portato. Limiti e fiducia. Ho capito che avere limiti toglie vita e possibilità. Bisogna aprirsi, perché tutto è possibile. E poi io e mio marito ci siamo resi conto di quanto può essere totale e totalizzante la fiducia. In noi, nell’altro, ma soprattutto in lei. Abbiamo sempre avuto la forte sensazione che lei ce l’avrebbe fatta, la cieca convinzione che ne sarebbe uscita. Anche oggi, noi ci fidiamo di lei e credo che lei lo sappia e lo abbia sempre saputo”.
A un bambino prematuro
La storia di Marta è la storia di tanti bimbi e tante bimbe prematuri che nascono con molto anticipo sulla data presunta. È una storia di forza e fiducia, è una bellissima storia d’amore. Cosa dire ai genitori che si trovano ad affrontare una nascita prematura? “Che non sono soli, che da quel tunnel ci siamo passati in tanti. Non bisogna aver paura di chiedere aiuto e di andare avanti, perché dal tunnel si esce. Paura e stanchezza lasciano, un po’ alla volta, il posto a felicità, leggerezza e fierezza”. Mentre vivevi quel periodo ti rendevi conto di cosa succedeva? “No. Le persone mi ripetevano: avete fatto una cosa grandiosa, lo sapete? Ma no, non lo sapevo. Ora sì, l’ho capito, Marta è stata ed è una cosa grandiosa”.
Marta oggi
Oggi quella neonata nata con il peso di un cestino di fragole ha compiuto quattro anni. Fa i capricci, cammina, va a scuola e sta con altri bambini. “Frequenta una scuola montessoriana e il suo inserimento è stato molto graduale. Marta non aveva frequentato tanti altri bambini da piccola, così le maestre l’hanno tenuta in braccio praticamente sempre per i primi quattro mesi. L’hanno accompagnata nella socialità. Ora sta bene in compagnia, ama giocare”. E’ decisa, diffidente, testarda. E, vai a capire perché, adora i ragni.