Esiste il comfort food vero, il cibo che coccola, un alimento che non solo nutre il corpo, ma anche la mente e l’anima. A questo cibo indulgiamo volentieri ed è un bene, perché ce lo concediamo con consapevolezza, gustando bocconi che risvegliano ricordi e sensazioni positive. Però c’è anche un comfort food “cattivo”, quello che usiamo come antistress o antinoia, la fame emotiva che ci fa ingrassare mentre ingurgitiamo senza percepire i sapori o le quantità, il cibo che colma il buco allo stomaco e mette a tacere ogni sentimento negativo.
Cibo ed emozioni si legano presto
La relazione con il cibo si forma durante i primi anni di vita e prende forma a seconda di come si è nutriti. La fame nervosa può diventare un comportamento abituale anche nei bambini se mamma e papà usano il cibo come ricompensa o come punizione. Ad affermarlo è una ricerca della Aston University, in Inghilterra, dove il dipartimento di psicologia ha seguito alcuni bambini per capire se le abitudini apprese a tavola attorno ai 3 anni si protraggono nello sviluppo della fame emotiva fino ai 7 anni e più. Mangiare per stress ha un nome: “emotional eating”, fame emotiva, ed è un atteggiamento difficile da combattere. Cogliere i segni prima possibile aiuta ragazze e ragazzi a mantenere il peso forma. Secondo la ricerca inglese, atteggiamenti tipici di molti genitori, per esempio proporre il dolce come premio se si finisce la verdura, oppure “finisci i compiti e ti dò la merendina” o ancora “hai litigato con quel bambino? Non arrabbiarti, andiamo a prendere il gelato”, insegnano ai piccoli a considerare il cibo come un mezzo per gestire le emozioni.
Sempre ipercalorico
Va da sé che i cibi consolatori difficilmente sono una mela o un piatto di verdura; quasi sempre sono alimenti ipercalorici. Così, se insegniamo ai bambini ad associarli a momenti di stress o difficoltà, li “marchiamo” nella mente e li rendiamo ancora più irresistibili. Esiste poi un circolo vizioso per cui alla tristezza che ci fa mangiare troppo si aggiunge il senso di colpa che aumenta il malessere e fa riemergere la fame emotiva. C’è poi un aspetto biochimico: se si mangiano molti zuccheri e molti grassi, il fisico reagisce producendo un picco di insulina che richiede altri zuccheri e altri grassi. La fame nervosa ingenera una fame chimica e il cervello va in tilt. Come spezzare questa catena?
La giusta educazione al cibo
Per uscirne serve ritrovare una nuova consapevolezza a tavola ed è possibile anche per i ragazzi, come ha dimostrato uno studio su quaranta adolescenti condotto da un gruppo di psicologi dell’Augusta University, in Georgia: gli autori hanno sottoposto ragazzi e ragazze, tutti in sovrappeso, a una serie di incontri per imparare ad accorgersi di ciò che mangiavano e a combattere la fame nervosa. In tre mesi gli adolescenti hanno imparato a rendersi conto meglio dei segnali di sazietà e soprattutto a individuare quali emozioni scatenavano l’urgenza di cibo. Alla fine del periodo, tutti hanno iniziato a mangiare un po’ meglio, riducendo calorie e grassi, con un effetto positivo anche sul peso. Combattere la fame nervosa non è facile e richiede un lungo periodo di aumentata consapevolezza: il primo passo è riconoscerla, il secondo è capire quali emozioni la scatenano (stress, ansietà, paura, tristezza, noia) e il terzo passo è imparare a “nutrire” queste emozioni con alternative salutari e positive.
Fame fisiologica o fame nervosa?
Come distinguere la fame “emotiva” dalla vera fame? Alcuni indizi possono aiutare a capire cosa stiamo affrontando.
– La fame emotiva arriva all’improvviso. La percepiamo in un istante e richiede di essere soddisfatta immediatamente. La fame fisiologica emerge gradatamente e non ha un’urgenza (a meno di non essere a digiuno da veramente molto tempo).
– La fame emotiva privilegia alcuni cibi particolarmente gradevoli. Quando l’appetito è reale, quasi tutto pare buono. Un buon segnale per riconoscere l’una e l’altra è domandarsi: ho abbastanza fame da voler mangiare una mela? Se la risposta è sì, probabilmente non è fame da stress o noia.
– Se avete mangiato un pacco di patatine e una confezione di gelato e neanche ricordate il sapore, è fame emotiva. Viceversa quando si mangia in risposta a uno stimolo fisiologico, la coscienza di quel che si mette in bocca è maggiore.
– La fame emotiva non si esaurisce con la sazietà. Si stramangia fino a sentirsi pieni in maniera persino sgradevole.
– La fame fisiologia si sente nello stomaco, mentre la fame emotiva è un’idea persistente ancorata nel cervello.
– Se dopo aver mangiato percepiamo un senso di colpa o di vergogna, probabilmente abbiamo soddisfatto un bisogno emotivo.
[Albino Catarozzo]