L’arrivo del secondo figlio scatena miliardi di emozioni contrastanti, dalla felicità incondizionata al senso di colpa. E stravolge completamente gli equilibri, di grandi e piccini. Ma, nonostante la fatica iniziale, è meraviglioso
Stravolgimenti in casa
“Sono scattate tante strane reazioni al tuo arrivo – scrivevo in una lettera al mio secondo figlio -. Ti desideravo ed è la realizzazione di un sogno e di una perfezione. Il sapere del tuo arrivo però mi ha provocato anche un senso di colpa, sia verso di te, per cui non trovo il tempo e lo spazio che vorrei, sia verso tua sorella, la piccola più grande. Averti vicino per lei è (e sarà) una fortuna incredibile, ne sono certa, ma inconsciamente mi è cresciuto il timore di non poterle più dare le stesse attenzioni di prima. Ora capisco quando mi chiedevano se l’amore davvero si moltiplica”. L’arrivo del secondogenito rende le cose un po’ complicate in famiglia, almeno nei primi tempi.
Gelosia: il dolore che fa crescere e rafforza
I genitori si trovano ad affrontare tanti piccoli cambiamenti, ma quello che fino a poco prima era il figlio unico (e re della casa) è quello che più di tutti subisce l’affronto di lesa maestà. È la prima lezione di vita mammifera: l’attenzione va data ai più deboli .“Non bisogna preoccuparsi eccessivamente per il più grande – dice Anna Ruocco, ostetrica -. Certo, può darsi che non essere più al centro delle attenzioni di mamma e papà sia il suo primo dolore, ma come ogni dolore costruisce e rafforza”. È interessante notare che intuitivamente si legge il rapporto fraterno come conflittuale e ostile, prima che tenero, empatico e affettuoso. È una delle pochissime relazioni amorose non celebrate. “È praticamente assente nella letteratura e nella ricerca psicoanalitica” scrive Giorgia Cozza nel libro “Benvenuto fratellino Benvenuta sorellina”. Eppure avere un fratello o una sorella è davvero una fortuna, anche se probabilmente si scopre e si assapora con il passare del tempo.
CCC: comunicare, comprendere, coinvolgere
Per accompagnare il figlio maggiore è fondamentale il dialogo: raccontare fin dalla gravidanza cosa succede e succederà, cosa sta vivendo la mamma, i cambiamenti del suo corpo e chi arriverà presto in casa. Anche dopo la nascita sarà fondamentale che i genitori chiedano al grande come sta e cosa prova, perché sta facendo i capricci o perché sente fastidio. È necessario essere empatici e comprendere la grande paura di abbandono e perdita (questo è di fatto la gelosia) che il bambino sta provando. Adele Faber e Elaine Mazlish nel loro testo “Bambini, smettetela di litigare” invitano i genitori a fare un gioco: “Immaginate che vostro marito vi abbracci e vi dica: cara ti amo così tanto e sei così meravigliosa che ho deciso di avere un’altra moglie come te”. Non è una scelta di immediata comprensione. Mettersi nei loro panni può aiutare i genitori a capire meglio. Altro consiglio è coinvolgere il più possibile il primogenito sia in gravidanza che con il fratellino, portandolo a qualche visita, preparando insieme culla e vestitini e poi durante il bagnetto, il cambio o i primi giochi. I fratelli hanno bisogno di tempo per conoscersi e permettere al più grande di avvicinarsi, toccare, annusare e prendere parte nella cura lo aiuta a entrare in confidenza con il nuovo arrivato.
Non fingere
Quasi tutti i genitori fanno il possibile per essere presenti con entrambi i figli, improvvisando posizioni da equilibristi per prenderli in braccio tutti e due o per allattare giocando. Meglio non fingere. Non siamo genitori dai superpoteri. Facciamo il possibile per dare attenzione a tutti, ma se non riusciamo, è meglio una onesta spiegazione a ripetuti tentativi andati a vuoto che lasciano tutti scontenti e generano solo sensi di colpa.
Essere giusti nell’imparzialità
“Quello dell’uguaglianza è un falso mito – scrive ancora Giorgia Cozza – peraltro assai difficile da perseguire nella realtà quotidiana”. Gli psicologi Elisabeth e Jean Darchis nel libro “Fratelli e sorelle” sottolineano: “Non fare differenze sembra la cosa migliore del mondo, ma può rivelarsi estremamente dannoso se non si riconosce ogni figlio come unico. L’amore dei genitori non si misura in base al tempo trascorso con l’uno o con l’altro, ai regali uguali o agli abiti identici, ma in base alle risposte più adatte ai bisogni”.