Carenza di Vitamina D: che fare quando manca?

da | 28 Gen, 2018 | Lifestyle, Salute e Benessere

Necessaria per la corretta crescita di ossa e muscoli, la vitamina D è essenziale anche per il giusto funzionamento di tutte le nostre cellule. Quando manca il corpo fatica a lavorare e diversi studi hanno individuato una relazione tra la carenza di questa vitamina e lo sviluppo di patologie anche importanti, come osteoporosi, asma, infezioni respiratorie, influenza stagionale, ma anche diabete di tipo 1 e 2, alcuni tipi di sclerosi multipla e altro ancora.

Senza allarmismi, occorre porre attenzione a gestire al meglio le nostre scorte di vitamina D. Ma come? È una vitamina complessa da reperire con l’alimentazione e i sintomi della carenza sono difficili da identificare. Ne abbiamo parlato con Sergio Gigliotti, medico, esperto del settore e presidente uscente dell’Associazione rappresentativa di Specialisti Ortopedici, Fisiatri e Reumatologi operanti sul territorio (ASON).

Una vitamina che si accumula

La vitamina D è solubile nel grasso: una volta formata, viene conservata nel tessuto adiposo dove può essere accumulata. Un grande vantaggio, come spiega il dottor Gigliotti. “Con i giusti comportamenti, grazie alla vitamina D accumulata negli anni dell’infanzia e dell’adolescenza e fino a circa i 25-30 anni, è possibile raggiungere un buon picco di massa ossea. Più ricco è l’apporto in questa età e più lenta sarà la perdita fisiologica di osso nell’età adulta e soprattutto anziana”. Il primo passo per riempire il forziere di vitamina D è utilizzare al massimo le radiazioni solari, le uniche che ne permettono la sintesi a livello cutaneo. “Le radiazioni utili sono quelle più forti e dirette. Il periodo ideale, alle nostre latitudini, va dalla primavera all’inizio dell’autunno, meglio nella fascia oraria compresa tra le 10 e le 15. Anche l’abbigliamento conta: gambe e braccia scoperte sono l’ideale”.

Per sfruttare al meglio le scorrazzate all’aria aperta, un aiuto può venire dall’app Dminder: disponibile per dispositivi Android e iOS, stima i livelli individuali di vitamina D nel sangue partendo da una serie di informazioni (esami del sangue, tipo di pelle, tempo di esposizione medio giornaliero) e indica le finestre temporali in cui è possibile sfruttare i raggi del sole per sintetizzarla. Altro passo essenziale è imparare ad ascoltare i bimbi e il nostro corpo.

Sintomi lievi da non sottovalutare

“Mamma, mi sento stanco”. “Papà, mi fanno male le gambe”. Quante volte sentiamo queste frasi? E quante rispondiamo: “Non è nulla”, “Saranno dolori di crescita”. Nel bambino, debolezza muscolare e dolori osteoarticolari possono essere sintomo di una insufficienza di vitamina D.

Nell’adulto questi sintomi possono associarsi a depressione invernale e tendenza a contrarre l’influenza. “Naturalmente, che si parli di figli o genitori, occorre escludere altre cause, ma un semplice dosaggio ematico della nostra vitamina può risolvere un dubbio diagnostico. In presenza di questi sintomi, consiglio di rivolgersi al pediatra o al medico di riferimento e di chiedere di effettuare questo esame. Entrambi i medici potranno, all’occorrenza, richiedere una consulenza ortopedica”. Se il dosaggio individua una carenza, niente paura: il dottor Gigliotti assicura che un’integrazione alimentare risolve rapidamente il quadro clinico. E ci protegge da patologie più gravi.

Sane vecchie abitudini preventive

Recenti studi hanno evidenziato che circa l’80% degli adolescenti italiani è carente in vitamina D. Se si parla di bambini la percentuale scende al 20%, ma risale al 40-50% nei neonati. I numeri sono comunque molto alti, anche tra gli adulti: al momento soffrono di questa ipovitaminosi tra il 40 e il 60% degli individui. “È importante prevenire l’ipovitaminosi e mantenere sin dalla tenera età livelli ematici ottimali di vitamina D: si potrebbe anche suggerire di integrarla regolarmente in autunno e inverno, magari usando capsule di olio di fegato di merluzzo o aumentando il consumo di alimenti ricchi di questa sostanza, come il salmone o il tuorlo dell’uovo, o più semplicemente somministrando al bambino poche gocce al giorno di colecalciferolo, la vitamina D3. Nel neonato in allattamento questa integrazione è indispensabile, poiché nel latte materno passa poca vitamina D e nel primo anno di vita l’esposizione ai raggi solari è minima”.

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