Viaggiare con i bambini: sì o no?

da | 2 Dic, 2021 | Lifestyle, Viaggi

Viaggiare con bambini: passione irrinunciabile o meglio la routine? In confronto tra due mamme

Il viaggio è una bellissima occasione di crescita, almeno secondo alcuni. È di qualche tempo fa lo studio pubblicato dal Journal of Personality and Social Psychology che sostiene che i bambini abituati a viaggiare crescano più rispettosi verso gli altri.

Abituati a scoprire luoghi lontani, imparano attraverso il viaggio a riconoscere la diversità del mondo e ad apprezzarla oltre che accettarla. Ma non per tutti è così, o per lo meno non è scontato. Per esempio, secondo la pedagogia Steiner il bambino nei primi anni ha molto più bisogno di ritmi consolidati e abitudini che di andare alla scoperta del lontano e del diverso.

Elena: da sempre in viaggio

Viaggio da che ho memoria. Viaggiavo coi miei genitori da piccola, in treno, quasi sempre di notte e scegliendo le date delle festività per trovare meno gente. Non ho ricordi traumatici di questo andare.

Poi ho viaggiato da sola, appena ho potuto, facendo anche viaggi impegnativi, come in Brasile a 19 anni (cosa che forse non permetterei a mia figlia adesso che sono madre!). Da sempre soffro di una sorta di acquisto compulsivo di biglietti aerei: se vedo un volo che mi stuzzica, non mi do pace finché non l’ho acquistato.

Anche in famiglia

Ovviamente queste scelte, ora che ho famiglia, non riguardano solo più me. Ho un compagno e due figli. Lui si ritiene un “bogianen”, termine che in piemontese indica le persone che non si vogliono muovere. Però poi si fa trascinare, anche con un certo piacere. I miei figli, di 7 e 5 anni, viaggiano con noi da quando sono nati. Viaggiare con i bambini ormai corrisponde al nostro genere di vacanza.

Mia figlia ha festeggiato il suo primo compleanno in Sri Lanka; mio figlio a sei mesi era in Giappone. Hanno visto Cuba, Capo Verde, Marocco… Diciamo che questa è la nostra famiglia, è la nostra vita. Non siamo tanto abitudinari, neanche a casa, e per noi sarebbe stato uno sforzo immenso diventarlo. Innaturale. Sarebbe stato giusto e onesto nei confronti dei nostri figli far finta di esserlo?

Stare nell’osservazione, senza rinunciare

Non mi sono mai chiesta se questo fosse giusto o sbagliato per loro, lo devo ammettere, non ho mai pensato di mettere in discussione questa mia passione. Sicuramente facciamo dei viaggi diversi rispetto a quando eravamo soli e che man mano stanno cambiando anche in base alle loro esigenze.

Se una volta i viaggi erano molto molto itineranti, adesso cerchiamo di fare tappe più lunghe. Magari organizziamo con altri amici con bambini, o cerchiamo di inserire tappe che possano essere rilassanti e uno svago anche per loro. Insomma, come per qualsiasi cosa credo che i bambini vadano accompagnati e osservati per capire e magari ridimensionare i piani e i ritmi; ma senza rinunciare a partire.

I valori del viaggiare

In realtà la cosa che davvero credo è che il viaggio rispecchi molti dei valori che voglio trasmettere loro. C’è il rispetto delle cose, culture, usanze diverse dalle nostre; c’è la curiosità di conoscere quello che non conosciamo, sempre con umiltà. C’è la creatività del porsi di fronte a qualcosa di cui non si conosce e capisce il senso, e i bambini sono davvero straordinari nelle loro letture e interpretazioni.

Poi c’è la pazienza, dell’attesa di un treno in Asia o di un piatto neanche troppo elaborato a Cuba; e la capacità di adattamento. In viaggio, almeno per come viaggiamo noi, usciamo dalla nostra zona di confort e ci priviamo di tantissimi dei nostri privilegi: è un momento in cui ridimensioniamo il valore delle cose, cercando di valutare realmente quello che sentiamo e abbiamo. Questo ovviamente ci rafforza molto, anche come famiglia.

Betta: con più cautela

Amo viaggiare, e mio marito ama profondamente cercare il caldo in inverno. Poi abbiamo avuto un bimbo e le cose sono cambiate. Da una parte sono cambiate le nostre priorità e esigenze, dall’altra abbiamo deciso di mettere lui al centro, forse accettando di mettere da parte i nostri vizi più “complicati”. Ma è stato tutto molto fisiologico, senza arrivare a parlare di rinunce o forzature.

L’importanza della routine

Da qualche anno seguiamo la pedagogia Steiner, che ci sta accompagnando nelle fasi di crescita di nostro figlio, e che mette in primissimo piano l’importanza dei ritmi e delle abitudini. Il rito dei pasti, della nanna, del saluto: è bene che tutto sia ripetuto, conosciuto al bambino. Evidentemente un viaggio lontano o on the road non può garantire quella routine e il ripetersi di quei ritmi, per questo è sconsigliato o ritenuto inadatto ai bambini piccoli.

Il corpo non è solo fisico

Secondo Steiner, inoltre, l’essere umano si compone di quattro corpi. Se il corpo fisico percorre grandi distanze nel tempo della durata del trasferimento, quello astrale ha bisogno di molto più tempo per arrivarci. Per questo i bambini hanno difficoltà a dormire in posti nuovi, sono più nervosi e agitati. Lo si vede anche negli adulti in realtà, con il jet leg che può essere letto come una difficoltà a mettersi in linea con gli orari oppure con il corpo astrale non allineato a quello fisico che quindi va un po’ in tilt.

Stessa spiaggia stesso mare

Questo per noi non ha significato smettere di viaggiare o fare le vacanze. Semplicemente andiamo nello stesso posto, nella stessa casa. L’idea e il suggerimento è proprio quello di non sconvolgere del tutto i ritmi del bambino, e tornando nello stesso luogo lui è facilitato nel ritrovare facilmente i suoi spazi e le sue abitudini, già assimilate e riconosciute. Devo dire che le vacanze così son risultate magari meno avvincenti, ma sicuramente più rilassanti e riposanti anche per noi.

Al momento giusto

La cosa che più apprezzo di questo approccio alla vita e alla crescita è il rispetto dei tempi del bambino. Non è detto che non si debba viaggiare in assoluto, ma il consiglio è di non farlo troppo presto, preservando gli stimoli per quando il bambino è pronto ad accoglierli. Bisogna aspettare l’età giusta per il viaggio, senza bruciare le tappe, perché rischia di essere più un patimento che un piacere, almeno per i più piccoli. Quando sono ancora piccini, i bambini hanno più bisogno di riti confortanti che di vedere e visitare posti lontani.

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