Il sistema dei bonus è pensato per aiutare le persone che più ne hanno bisogno, ma che rischia di diventare troppo complicato e non sostenibile sul lungo periodo
Era la primavera del 2014 quando venne introdotto il cosiddetto Bonus Renzi, ossia un “regalo”, del valore di 80 euro al mese, riconosciuto in busta paga a ciascun titolare di lavoro dipendente o assimilato (pensionati esclusi) che non superasse i 26.000 euro di reddito annuo complessivo.
L’allora Presidente del Consiglio sosteneva che si dovesse aumentare concretamente la capacità di spesa delle famiglie con i redditi più bassi. Ma visto che i redditi medi degli italiani si aggirano intorno ai 22.000 euro lordi annui e che per chi ha redditi inferiori alla media la tassazione è già molto contenuta, si doveva trovare un modo non per ridurre le tasse, ma per dare sostegno alle persone più bisognose. Si introdusse quindi, impropriamente nell’ambito della fiscalità, un sistema di assistenza sociale.
Da quell’epoca si fece sempre più strada l’idea che la politica delle detrazioni fiscali andasse a incentivare e “ingrassare” solo i ricchi, quindi una fascia molto ristretta di popolazione.
Un fiorire di bonus
E così, uno dopo l’altro, abbiamo assistito a un proliferare di bonus, tra cui: il Bonus Cultura, destinato a tutti coloro che hanno compiuto 18 anni dal 2017; quello Rottamazione per la sostituzione di auto e moto con mezzi a minori emissioni; il Bonus Biciclette e monopattini; Strumenti musicali; Rubinetti e gabinetti per contenere lo spreco idrico; Vacanze; Babysitter (da qualcuno soprannominato Bonus Nonni); Matrimoni; Riqualificazione motori endotermici; TV/decoder; Bebè.
La logica del bonus ha portato all’introduzione di consistenti modifiche al sistema delle detrazioni Irpef, collaudato da decenni e che nel tempo era già cresciuto a dismisura per varietà, trasversalità e complessità di applicazione.
Sono state progressivamente aumentate le percentuali di detrazione da calcolarsi sulle spese ritenute meritevoli fino ad arrivare a quella apparentemente irragionevole del 110%. Contestualmente sono stati ridotti i periodi d’imposta su cui spalmare il recupero della detrazione e introdotti dei sistemi per consentire la trasformazione della detrazione spettante in credito di imposta da cedere a terzi, assumendo quindi una natura di bonus vera e propria.
Riqualificazione immobiliare
Gli incentivi offerti per la riqualificazione del nostro immenso e prezioso patrimonio immobiliare fanno parte di questi ibridi, metà bonus e metà detrazione, a partire dalla semplice ristrutturazione (cresciuta dal 36% al 50%) all’efficientamento energetico (65%-110%), dal recupero delle facciate (90%) al miglioramento strutturale ai fini antisismici (dal 70% al 110%) a cui si sono sommati altri interventi minori (impianti fotovoltaici, accumulatori di energia, colonnine di ricarica, tende parasole, impianti di cogenerazione).
Il motivo di agevolazioni tanto generose è da ricercarsi nella necessità di sbloccare alcune situazioni di stallo che perduravano da troppo tempo nell’assunzione di decisioni di spesa importanti che riguardavano una consistente fascia di popolazione che non era disponibile a investire, non solo per questioni di reddito, ma soprattutto per una questione di età anagrafica avanzata che rendeva la scommessa del recupero parziale dell’investimento (sotto forma di detrazione da ripartire su un orizzonte temporale di 10 anni) piuttosto rischiosa.
Con il 110% si è quindi arrivati al paradosso di dover regalare gli interventi per riuscire a fare qualcosa.
Arginamento truffe
Ovviamente di fronte a regali tanto generosi c’è il rischio che qualcuno se ne voglia approfittare e quindi gli iter amministrativi e burocratici si complicano per arginare truffe e frodi, le piattaforme informatiche da utilizzare si moltiplicano, le caselle da compilare e le interpretazioni normative crescono esponenzialmente, vengono introdotte figure terze per controllare preliminarmente al posto dell’amministrazione la fondatezza di quanto richiesto e rispondere patrimonialmente e penalmente di ogni malaffare che dovesse essere scoperto a distanza di anni.
Si teme che l’atteggiamento di chi controllerà con il senno di poi sarà giustamente prevenuto e sospettoso anche nei confronti di chi, anni prima, si era comportato in totale buona fede e nel massimo rispetto delle regole.
Alla luce di tutto questo, il fiabesco mondo dei bonus rischia di diventare una intricatissima giungla in cui è molto complicato muoversi, vanificando così, almeno in parte, l’originario intento del legislatore.
Con una mano il legislatore di ieri voleva dare, ma con l’altra il Ragioniere dello Stato di domani cercherà di riprendere, con gli interessi.
Di Alessandro Martini
Studio Fabbro Martini – www.studiofabbromartini.it