Gentilissimo avvocato, sto vivendo una situazione difficile e vorrei chiederle il suo parere: cinque anni fa ho avuto un bambino dal mio convivente con cui non ero sposata. Di recente me ne sono andata via di casa perché non riuscivo più a stare con lui, una persona falsa che si mette sempre in situazioni difficili. Pur avendo riconosciuto il piccolo, non se ne è mai occupato: ha già un figlio da un’altra compagna e lo ha sempre preferito al nostro. Devo aspettare che il bambino sia grande per decidere di non vederlo più? Non posso risparmiargli questa sofferenza già da ora, togliendo la patria potestà al padre? Tengo a precisare che non mi sta passando soldi per il mantenimento.
Saluti, Mara
Gentile Mara, il Codice Civile stabilisce che “il giudice può pronunciare la decadenza dalla potestà quando il genitore viola o trascura i doveri ad essa inerenti o abusa dei relativi poteri con grave pregiudizio del figlio”. Quando la condotta di uno o di entrambi i genitori non sia così grave, “ma appare comunque pregiudizievole al figlio, il giudice, secondo le circostanze, può adottare i provvedimenti convenienti”. Tutti questi provvedimenti sono adottati su ricorso dell’altro genitore, dei parenti o del pubblico ministero: il tribunale assume le informazioni necessarie e sente il genitore contro cui si agisce, quindi provvede in camera di consiglio. La potestà genitoriale presuppone un legame affettivo tra genitore e bambino, la presenza fisica e morale costante del primo nella vita del secondo. Se difetta, il figlio ne può risentire in modo grave, ma il giudice ha l’obbligo di verificare se sussista o meno l’effettivo pregiudizio che è grave quando è sintomatico dell’inidoneità del genitore ad assolvere il proprio ruolo, con la conseguenza che l’unica soluzione possibile è quella di sottrargli qualunque potere decisionale riguardante il minore.
Un genitore può decadere dalla potestà quando non adempie ai propri doveri di mantenimento, istruzione ed educazione; viola i propri obblighi di assistenza familiare; si disinteressa del bambino; maltratta il figlio o l’altro genitore; abusa dei mezzi di correzione nei confronti del figlio (attua violenza fisica e/o psicologica); tiene in generale comportamenti pericolosi per una sana crescita del minore. In tutti questi casi, il genitore perde il diritto-dovere di decidere per il figlio, di scegliere quale educazione e istruzione impartirgli, nonché il potere di amministrarne i beni e di rappresentarlo in giudizio. Non perde la qualifica di padre o madre, rimane obbligato al mantenimento del minore e al rimborso del 50% delle spese sostenute in via esclusiva dall’altro genitore, e può continuare a frequentarlo (a meno che il giudice, nei casi più gravi, abbia disposto diversamente). Provvedimenti questi che sono revocabili, con conseguente reintegrazione nella potestà del genitore decaduto, se quest’ultimo dimostra che non c’è più alcun pericolo di pregiudizio per il figlio.
[Francesca Galdini]