Panacea è un progetto “bello e buono”, il primo forno a Torino ad amalgamare il sapore autentico del pane di qualità con i principi della responsabilità sociale
Oggi è più che mai riconosciuto che la salute è anche e soprattutto una questione di alimentazione. Parte da questa consapevolezza una cucina realizzata con ingredienti naturali, che fa cose buone e insegue consapevolmente un ideale di salute.
Panacea Social Farm a Torino
È in quest’ottica di responsabilità e consapevolezza che opera Panacea Social Farm a Torino, realizzando pane e prodotti a lievitazione esclusivamente naturale, a partire da materie prime provenienti dalla Filiera di Stupinigi, creata ad hoc per garantire il consumatore – poiché vero è che “buon grano fa buon pane”! Una ricerca attenta e una grande passione hanno consentito il recupero di un metodo di produzione non più utilizzato. Un metodo dei primi del Novecento, incrociato con le competenze artigianali appartenenti a diverse culture (dall’est asiatico al Maghreb).
Un forno e quattro panetterie
Un forno nel cuore popolare di Barriera di Milano, quattro panetterie in città e una panetteria/emporio a Stupinigi, nella sede del vecchio negozio locale di alimentari.
Questi i numeri di un opificio che produce un pane “come si deve”, a base di farine non raffinate ed esclusivamente con pasta madre.
le farine hanno un basso indice glicemico e il cui sapore autentico è garantito dall’utilizzo di ingredienti naturali ed elevati standard qualitativi di produzione. E il tutto a un costo giusto: perché il cibo buono e sano non sia un privilegio di pochi.
Dal “granaio” di Torino alla tavola
“Quando, nel 2014, è nato il progetto Panacea, – racconta Marina, una dei soci della cooperativa – ci siamo rivolti ad alcune aziende agricole di Stupinigi per proporre loro la coltivazione di grani ‘a basso impatto ambientale’, con glutine poco tenace.
Si tratta di tipologie considerate non interessanti dall’agricoltura massiva né dalla panificazione industriale perché più rischiosi da coltivare e con una minore resa durante la lavorazione. Per contro però, questi grani richiedono meno interventi chimici e consentono di fare un notevole passo in direzione di un’agricoltura sostenibile. I primi anni sono stati impegnativi, ma densi di risultati.
A fronte di un aumento dei ricavi e dei punti vendita, la cooperativa si è allargata. Otto nuovi lavoratori sono attivi e molti dei quali provengono da percorsi di fragilità.
Partendo dai 250 chilogrammi al giorno dei primi mesi, abbiamo raggiunto il traguardo di 300 chilogrammi di pane sfornato quotidianamente!”.