Lasciamo la parola agli ingredienti: saper leggere le etichette alimentari è importante. Ecco 5 consigli da tenere a mente per capire quello che compriamo e che mangiamo
In mezzo a scandali, notizie allarmanti, studi scientifici e intolleranze alimentari, il consumatore si trova spesso in difficoltà quando sceglie un prodotto sullo scaffale del supermercato.
Sappiamo che sarebbe meglio evitare i cibi pronti e consumare solo alimenti naturali, tuttavia il nostro stile di vita – il lavoro, la scuola, gli spostamenti e i ritmi accelerati – non sempre ce lo permettono. Diventa utile allora riflettere sui prodotti che mettiamo nel piatto, perché informarsi e saper scegliere significa far bene alla nostra salute e anche influenzare le industrie alimentari.
Imparare a leggere le etichette è il punto da cui partire per trovare alcune informazioni da tenere in considerazione. Non tutte, ma quelle importanti sì.
La lista degli ingredienti
È la prima cosa da leggere sulle etichette, sempre. Sull’etichetta gli ingredienti sono elencati in una lista in cui il primo è quello principale. In fondo alla lista, in quantità decrescente, si trovano la maggior parte degli additivi chimici o dei prodotti tipicamente industriali: conservanti, amidi trasformati, grassi parzialmente idrogenati, acido citrico, glutammato, pectine e gelificanti. Almeno nel consumo quotidiano, per la loro presenza vale il “less is more”. Meno, è meglio.
La provenienza
Conoscere la provenienza degli ingredienti non è sempre possibile. Sappiamo che la pasta viene fatta in tale luogo e il caffè nell’altro, o che il cioccolato è monorigine di qualche ottima piantagione.
Ma la maggior parte delle materie prime da dove vengono? Quando viene segnalato si tratta spesso di una scelta di marketing: latte italiano, nocciole del Piemonte e così via. Sulla provenienza di alimenti come la soia o lo zucchero non viene detto nulla. Chi vuole informarsi su questo aspetto, per questioni etiche e anche di salute, può cercare in libreria la Guida al Consumo Critico, pubblicata da Altraeconomia, che fornisce indicazioni aggiornate sulla scelta delle materie prime delle singole aziende.
I valori nutrizionali
Quando si superano 150 kcal per 100 grammi di prodotto, stiamo per mettere in bocca un alimento “ricco”. Ricco di che? Solitamente di grassi, che contribuiscono più di altri ingredienti all’aumento delle calorie. Se i grassi superano le proteine o i carboidrati, facciamo attenzione: teniamo per lo meno conto delle quantità ingerite.
È da tenere presente che non tutti i grassi sono uguali e che non è necessario eliminarli tutti: una certa dose è indispensabile al nostro organismo. Meglio prediligere i grassi insaturi (monosaturi o polisaturi) a quelli saturi, che favoriscono l’aumento del colesterolo e i problemi cardiovascolari.
Attenzione infine ai prodotti senza glutine: spesso il glutine viene sostituito con grassi saturi per garantirne uguale consistenza. Non sono per forza da evitare, ma verificarne le quantità e la tipologia è cosa buona e giusta.
Sale, zucchero e altri sapori
Troppo sale e troppo zucchero fanno male, è risaputo. Limitare l’uso “a un cucchiaino” non basta. Verificare le quantità contenute nei prodotti già pronti ci aiuta a rimanere sotto i limiti giornalieri consigliati.
Attenzione: non tutto il sale è chiamato così. Spesso lo troviamo sotto forma di Sodio e per capire la quantità di sale corrispondente dobbiamo moltiplicare il peso per 2,5.
Lo stesso vale per lo zucchero: camuffato in glucosio, aromi, saccarosio o zuccheri della frutta, prende forme e nomi differenti, tra cui la discussa dicitura: “Carboidrati di cui zuccheri”. Proprietà e qualità variano, ma sempre di zucchero si tratta.
Non bastano il sale e lo zucchero a rendere saporiti gli alimenti: è bene prestare attenzione anche agli esaltatori chimici di sapidità, come il glutammato, il monopotassio, le paraffine, l’acetoacetamide e via dicendo. Anche qui: less is more.
Conservazione del prodotto
Chi non ha mai lasciato un barattolo aperto in frigo per settimane? “Una volta aperto il prodotto conservare in frigorifero”, è scritto sulla confezione. Ma per quanto? Dopo l’apertura la data di scadenza diventa relativa e la durata del prodotto viene talvolta indicata nelle etichette. Se questa informazione non è presente, meglio valutare ogni settimana gli alimenti “abbandonati” per evitare la formazione di muffe che possono provocare intossicazioni e mal di pancia.