Troppa plastica, dappertutto: cosa possiamo fare?

da | 19 Giu, 2024 | Green, Lifestyle

Un’emergenza ambientale che non può attendere: la plastica è ormai ovunque. Che cosa possiamo fare noi, da oggi?

Di Valter Musso

È presente nella nostra quotidianità, la plastica. È presente dappertutto. Trasporti, manifattura, intrattenimento, comunicazione, conservazione, agricoltura, pesca, artigianato, sport: non c’è ambito dell’agire umano in cui non sia adoperata. La plastica ha rivoluzionato il modo di produrre qualsiasi cosa. Per la sua resistenza, comodità, leggerezza e duttilità, ha generato una cultura dell’usa e getta, tanto che si potrebbe dire che la plastica ci sommerge. Ed ecco il rovescio della medaglia. La plastica è nel mare, nell’aria e nella terra. È entrata persino nella catena alimentare. Secondo l’Università di Newcastle ingeriamo ogni settimana l’equivalente di una carta di credito. Inconsapevolmente ci stiamo abituando a mangiare plastica e recenti studi hanno trovato residui anche nella placenta.

Nel mare ogni tre tonnellate di pesce ce n’è una di plastica

Le microplastiche si annidano in posti impensati dall’acqua al sale. L’inquinamento da plastica è un’emergenza ambientale urgente, frutto del non governo del limite e di una cattiva programmazione (o della ricerca esasperata del profitto a ogni costo): la produzione di oggetti in plastica usa e getta (le plastiche monouso costituiscono il 40% di tutte quelle prodotte ogni anno) sta soverchiando la nostra capacità di gestirla. Alcuni dati: da quando negli anni ‘50 si è iniziato a fabbricarla su larga scala, ne sono stati prodotti 9 miliardi di tonnellate, con un consumo che per noi occidentali è di 100 Kg pro capite all’anno. Se proseguiamo agli stessi ritmi di crescita nel 2050 arriveremo a quota 30 miliardi. Di questi solo il 9% è regolarmente riciclato. Otto milioni di tonnellate finiscono in mare ogni anno formando enormi isole galleggianti vaganti che con il passare del tempo si riducono in particelle e rientrano nel ciclo. Si stima che nel tratto di mare compreso tra la Corsica e l’isola d’Elba vi siano 10,42 Kg di materiale plastico per chilometro quadrato. Oggi ogni tre tonnellate di pesce ce n’è una di plastica. Per questo molte associazioni hanno chiesto l’abbandono della plastica monouso e Slow Food ha dedicato un punto nella Dichiarazione di Chengdu del 2017 che detta i fronti dell’impegno dell’associazione.

Il cambiamento non può aspettare

In attesa che la politica prenda coscienza di questa necessità (alcuni provvedimenti sono stati adottati, ma molto rimane da fare e in tempi rapidi) noi cittadini possiamo essere protagonisti con le nostre scelte. Non va dimenticato che la lobby più potente al mondo, ma anche la meno influente, è quella dei consumatori. Quindi il primo passo è quello di avere consapevolezza di questo ruolo. Con le nostre scelte influenziamo il modo di produrre un cibo e di distribuirlo e quindi di inquinare o no, di difendere la nostra salute e quella del pianeta (che poi sono ormai molto legate), di essere promotori di giustizia sociale. Dobbiamo dedicare un po’ di tempo alla conoscenza per imparare e consolidare le buone pratiche, poi si acquisisce un comportamento quasi spontaneo.

Attenzione alla confezione!

Cerchiamo di vincere quella pigrizia che è la vera forza delle multinazionali che ci fanno riempire il carrello dei prodotti che vogliono loro. Nella scelta partiamo dagli imballaggi, e vi lascio a un libro di qualche anno fa, ma ancora di grande attualità, In cucina senza plastica della dietista Carla Barzanò, per approfondire piccoli gesti quotidiani di estrema importanza e liberarci, almeno un po’, dalla plastica. Nell’Unione Europea circa il 50% di tutti gli imballaggi di plastica viene utilizzato per i prodotti alimentari. Pensiamo alla confezione dove c’è più plastica che prosciutto. Oppure al cavolfiore, anche biologico, che troviamo sugli scaffali del supermercato avvolto in metri di pellicola neanche fosse mummificato. All’insalata in busta: doppio orrore! O ai biscotti che prima di poterli assaggiare devi passare tre strati di protezione, almeno due di plastica. L’elenco è interminabile.

Allora, che fare?

Prima evitare là dove si può il packaging preferendo i prodotti sfusi che sono ottimi, il prosciutto comprarlo al banco, salviamo un posto di lavoro e inquiniamo molto meno. Evitare le mono porzioni. Preferire prodotti contenuti in involucri diversi dalla plastica (tipo la pasta o la frutta secca in sacchetti di carta). Verificare che la confezione sia compostabile. Comunque prediligere quelle di monomateriale che sono più facili da riciclare. Facendo così interrompiamo il circolo vizioso che ci ha reso plasticofagi, miglioreremo la nostra salute e quella dell’ambiente e daremo un segnale forte all’industria che si adeguerà trascinando in questa direzione virtuosa anche la politica.

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